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Si vuole una città della conoscenza.

07/03/2012 9376 lettori
4 minuti

Si vuole una città della conoscenza. Non altro dalla città turistico-culturale, ma un suo ampliamento. «Non c’è niente di più politico di questa chiacchierata impolitica, almeno questa è l’impressione che ci portiamo dietro, in strada». È Giovanni Sallusti che ci propone sotto forma di un dialogo ininterrotto con il presidente della Camera di Commercio di Como. Sfruttare la propria collocazione e non subirla, è già un imperativo politico inderogabile. Che si fa, da subito, una questione di metodo: «Su qualunque tema urbano si decida di lavorare, andrà calato l’approccio della rete: la rete di relazioni, di scambi, certamente non solo economici, ma anche culturali».

Puntuale ed intricante l’epilogo che fa il giornalista sul contributo politico della «chiacchierata»: abili, autorevoli e concreti gli argomenti proposti e circostanziati dal Presidente della Camera di Commercio. Tanto simili, a me pare, al proponimento dell’Assessore alla Cultura di Como: «la città deve ripartire per diventare quello che merita di essere. Una città ordinata, creativa e dinamica, che investe nei giovani, ma si prende cura dei bisogni di tutti, capace di unire le opportunità del turismo e della cultura con la sua tradizione di eccellenza produttiva e commerciale».

A mo di passatempo ho da sempre seguito lo svolgersi delle iniziative culturali, in particolar modo le «Grandi Mostre», cercando l’apprendimento ed il possibile «godimento estetico», ma anche il tentativo di sollecitare la conoscenza per far sì che l’uomo diventi «l’artefice del futuro personale e dell’umanità intera». L’idea di un’affascinante dimensione «dell’economia fondata sulla conoscenza». «La città della conoscenza»: un disegno urbano tanto rivoluzionario nella sua profonda prospettiva democratica? Se oggi i mezzi di produzione risiedono realmente nella mente dei produttori, allora assisteremo ad una maggiore diffusione dell’uguaglianza delle opportunità dal momento che chiunque potrà generare una grande idea.

Le fonti delle diseguaglianze e i principi fondamentali della stratificazione sociale vanno ricercati non solo nell'ambito dell'economia, ma anche nella sfera della cultura e in quella della politica. Nella sfera economica gli individui si uniscono sulla base d’interessi materiali comuni, formando le classi sociali, nella sfera della cultura essi seguono comuni interessi ideali e danno origine ai ceti; nella sfera politica, gli individui si associano in partiti o in gruppi di potere per il controllo dell'apparato di dominio. Dunque, secondo Weber non solo la classe, ma anche il ceto e il gruppo di dominio sono fattori essenziali per la comprensione dei processi di stratificazione.

Il concetto di ceto, e più in particolare di condizione di ceto acquista fondamentale importanza. Un ceto è composto da individui che hanno in comune un medesimo stile di vita ed è quindi espressione del grado di partecipazione individuale al "prestigio" sociale. Questo prestigio, però, non è dato solo dalla ricchezza, cioè dal possesso di beni materiali, ma anche da altri fattori. Secondo Weber, solo la condizione di ceto può assicurare una comune base all'agire. L'attenzione va quindi posta sui fattori anche psicologici, che determinano sia le condizioni dell'agire individuale, sia la suddivisione stessa delle persone in gruppi sociali di diverso rango e prestigio; ciò, beninteso, senza trascurare la struttura economica, che resta pur sempre la base per la comprensione della stratificazione sociale.

L'elemento costitutivo dell'essere sociale non è per Weber semplicemente l'appartenenza di classe, quanto piuttosto l'insieme di tradizioni, abitudini e idee che ogni individuo, quale appartenente a un ceto, si vede indicate come fondamento del proprio agire. Ciò, d'altra parte, non significa che la condizione di ceto vada pensata come indipendente da quella di classe, giacché condizione di ceto e condizione di classe stanno fra loro in un rapporto che si gioca a più livelli. La stratificazione non è un fattore universale, se non inteso come una naturale misura adottata dalle classi dominanti per mantenere lo status quo contro le classi inferiori entrambe in un continuo conflitto. Accanto alla gerarchia di classe, su base economica, esiste quella di appartenenza politica, fondata sul potere, e quella di ceto, legata alla cultura.
Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.