I-mode, digitale terrestre &co: la sfida dei contenuti
Negli ultimi mesi stiamo assistendo a grandi novità tecnologiche, già disponibili al pubblico o di prossima venuta: telefonini con funzioni sempre più stupefacenti (e l'Umts ancora deve arrivare), media sempre più integrati e, dalla fine dell'anno, l'ormai famosa televisione digitale terrestre, di cui tanto si parla in questi giorni.
L'apertura di questi nuovi mercati pone però una sfida molto interessante per il mondo della comunicazione, infatti date tutte queste potenzialità tecnologiche quali potranno essere i contenuti che le renderanno interessanti per l'utente comune?
Il problema non è di poco conto, prendiamo ad esempio l'insuccesso del sistema Wap sui telefonini, sicuramente si trattava di una tecnologia non ancora ottimale ma il vero fattore di stop è stato la mancanza di siti web con tecnologia compatibile che fornissero un sistema di contenuti interessanti ed utili per l'utente.
Per contro gli sms, nati come meri strumenti di servizio delle compagnie telefoniche per trasmettere dati, è diventato uno strumento che è usato da milioni d'utenti e che garantisce un 10% (con una profittabilità del 90% e più) degli introiti delle compagnie stesse.
In altri termini la tecnologia è un vettore importante che però necessità di un quid che la renda interessante per avere successo.
Per rimanere sui telefonini l'I-mode, lanciato da Wind, è stato sviluppato da alcuni anni dalla Docomo in Giappone ed ha creato un ecosistema di oltre 60.000 siti compatibili, il che ha reso la tecnologia interessante per 40 milioni di giapponesi, tanto che il manager Takeshi Natsuno, incaricato dell'espansione globale, ha dichiarato a proposito del mercato europeo "Per cominciare ci vogliono tanti buoni siti".
Lo stesso Tommaso Pompei (a.d. Wind) prevede risultati per questa tecnologia "quando avremo 500 siti", momento in cui ci sarà abbastanza "ecosistema" e lo sviluppo di questa rete avverrà in modo sempre più spontaneo senza interventi del gestore telefonico.
Insomma tutte le scelte tecnologiche sono progettate per attrarre i contenuti, i cui ricavi andranno solo in parte alle compagnie telefoniche (tramite il traffico dati) mentre l'80% andrà ai produttori dei contenuti stessi.
Questo ragionamento ovviamente vale anche per i servizi Vodafone Live e I-Tim della concorrenza, che sfruttano tecnologie differenti ma che hanno la stessa struttura di business.
Lo stesso problema si pone anche per la televisione digitale terrestre, che dovrebbe arrivare entro la fine dell'anno.
Con questa tecnologia già in una prima fase si dovrebbero moltiplicare le frequenze disponibili, passando inizialmente da 11 canali nazionali ad almeno 55, con una potenziale moltiplicazione dell'offerta (ed in un secondo momento dell'interattività) notevole.
Non voglio entrare qui nel dibattito sulla legge Gasparri, sul pluralismo, sui nuovi tetti di raccolta pubblicitaria, sul mancato spostamento di Rete 4 sul satellite e sulle altre polemiche del caso.
Il punto invece è un altro: cosa sarà trasmesso su così tanti canali e chi produrrà questi contenuti?
Infatti anche in questo caso per dare una garanzia d'utilità, e anche di pluralismo, sarà necessario predisporre dei contenuti per riempire in modo originale i palinsesti di tanti canali, una frequenza in sé e per sé non ha alcuna utilità per l'utente finale se non vi è trasmesso nulla.
Queste ed altre tecnologie rappresentano una sfida nuova e ricca di possibilità per il mondo della comunicazione, per rendere realmente fonte di profitto, e d'utilità per i clienti finali, una serie di possibilità che la tecnologia oggi ci offre.
Questi naturalmente sono solo brevi spunti per un dibattito che è molto vasto e complesso, che spero si accenderà al più presto sul nostro sito.