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Antonio Guidi: "Bisogna comunicare con i bambini"

14/03/2005 4606 lettori
5 minuti

La comunicazione con i bambini è importante: oggi, rispetto a un tempo, se ne fa meno uso, e questo non è un bene per la loro salute mentale. A sostenerlo è Antonio Guidi, Sottosegretario al Ministero della Salute, intervenuto lo scorso 11 marzo a Chieti nell'ambito di un convegno sull'abuso minorile, organizzato da 'Il Piccolo Principe', struttura del Ceis di Pescara che si occupa della cura e della tutela di minori maltrattati e/o abusati, in collaborazione con l'Ordine degli Psicologi d'Abruzzo. Lo abbiamo intervistato.

 

Sottosegretario Guidi, perché è importante comunicare con i bambini?

«Perché i bambini hanno bisogno di punti di riferimento: sono fragili, e l'adulto trasmette loro sicurezza anche attraverso la comunicazione. Indubbiamente oggi è tutto più virtuale rispetto a un tempo: ci sono meno spazi, meno amici, e quelli che ci sono, magari sono anche difficili da raggiungere. Tutto ciò fa sì che il bambino comunichi poco. Si potrebbe tornare a comunicare di più con lui anche attraverso piccole cose: per esempio, preparandogli una fetta di pane, burro e marmellata, come si faceva una volta. Magari il bambino preferisce la merendina, ma apprezza il gesto: per lui questo, a livello emotivo, è un atto significativo». 

Al convegno cui lei ha partecipato si è parlato di abuso minorile, e lei ha detto che questo concetto va ridefinito. Perché?

«Perché ritengo che oggi il concetto di abuso minorile non sia più legato solo alla famiglia problematica: c'è un abuso di fondo. Spesso la responsabilità dell'abuso non è di singole persone, ma di ciò che tutti noi ci siamo costruiti: mi riferisco alla nostra epoca attuale, alle nostre città... I tempi che vengono imposti ai bambini sono abusi: la sera il bimbo va a dormire tardi, la mattina deve alzarsi presto perché a causa del traffico ci si mette il doppio del tempo per arrivare a scuola, e tutto ciò, in termini di salute mentale, non fa bene al bambino. Il sonno, per esempio, è fondamentale, essendo la rielaborazione dei contenuti del vissuto quotidiano. Un bambino che dorme meno sogna anche meno, e dunque è un bimbo più fragile. Ci tengo a sottolineare che il bambino, quindi, sogna di meno non per sua volontà, ma semplicemente perché ha meno tempo per sognare. Questi sono abusi. Le istituzioni dovrebbero offrire servizi anche a livello di tessuto sociale, offrendo alternative al bambino, che spesso si trova in casa da solo per necessità, non per scelta. Dunque, gli enti locali dovrebbero dare degli stimoli affinché il bimbo viva serenamente e abbia più spazio e più rispetto».

Mario Morcellini, in un suo famoso libro, sostiene che la tv fa bene ai bambini. Lei cosa ne pensa?

«Penso che prendersela con la tv sia sbagliato: la televisione non è la causa, ma l'effetto dei tempi odierni. Voglio dire, se c'è un prato vicino casa, il bambino ci va: non guarda solo la tv. Il problema è che oggi il marciapiede è diventato un luogo di paura, quando un tempo il gioco in strada a contatto con gli altri bambini era un forte elemento di socializzazione. Prima c'era la possibilità di compensarsi, oggi invece l'abuso va a cadere su un bambino ancora più indifeso. E' un mondo che va troppo in fretta, e il bambino ne risente: anche la qualità dell'alimentazione, legata alla velocità, è scadente».

E allora cosa si può fare? Come si può intervenire per porre rimedio?

«Innanzitutto bisogna collegare il sanitario al sociale. Noi stiamo ipertecnicizzando la nostra vita: se la tecnica è a favore della rimozione di cose negative nel bambino e non è invasiva, ben venga. Ma è opportuno che al bambino sia lasciato anche un po' di spazio da destinare alla fantasia. E poi bisogna cooperare. Parlo da medico: mai come oggi bisogna difendere la propria professionalità, ma essere anche aperti ai colleghi. L'azione di rete è fondamentale. Dovremmo avere l'impegno strategico per dire: pur salvaguardando la specificità del mio mandato, devo usare una parte di me per comunicare con gli altri. Insomma, un supporto è essenziale: ci vuole un punto d'incontro».

E questo punto di incontro va trovato anche con il bambino? 

«Certamente. Bisogna intercettare i bisogni dei bambini senza pregiudizi: può succedere, paradossalmente, che il bambino subisca più violenza da chi lo deve giudicare che non dalla famiglia che lo ha maltrattato. Credo che, a volte, ci sia un po' troppa discrezionalità».

Ma l'abuso minorile, secondo lei, può essere prevenuto? Ci sono dei segnali con cui il bambino 'comunica' anche all'esterno il suo disagio?

«Il bambino tace del proprio abuso perché si sente in colpa, non perché ha paura. Tuttavia, esistono segnali di allarme. Secondo me un bimbo, se ha subito abusi, ha avuto la possibilità di essere intercettato almeno due o tre volte. Se sulla schiena di un bambino c'è l'evidente segno di un abuso, il medico non può credere a quello che gli dice la famiglia, magari sostenendo che il bimbo è scivolato ed è caduto per terra. Certe cose si capiscono e sono inequivocabili».        

Massimo Giuliano
Massimo Giuliano

Ho collaborato con varie testate cartacee, tra cui Il Tempo e Intercity. La musica è il mio interesse principale: ho recensito cd e concerti per vari siti Internet (NotizieNazionali.net, L'isola che non c'era, Musicalnews.com) mentre oggi sono redattore di IlPescara.it, gruppo editoriale Citynews-Today. Mi sono occupato per anni anche di uffici stampa e comunicazione, collaborando inoltre da esterno con agenzie ed emittenti tv per realizzare servizi ad hoc.