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Amarcord/4 – Lo sceriffo merendero

02/10/2007 25102 lettori
4 minuti
Qualche anno fa io e un mio amico attraversammo un periodo in cui ci riscoprimmo estimatori del fumetto in tutti i suoi generi. Come ogni cultore che si rispetti, quindi, non potemmo sorvolare su quella piccola parte della storia del fumetto italiano che vide il fiorire di una serie di testate decisamente trash, che imitavano le classiche serie bonelliane (soprattutto partendo dal successo di Dylan Dog) in formato e grafica, e che per questo vennero definite “bonellidi”. Cercando notizie in merito sulla rete trovammo molti appassionati che ricordavano queste pubblicazioni, chi per averle trovate in qualche scaffale polveroso e dimenticato da Dio di una fumetteria, chi rimettendo a posto le proprie collezioni e riscoprendo questi incauti acquisti giovanili. La sostanza delle cose era sempre che questi fumetti erano privi di un qualsiasi valore, se non quello puramente “storico”. Solo qualcosa si salvava, e alcuni autori in seguito sono passati anche alla Bonelli stessa dove lavorano tutt’ora.
Bene, lungi dall’avviare un excursus su queste produzioni minori, sono qui per rendere giustizia, com’è scopo di questa rubrica, a un bonellide dimenticato anche dalle liste ufficiali degli appassionati: Kevin Rako. Uno sceriffo di Tucson, Arizona, le cui avventure si ambientano nel mito della Grande Frontiera odierna. A fargli compagnia la ragazza Susan, l’indiano Red Bear Jim, il classico ragazzino esperto di computer Mickey “File” Melillo, e il professore di archeologia Preston. Un gruppo ben assortito, quantunque stereotipato, dal momento che ogni personaggio è funzionale alla trama.
La particolarità di quest’albo è che non era venduto nelle edicole, ma era abbinato alla vendita di una nota crema spalmabile per le merende dei bambini. A memoria del sottoscritto uscirono solo due albi di quarantasei pagine in allegato alle confezioni: in realtà trenta erano di fumetto, mentre le restanti erano un’appendice didattica sugli indiani d’America. Un terzo numero di cento pagine (quindi bonellide a tutto tondo) venne invece proposto come premio di un concorso a punti sempre dello stesso prodotto.
Le brevi avventure non erano poi così male. Le sceneggiature (di un anonimo Smack) riuscivano abbastanza bene a costruire trame solide e misteri che si dipanavano in poche pagine, seppure con qualche ingenuità. Anche i disegni, di Fabrizio Busticchi e Luana Paesani, sono di tutto rispetto, riproponendo un tratto classico tipico dei Bonelli vecchia maniera: non per niente la coppia è ora in forze alla casa editrice milanese, dove ha consolidato la sua presenza in particolar modo su Mister No.
Insomma, un prodotto di serie B curato e confezionato in maniera elegante. Ovvio che la brevissima durata e la natura prettamente promozionale del fumetto hanno influito sul suo oblio. E allora, largo ai nostalgici: che ci pensino loro a reclamare a gran voce il diritto, per questo western moderno, di rientrare negli elenchi ufficiali dei bonellidi.
 
Giuseppe A. D’Angelo
 
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Giuseppe A. D'Angelo
Giuseppe A. D'Angelo

Sono nato il 15/1/1982.
Mi sono diplomato nel 2000 al liceo scientifico "P. Calamandrei" di Napoli con la votazione di 90/100.
Attualmente frequento la facoltà di lingue e letterature straniere alla "federico II" di Napoli.


Be'... non c'è molto altro da sapere.


Vabbe', dai... I miei hobby sono il cinema (nel senso di andarci), i fumetti (nel senso di farli, oltre che leggerli), la scrittura di articoletti come quelli che avete letto, e la palestra.


Frequento la "Scuola Italiana di Comix" di Napoli.
E poi ho scritto per quasi due anni su un giornale e ho realizzato un opuscolo per il comune sull'adozione a distanza per il comune di Napoli (una storia a fumetti da me scritta e disegnata da Alessandro Nespolino).


Per ora è tutto.