UE - Quote rosa: donne nei cda, + 30% nel 2015
Le aziende quotate in Borsa aumentino la presenza femminile nei Consigli d'amministrazione. E' la sfida lanciata dalla commissaria europea alla Giustizia Vivianne Reding, al termine dell'incontro con i dirigenti di alcune imprese. In particolare, la Reding ha proposto di firmare un impegno perché la presenza femminile nei board delle aziende venga incrementata fino al 30% entro il 2015 e fino al 40% entro il 2020. Un invito esteso a tutte le società europee quotate. Infatti, l'impresa in Europa è ancora un mondo al maschile: nei Consigli di amministrazione delle maggiori imprese europee solo un membro su dieci è donna e nel 97% dei casi l'amministratore delegato è un uomo. Secondo alcuni studi, le imprese con una maggiore presenza femminile ai vertici mettono a segno risultati migliori di quelle dirette esclusivamente da uomini e, oltre a conseguire proventi di gestione più elevati, sono più abili ad attirare personale dotato e a comprendere le esigenze della clientela. Valorizzare pienamente il talento della forza lavoro femminile non solo è vantaggioso per le imprese, ma anche per l'intera economia e l'intera società. Le donne rappresentano il 60% dei laureati, eppure continuano ad essere sottorappresentate nei luoghi decisionali dell'economia.
''Ho avuto un primo costruttivo incontro con i vertici'' di alcune società per ''ascoltare la loro opinione sull'aumento della partecipazione femminile'' nei Consigli di amministrazione, ha spiegato la Reding in una nota. ''Mentre alcuni Paesi, come Norvegia, Spagna e Francia, considerano indispensabile un intervento legislativo in tal senso - ha aggiunto la commissaria - altri hanno proposto iniziative di autoregolamentazione''. Per la Reding, ''incrementare la presenza femminile nei consigli d'amministrazione può aiutare a far crescere i profitti delle società e ''spingere la crescita economica''. E' stata segnata, quindi, la prima tappa verso un maggiore equilibrio tra i generi nei Consigli di amministrazione e ai vertici delle maggiori imprese europeee nei prossimi 12 mesi la Commissione farà un monitoraggio serrato dei progressi compiuti e valuterà in seguito se siano necessarie altre misure."Voglio lanciare un segnale chiaro alle imprese europee: l'impresa è donna - ha affermato la Reding - per rilanciare l'economia europea dobbiamo sfruttare tutti i talenti che la nostra società racchiude. Per questo è tanto importante il dialogo tra la Commissione e le parti sociali. Sono convinta che un'autoregolamentazione credibile ed effettiva in tutta Europa possa davvero fare la differenza, ma mi riprometto di ritornare su questo tema tra un anno: se l'autoregolamentazione dovesse fallire, sono pronta ad avviare nuove azioni a livello dell'Unione."
Secondo il recente rapporto sull'equilibrio di genere ai vertici delle imprese, le donne rappresentano in media il 12% dei membri dei consigli di amministrazione delle maggiori imprese dell'UE quotate in borsa e solo il 3% ne è l'amministratrice delegata. Naturalmente queste cifre variano da un Paese all'altro: si va dal 26% di leadership al femminile in Svezia e in Finlandia ad appena il 2% a Malta. Nonostante la lentezza con la quale si cerca di raggiungere un equilibrio ragionevole su scala europea (40% di rappresentanti dei due sessi), alcuni Paesi stanno facendo reali progressi. La Finlandia, la Svezia, i Paesi Bassi e la Danimarca hanno adottato codici di governance per le imprese e/o carte – l'adesione alle quali è facoltativa – che hanno permesso a un maggior numero di donne di entrare nei consigli di amministrazione. La Norvegia ha già introdotto una legislazione sulle quote "rosa" e lo stesso si accingono a fare la Francia e la Spagna, mentre se ne discute nei Paesi Bassi, in Italia e in Belgio.
Il rapporto sulla parità di genere nel 2010 sottolinea che, nonostante la generale tendenza positiva, i progressi restano assai lenti. Il divario tra il tasso di occupazione femminile e maschile nell'Unione si è ridotto nel 2009-2010 passando dal 13,3% al 12,9%, con un tasso di occupazione femminile oggi pari al 62,5%. Ma, se la crisi economica ha prodotto un aumento del tasso di disoccupazione sia per gli uomini che per le donne, sono sempre queste ultime a lavorare più degli uomini a tempo parziale.
Fuori dal mercato del lavoro sono sempre le donne a farsi carico delle responsabilità familiari. Il numero di madri che hanno un posto di lavoro è dell'11,5% inferiore a quello delle donne senza figli, mentre nel caso dei padri la situazione è rovesciata, con un numero di padri con un posto di lavoro dell'8,5% più alto di quello dei maschi senza figli. Conciliare le esigenze del lavoro, della sfera familiare e della vita privata è una delle cause principali del divario di retribuzione tra i generi: nell'Unione europea le donne guadagnano in media il 17,5% in meno degli uomini e negli ultimi anni questo divario non si è affatto ridotto.