LAVORO-Professionisti: 65% vorrebbe cambiarlo
Il 65% dei professionisti intervistati vorrebbe cambiare lavoro nel corso del 2012 per ottenere una maggiore soddisfazione personale (66,2%), una prospettiva di crescita interessante (65,8%) e uno stipendio più cospicuo (49,3%). Ma c'è anche un 7,7% che è costretto a lasciare la propria occupazione prima di vedere fallire l'azienda in cui lavora.
E inizia a imporsi anche in Italia la ricerca di lavoro tramite social network: ben il 20,1%, infatti, sceglie il web per individuare prospettive lavorative più allettanti. E' quanto evidenza la Hays Salary Guide 2012, una ricerca stilata per il terzo anno consecutivo da Hays, società tra i leader mondiali del recruitment specializzato, che ha coinvolto a livello nazionale 260 aziende e 1.200 professionisti.
Dalle risposte emerge che il mercato del lavoro non è ancora entrato nella fase della ripresa. Sta lentamente cercando di risalire la china della crisi economica, ma il clima di incertezza percepita è ancora molto forte. Tanto che il 60,2% dei professionisti intervistati ha un'opinione pessima del mercato del lavoro, mentre un'azienda italiana su quattro (25%) dice di trovarsi in difficoltà di fronte all'attuale situazione economica. Calano le assunzioni, tanto che per il 2012 quasi il 60% delle aziende intervistate non cercherà nuovo personale, mentre il 40,7% amplierà il proprio organico, orientandosi soprattutto verso profili tecnici e di conseguenza più esperti.
Professionisti e aziende, seppur con percentuali diverse, concordano su quelli che sono i principali problemi che affliggono il mercato del lavoro italiano. Se 6 aziende su 10 individuano come principale problematica l'eccessiva pressione fiscale, quasi la metà dei professionisti intervistati (48,7%) dà la colpa della crisi agli esigui livelli di liquidità e credito. Seguono la rigidità della legislazione sul lavoro, l'alto livello del debito pubblico (41,7%) e uno scarso dinamismo nel mercato (27,7%). Non vanno infine dimenticati mancanza di fiducia nell'economia (40,6 %) e una inadeguata formazione accademica (14.3%).
Causa clima di incertezza economica, diminuisce il volume degli stipendi: di fronte a un candidato ideale, solo 4 aziende su 10 (41,4%) sono disponibili a soddisfare l'esigenze in busta paga dell'aspirante manager, mentre il 41,9% offre un salario più basso compensando però con altre tipologie di benefit. E se da una parte 6 aziende su 10 (64%) affermano di aver messo in atto una politica di congelamento degli stipendi, il 64,1% dei professionisti sostiene di aver visto crescere il proprio salario mensile. Il 36,7% dei manager intervistati ha ricevuto un aumento salariale fino al 3%, il 36,1% più del 7% e il restante 27,2% tra il 4% e il 6%.
Sempre per quanto riguarda le politiche retributive, il 48,4% dei professionisti ritiene lo stipendio percepito accettabile se rapportato al lavoro svolto, ma solo il 16,7% lo giudica adeguato e ben il 34,9% insufficiente. Cala drasticamente anche il numero delle aziende disponibili ad accordare benefit non finanziari ai propri dipendenti: se un anno fa 9 aziende su 10 erano favorevoli a questo tipo di 'agreement', oggi solo il 61,7% è disposto a concedere gratificazioni non economiche. Nonostante ciò, l'87,8% delle aziende ritiene ancora i benefit come lo strumento più importante per trattenere i migliori professionisti disponibili sul mercato all'interno del proprio organico. Punto di concordanza tra aziende e professionisti è sulla tipologia di benefits richiesti e offerti: al primo posto svetta la macchina aziendale (offerta dal 27,3% delle aziende e richiesta dall'82,8% dei professionisti), seguita da assicurazione sanitaria (richiesta dal 72,4% dei manager) e dal cellulare (offerto dal 21% delle aziende e richiesto dal 32,3% dei professionisti).
Tra i professionisti inoccupati al momento dell'indagine (13,8%), il licenziamento risulta essere la principale motivazione di inattività (33,1%), seguita da fallimenti aziendali (30,7%) e da dimissioni (26,8%). Più della metà degli intervistati non occupati è a casa da meno di 3 mesi (52,5%) mentre è in cerca di un nuovo lavoro da più di un anno circa il 12% dei professionisti. Ma, per far fronte a una concorrenza sempre più agguerrita e a una selezione altrettanto severa, i manager italiani hanno deciso di arricchire il proprio curriculum, così da spiccare per particolari qualifiche o skill. E se il 54,9% degli intervistati ha deciso di conseguire una laurea o un master o un phd, il 50,3% e il 50% si sono dedicati a sviluppare rispettivamente competenze trasversali o conoscenze linguistiche. Solo il 3% conferma di non aver ampliato in nessun modo la propria expertise.
Vengono, poi, confermati i più importanti trend riguardanti la ricerca di nuove opportunità di lavoro, ma, complice la nascita di social network per professionisti, la selezione on line inizia a imporsi anche in Italia. La via più facile e veloce per trovare un lavoro è quella di affidarsi a contatti personali per il 78,7% (+30% rispetto al 2011) oppure a società di ricerca e selezione (58,5%). Un professionista su due (50,6%), invece, afferma di continuare a proporsi contattando direttamente le aziende. Ma se da una parte i metodi tradizionali per trovare lavoro sembrano ancora fare la parte del leone, il web non è da meno: il 27,4% e il 20,1% degli intervistati infatti si affida rispettivamente a siti on line e social network per selezionare nuove possibili occupazioni. Un dato significativo, se si pensa che nella precedente edizione della ricerca, l'on line era quasi considerato come fanalino di coda per la caccia al lavoro perfetto, utilizzato solo dal 9,3% degli intervistati.
Hays ha analizzato anche quali siano le caratteristiche ritenute più importanti in fase di selezione da parte delle aziende: al primo posto per il 66,2% risulta essere la capacità di adattarsi alle nuove regole imposte dal mercato, seguita da una forte motivazione del candidato (63%) e versatilità (49,5%). Seguono lealtà nei confronti dell'azienda (31%) e spirito di sacrificio (35,6%). Un altro dato interessante riguarda la formazione accademica: a conferma dei risultati degli anni precedenti, anche il 2012 vede uno sbilanciamento verso l'esperienza maturata sul campo (82,7%) a discapito del conseguimento di un titolo accademico (17,3%). L'esperienza batte quindi per il secondo anno consecutivo la laurea.
I requisiti tecnici che il professionista ideale dovrebbe avere oggi sono molto eterogenei, e spaziano da un profondo know-how relativo al proprio settore di impiego a una spiccata capacità di relazione con il cliente. Ancora, un profondo spirito di 'problem solving', capacità di lavorare in team, organizzazione, leadership e orientamento agli obiettivi. La conoscenza delle lingue è un requisito sempre più importante richiesto dalle aziende (75,6%) e l'imperativo sta diventando quello di conoscere almeno una seconda lingua straniera. L'inglese quindi è ancora un 'must-have' (con l'87,3% delle preferenze), seguito da francese (17,5%) tedesco (13,9%), spagnolo (11,4%). L'ottima performance di cinese (5,4%), russo (4,2%), portoghese (3,6%) e arabo (2,4%) va in parallelo con i brillanti risultati economici archiviati dalle nazioni Bric (Brasile, Russia, India, Cina) e dal mondo arabo. Tra le lingue straniere considerate importanti, vengono segnalate, seppur con preferenze minime, anche coreano e giapponese.
Rispetto agli anni passati, si riconferma il trend esterofilo degli italiani: il 78,9% degli italiani si dichiara infatti disponibile a trasferirsi all'estero a caccia di nuove opportunità di lavoro. E se ai primi posti della destinazione ideale si riconferma l'Europa (65%), diminuiscono drasticamente i professionisti disposti a trasferirsi in Nord America (dal 47,8% della precedente edizione all'attuale 17,4%). Asia, Oceania e Sud America raccolgono tra il 5-6% delle preferenze, mentre l'Africa solo l'1,3%. Si attesta intorno al 78% la percentuale dei professionisti disponibili a trasferirsi invece in un'altra città, rimanendo però in Italia.
Hays ha infine cercato di stabilire come vengono calcolate le retribuzioni variabili in Italia. La maggioranza delle aziende ha affermato che queste ultime vengono calcolate per il 75% in seguito al raggiungimento di risultati aziendali. Altri criteri di giudizio sono le singole performance individuali (66,1%), i risultati raggiunti in team (21,3%) e la valutazione di gruppo/team (9,7%).