Il giorno che Medusa perse la testa!
Sono passati trent’anni da quando Hollywood ha voluto rimettere le mani sul filone mitologico (L’Ulisse di Kirk Douglas rimane un must per ogni cinefilo di riguardo, accostato al più diretto "Gli Argonauti" di Don Chaffey, fautore degli stessi effetti speciali firmati da Ray), plagiando l’originale “pasticcio” artigianale demodè diretto da Desmond Davis, in quell’avventura peplum plasmata dalle divinità impersonate da nomi illustri di una “vecchia guardia” di ottimi attori, blasonati e stanchi come poteva figurare la stessa recitazione, da un Lawrence Olivier nei panni di Zeus, oggi riesumato nella provata posatezza di un adeguatissimo Liam Neeson, e la stessa Ursula Andress nel ruolo di Afrodite. Una sceneggiatura nebulizzata dai prodigi tecnologici sospesi dagli esterni attinti dalle prodezze naturali sfruttate da Peter Jackson per la sua trilogia di Tolkien, ci fanno credere più che appetibile il rilancio di uno stile che vuole rinnegare la crudezza di una Graphic Novel tenuta sottotono, nei rimandi epici di un "300" che non vuole di certo oscurare il più attinente "Troy" di Petersen. Una produzione ambiziosa firmata dallo stesso garante Lawrence Kasdan, inizialmente in veste di sceneggiatore, sullo stesso soggetto originale di Beverley Cross, in cui passato e presente si fondono in quell’umana debolezza che prevalica di presunzione le ire di onnipotenti divinità (il malefico Ade, interpretato da Ralph Fiennes) che determinano il destino della Terra. Rimangono così fedeli alla storia la missione di Perseo, figlio di Zeus, che diventa alfiere di una missione impossibile, nel riportare ordine in quel mondo in conflitto (volutamente edipico), dove l’amore della bella Andromeda è minacciato dalla vendicatrice Teti, il cui figlio Calibos (pretendendente indesiderato) viene orribilmente sfigurato dallo stesso Zeus per aver devastato la sua provvigione di cavalli alati, ritrovando, in Pegaso, l’ultimo sauro che lo aiuterà a debellare la minaccia del Kraken, mostro marino che solo con lo sguardo pietrificatore della Gorgone Medusa può soccombere, dopo che le tre cieche Streghe dello Stige svelano a Perseo il luogo (l’Isola della Morte) in cui l’orribile mostro-cacciatrice dalla testa di serpenti ha dimora. Un fantasy mitologico di tutto rispetto, supervisionato, per nostalgico dovere, dallo stesso Harryhausen in coppia con Nick Davis, per poi affidare gli effetti speciali a Aaron Sims ("L’incredibile Hulk"), complici le ambientazioni naturali affidate alle isole Canarie (Tenerife), Islanda ed Etiopia, rivalutate dalla fotografia di Peter Menzies Jr. (l’originale dell’81 fù girato nella piana archeologica di Paestum, in Campania). Promosso il meritevole Sam, felice di poter dimostrare qualità recitative che vanno oltre un make-up digitale che di certo gli ha aperto nuove prospettive di successo, mentre noi siamo soddisfatti di poter debellare una stop motion che già negli anni ’80 poteva risultare un tantino inadeguata. “Che Ray Harryhausen ci possa perdonare...”