Il Progetto Boston-Como
Pittura, scultura, fotografia, ma anche video, performance. L’interazione site-specific: generalmente usata nell'ambito dell'arte e della creatività contemporanee per indicare un intervento che è pensato e s’inserisce in un preciso luogo. Sollecita a un coinvolgimento attivo del pubblico con percorsi guidati per la città tendente a sua volta a introdurre il pubblico stesso a una riflessione più profonda sul sistema occidentale: un modo più proprio rispetto alle ormai solite riflessioni di ordine economico. La mostra vuole esplorare quali che siano i punti di forza reali e l’omogeneità della cultura occidentale, attinente il blocco costituito da Stati Uniti ed Europa. Gli artisti coinvolti dialogheranno tra loro alla ricerca di una linea di continuità tra due visioni intellettuali.
Scopo di questa mostra, nata da un’idea di Fabrizio Bellanca e curata da James Hull e Carolina Lio, è poter isolare consonanze e dissonanze tra le esperienze e le sensibilità di artisti scelti in modo da rappresentare varie generazioni con idee, espresse anche nella totalità dei media, di cui dispone ad oggi l’arte contemporanea. Con la denominazione di arte pubblica si indica una specifica modalità di presentazione e fruizione dell'arte che entra nel tessuto sociale e nella struttura urbana della città. Portare l'arte sul territorio pubblico significa l'occasione di far uscire la creatività dai luoghi a essa deputati, di porla a stretto contatto con un pubblico ampio e allo stesso tempo di caratterizzare o rivalutare l'ambiente cittadino. Le opere sono apposta per il luogo, ossia sono site-specific: l'arte pubblica inizia, infatti, a essere realizzata dagli anni settanta, nel momento della crisi della concezione urbanistica moderna, e si allontana dall'idea di monumento in quanto ha fini comunicativi e mai celebrativi.
«La competenza appare il livello più alto delle conoscenze: in essa vengono combinate abilità e conoscenze, per eseguire un’attività. Si sviluppa lentamente, ma una volta formata è permanente». Sarà potuto sembrare atto di presunzione, ma proprio con questo principio mi sono avvicinato alla rete con la buona intenzione di rendere comprensibile le mie conoscenze tacite su un argomento di costante attualità: «Sicurezza nei Cantieri - la Salute e la Sicurezza dei Lavoratori». La tecnologia al servizio della sicurezza sul lavoro: applicazioni innovative per l’abbigliamento, calzature ed accessori. L’intento è di fornire materiali «intelligenti» al fine di prevenire gli incidenti nei cantieri ma anche di aumentare comfort e protezione durante tutta l’attività. Nella ricerca di soluzioni all’avanguardia in tema di protezione ai lavoratori, c'è chi ha contribuito a realizzare un nuovo ambizioso progetto per garantire la sicurezza nei cantieri.
Un video sulle grandi mostre di Villa Olmo fa vedere il curatore Sergio Gaddi apprestarsi alla ricezione dei materiali imballati, vestito di tutto punto, secondo norme e procedure, usando tutte le accortezze per la massima sicurezza. Ne fui affascinato: «un valido testimonial» – subito pensai - termine inglese ripreso in italiano e in numerose altre lingue nell'ambito della comunicazione e della pubblicità. Ora siamo maturi, per una certificazione così autorevole e utile al tempo stesso, mentre sosteneva che le mostre ormai fossero un processo irreversibile e che questa certificazione desse nuovo slancio al processo: «la città deve metabolizzare in toto il concetto che la cultura è il nostro maggior petrolio» scriveva. Pronta l’ingenua mia considerazione su metabolizzare in senso figurato: si vuol dire di un organismo di carattere economico o politico a struttura complessa, che trasforma i suoi elementi costitutivi, sviluppandoli e rinnovandoli. In altri termini è plausibile ritenere l’ambizione non lontana da quel proposito che vuole l’ammaestramento, già nella fase di studio di ogni ideazione, mediante il relativo processo di conoscenza.
Tornando al «Progetto Boston-Como» le opere sono state distribuite nelle sedi espositive principali, secondo un criterio tematico: nella ex chiesa di San Pietro in Atrio si contrappongono l’elemento naturale e quello artificiale dell’architettura. Con il termine antropizzazione si intende l'intervento che l'uomo effettua sull'ambiente naturale, con lo scopo di conformarlo, quindi modificarlo e manipolarlo, cioè tutto ciò che in quello spazio è stato prodotto e modificato ad opera dell'uomo. Nella realtà di oggi non si sente parlare più di ambienti completamente naturali, in quanto in netta minoranza rispetto agli ambienti completamente modificati. L'uomo da sempre è intervenuto profondamente sull'ambiente, cercando di adattarlo alle proprie esigenze, spesso in modo scorretto; proprio per questo motivo, sempre di più, l'ambiente naturale diviene territorio modificato e gestito dall'uomo. L’esito di questo rapporto spinge la ricerca dell’architetto verso un’operazione progettuale di contaminazione tra l’elemento naturale e quello artificiale: una sorta di azione di «naturalizzazione del vuoto».
L'antropizzazione: il tempo, il dubbio e le leggi di natura. Secondo una vecchia interpretazione delle leggi che governano il mondo, ogni cosa ha una causa, ovvero tutto è determinato. Eppure una delle tesi più potenti della democrazia occidentale, vuole l'uomo dotato di libertà, il mondo come possibilità, il dubbio come antidoto alle verità assolute. È questo un dilemma che attraversa la storia della scienza e della filosofia, almeno da Epicuro in poi. Un dilemma che riguarda il nostro rapporto con il mondo, la nostra idea di futuro, la nostra ansia verso il cambiamento, l'ignoto, la conoscenza. È il tempo la dimensione fondamentale del nostro esistere. Il mondo biologico, come quello sociale, ha un passato, un presente e un futuro. Ma nei regni misteriosi dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente grande, solo oggi cominciano ad affacciarsi le leggi fisiche che non negano l'importanza della storia e che parlano di evoluzione anche nella danza caotica degli atomi e nello sviluppo delle galassie.
Fonte: Wikipedia