La Comunicazione e la concorrenza
Nel 1990 Michael Porter scriveva, nel suo libro "Il vantaggio competitivo delle nazioni", che la vivacità della concorrenza domestica e il grado di competenza e di sofisticatezza della domanda interna sono fra le basi del successo dei prodotti di un paese (o di un territorio), anche all'estero.
Infatti entrambi gli elementi sono uno stimolo continuo all'innovazione, poiché chi si adagia sulle proprie posizioni perde rapidamente terreno, mentre la domanda evolve ed i concorrenti si fanno ancora più agguerriti.
Questa situazione sicuramente oggi non è ancora propria degli operatori italiani della comunicazione.
Una prima ragione è essenzialmente strutturale, ossia le aziende italiane, grandi o piccole che siano, non hanno ancora sviluppato una seria cultura della comunicazione.
Il risultato è che esse tentano di spendere il meno possibile per questa funzione e, di conseguenza, si accontentano di servizi o prodotti mediocri, che a loro volta alimentano l'opinione negativa delle imprese nei confronti della comunicazione.
Stiamo parlando in pratica della domanda domestica di cui scriveva Porter.
Tuttavia anche coloro che operano nella comunicazione devono fare la loro parte nel rendere competitivo il sistema, ricercando continuamente l'innovazione, che su lungo periodo produce sicuramente dei ritorni.
Le aziende infatti per il loro budget in comunicazione si basano sui costi ma esigono anche dei risultati, e ovviamente chi sa dare i risultati migliori alla lunga sarà premiato dal mercato, sottraendo quote alla concorrenza.
Se tramite l'innovazione e la ricerca quest'azienda di comunicazione riesce a fare le cose migliori con un costo vicino a quello della concorrenza più statica quest'ultima sarà costretta a muoversi per migliorare o a sparire.
La storia dell'imprenditoria italiana c'insegna che le aziende nel nostro paese sono sempre state molto reattive e vivaci di fronte alle novità, innovando molto e conquistando posizioni di leadership in molti settori industriali, e per questo si potrebbe sperare che qualcosa del genere accada anche nel mondo della comunicazione.
Il rischio maggiore in tal senso potrebbe essere l'eccessiva concentrazione e la configurazione di una situazione monopolistica od oligopolistica, che finirebbe per rallentare in modo molto penalizzante la corsa allo sviluppo di nuove strategie.
D'altra parte per sviluppare realmente il mercato la comunicazione italiana deve professionalizzarsi, chiudendo qui una certa epoca avventurosa degli inizi, e anche in questo caso una forte concorrenza interna potrebbe essere un valido strumento di "selezione naturale".
Da qualsiasi parte si guardi il problema dunque chi fa comunicazione in Italia oggi deve essere molto competitivo, professionale ed innovatore, e non scoraggiarsi facilmente, perché qualche rischio iniziale può diventare un grande investimento sul lungo periodo.