Bruegel e la rinascita fiamminga.
Quasi una frenesia, il volersi sentire partecipe, giacché cittadino potenzialmente attivo e fautore del decentramento culturale; allargare gli spazi dell’utilizzo sociale in quel processo avvertito dall’Assessore alla cultura: «…la città deve metabolizzare in toto il concetto che la cultura è il nostro maggior petrolio». In senso figurato: si e inteso dire di un organismo di carattere economico o politico a struttura complessa, che trasforma i suoi elementi costitutivi, sviluppandoli e rinnovandoli. In altri termini è plausibile ritenere l'ambizione del proposito che vuole l'ammaestramento, già nella fase di studio di ogni ideazione, mediante il relativo processo di conoscenza.
Negli anni, si è prestata assidua attenzione, allo svolgersi delle grandi mostre di Villa Olmo. Anno per anno in una qualche maniera si è cercato di lasciar traccia, dell’intento di conoscere, per quanto possibile, sia l’allestimento, sia la gestione: null’altro, in coscienza, si era in grado di capire per «dotta ignoranza». Da qui la necessità dell'«ammaestramento», già nella fase di studio. A onor del vero se non «godimento estetico» certamente conoscenze impersonali ne sono state fatte. Ora all’approssimarsi del nono evento – La Dinastia Brueghel - avutene condizioni opportune, e visti sordi all’accorata ragione di attempato «tirocinante», ci s’improvvisa accorto «ricercatore».
La pittura fiamminga, a sua volta, ha percorso tutto un ciclo di possibilità tecniche, culturali e umane: ha rivelato nella miniatura la sua vocazione allo splendore dei colori e della trasparenza della luce e dell’atmosfera, il culto realistico e insieme religioso del particolare, l’amore della natura nei suoi fenomeni perennemente ricorrenti, e dalla miniatura ha tratto, pur nella sua età aurea, non pochi né insignificanti stimoli e sollecitazioni. Con Pieter Bruegel la pittura fiamminga celebra i fasti del suo risorgimento, contrapponendo con nazionale orgoglio la sua visione del mondo alla visione dell’arte italiana.
In Italia il risorgimento era una gioiosa riscoperta dell’uomo e dell’universo, oltre le anticipazioni tecnologiche e dogmatiche: indagava la struttura matematica del mondo fisico, le leggi della prospettiva, la cifra delle proporzioni, l’equilibrio degli spazi, e intanto evolveva, con la magica formula delle costruzioni razionali, il senso dell’infinito, la tonalità lirica delle cose, la suggestione di un cosmo irreale e pure umano. Studiava con ostinato rigore i misteri della luce, le modalità del chiaro scuro, i toni cromatici, il linguaggio nascosto dei colori, e intanto annunciava i misteri della vita e dell’umanità e fissava per sempre l’attimo sacro in cui la bellezza appare sulla terra a turbare gli uomini.
L’artista italiano del rinascimento era assetato d’idealità e di perfezione (…) La realtà terrena era sì per lui, come per Anteo, necessaria per riprendere vita e vigore: ma il suo vero mondo era quello dei miti e delle figure eroiche, dei semidei e delle donne divine, chiamate con nomi cristiani, ma in realtà abitatrici di una terra innocente ignara di colpe originali e di ansie di redenzione. Il ritorno alla terra e alla realtà visibile era il ritorno di un’umanità già vissuta nel paradiso terreste dell’esperienza precristiana. Con Bruegel la rinascita fiamminga vuole essere davvero, pur senza declamazioni programmatiche e rivoluzionarie, un ritorno alla terra, alla vita, alla rude avventura terrena.
Proprio Pieter Brueghel il Vecchio (1520/25-1569, detto Pieter Brueghel I) è il capostipite e il pittore più importante della dinastia artistica più influente nell’Olanda meridionale tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo. La sua opera s’interroga sulla condizione dell’uomo e del mondo in cui vive; le raffigurazioni di paesaggi animati da popolani e le scene di vita contadina propongono una critica sarcastica dei vizi umani. Illustra proverbi e detti popolari, in modo realistico, riflessivo, provocatorio, tagliente e non sempre di facile interpretazione, originando un’opera ricca di contenuti morali. I dipinti di Pieter I erano per la maggior parte custoditi in collezioni private e pertanto inaccessibili al pubblico, per questo la sua fama è ampiamente riconducibile al figlio Pieter Brueghel il Giovane il quale assicurò la diffusione delle opere paterne eseguendo copie delle stesse, come nel caso del Censimento a Betlemme eseguito da Pieter II nel 1605 – 1610, riproducendo la versione paterna del 1566, oggi custodita ai Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles.