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Newsletter = Spam (forse, quasi!)

17/12/2009 4594 lettori
4 minuti
Capita, a volte capita di ricevere email commerciali pertinenti e interessanti. Bugia: non capita mai (o quasi)!

Paragonabile [per me] al Titanic della comunicazione, la newsletter è  ancora paradossalmente lo strumento più utilizzato di direct marketing: seguono telefonata classica da call center, SMS, MMS e altre forme di media digitali.
 
Ma funziona davvero? Mmm, sposto l'ago della bilancia verso un dubbiosissimo "no".

Ecco una email che ho ricevuto in settimana e che mi ha portato a riflettere: complimenti per i contentuti testuali rapidi e sintetici! :)

"Il problema vero" in realtà sono "i problemi veri", cioè una serie di fattori che vanno a incidere negativamente sui risultati di un invio di DEM (Direct Email Marketing). Perchè? Facciamo un piccolo gioco.

Mitico, abbiamo pronto il nostro database di marketing con tutti i nostri contatti segmentati e filtrati come i nostri simpatici amici consulenti ci hanno indicato. Fantastico: testi e immagini della newsletter sono ok. Tutto è studiato nei particolari, dai colori ai marchi, dal layout grafico alla clusterizzazione dei "clienti propensi a ricevere proposte fantasmagoriche" [mah, contenti loro]. Finalmente siamo pronti a sparare tramite la nostra piattaforma applicativa...basta un click...e via, andata! Ma poi cosa succede? Che tassi di apertura ho? Che ritorni sulla call to action ottengo? Quali sono le sezioni più viste? Quali percorsi di navigazione vengono fatti prevalentemente? Che tasso di bounce registriamo? Tassi di conversione? Cancellazioni? Certo, tutte domande a cui un buon client software di gestione può rispondere tranquillamente, basta pagare le licenze.
 
Ciò che invece mi lascia francamente perplesso e privo di risposte è la strategia di base che adottiamo: qui parliamo di interruption marketing, di intrusività, di consenso alla privacy "forzato". Manca interazione, manca il tempo reale, manca la condivisione. L'emittente del messaggio si pone ad un livello superiore rispetto al destinatario, in pratica l'esatto opposto del nuovo paradigma di relazione tra impresa e consumatore.  Della serie: io scrivo, tu leggi e l'interazione tra noi può essere circoscritta tra un "cancellati" ed un "rispondimi qui ma il il dialogo rimane tra noi due, non è visibile a tutti".
 
Ci vuoi dire che le newsletter moriranno? No, tra il bianco ed il nero c'è sempre  una bella scala di grigio. Magari cambieranno ed evolveranno, spero in meglio per chi le riceve. Tanto ormai lo sappiamo che non funzionano più i giochini persuasivi-manipolatori nel campo "oggetto" e in quello del "mittente"; tanto ormai  lo sapiamo che i tentativi di phishing sono all'ordine del giorno; tanto ormai lo sappiamo che tranne rari casi, il 90% delle volte contengono informazioni inutili e fastidiose.
 
Di certo lo strumento è inflazionato, fortemente misurabile, relativamente poco caro e per questo appetibile. Tentativi ed esperimenti di on/offline ci sono e talvolta degni di nota; nella stragrande maggioranza dei casi, perdonatemi, ancora siamo lontani dalla decenza.
 
Vi lascio con l'equazione newsletter: marketing 1.0 = feed: marketing 2.0

W i filtri antispam!

Doctor Brand
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Marketing & Communications Consultant at Doctor Brand di Jacopo Pasquini