Rio: dal “Bar Mario” al “Mariachi Hotel”
Il loro chitarrista si chiama Marco Ligabue, e il cognome è proprio lo stesso del celebre rocker di Correggio: infatti, Marco è suo fratello. Gestisce da anni il “Bar Mario Fan Club”, ma ha da tempo anche la passione per la musica. Qualche anno fa, insieme al cantante Fabio Mora, ha cominciato a suonare cover di brani messicani, fin quando non è arrivata l’idea: perché non scrivere pezzi propri? E così sono nati i Rio, oggi al debutto con “Mariachi Hotel”, cd di 8 canzoni (in vendita al prezzo speciale di 10 euro) che sprizzano rock melodico da tutti i pori.
Marco e compagni hanno scelto di fare tutto in famiglia: dietro all’album, infatti, c’è quel Claudio Maioli che fa da manager a Ligabue e che ha dato vita alla Riservarossa Records, etichetta indipendente (distribuita dalla Warner Music) di cui l’esordio dei Rio rappresenta la prima produzione. In un’intervista di qualche mese fa, ho chiesto a Marco Ligabue se il fatto di avere un parente così famoso lo avesse in qualche modo “avvantaggiato” nell’arrivare a incidere un disco, ma la sua risposta – più che convincente – è stata che se il pubblico non ti ritiene bravo (e puoi star certo che se ne accorge) non compra i tuoi dischi, e quindi essere fratello, cugino, zio o quant’altro non serve proprio a nulla.
Il chitarrismo di Marco (che è anche autore di quasi tutti i brani, eccezion fatta per “Fatti luce”, firmata da Fabio Mora) è pulito, semplice e gradevole; non si capisce se il Nostro non si lanci in qualche dirompente assolo per scelta stilistica o per paura di “azzardare” troppo: in fondo, uno “stacco” ogni tanto non ci sarebbe stato male! La cosa piacevole da constatare è che Marco non ha ripetuto gli errori commessi qualche anno fa da Nello Daniele, altro fratello celebre (di “O’ scarrafone” Pino): innanzitutto, non ha cantato (del resto, lui stesso mi ha detto di non essere interessato al canto, ma solo alla chitarra), evitando così paragoni diretti - che sarebbero stati inevitabili e, ahimè, impietosi - con il particolarissimo timbro di Luciano, e poi non ha assolutamente cercato di imitare lo stile musicale del fratello, andando alla ricerca di un proprio mondo sonoro. Circondarsi di una band, inoltre, ha fatto sì che nel progetto emergesse la collettività, e non (solo) l’estro del singolo: “Sei quella per me”, il primo estratto, è fresca e trascinante, così come la title-track, che è collegata al brano precedente quasi come a sancire una sorta di prosecuzione del discorso. Si apprezzano anche le ballad “La mia città” e “Dolce metà”. Bello il 6/8 di “Giostra”. Il tutto con gli scratch di Dj Bart, che contribuisce a rendere più particolare il sound del gruppo. Insomma, il passaggio dal bar all’hotel ha prodotto i suoi frutti: da parte nostra, i più sinceri complimenti a Marco e a tutti i Rio per aver realizzato un buon lavoro, dotato di un’anima definita e compatta lungo tutto l’album. E se son rose fioriranno...

