Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

Spigolature di «primavera»

17/05/2011 6777 lettori
4 minuti
 
 
«Bello o bellezza, termini che definiscono l'oggetto specifico dell'estetica. Nella tradizione filosofi­ca è possibile distinguere una dimensione oggettiva e una soggettiva della bellezza: esempio della prima è la definizione platonica del bello come tralucere dell'intelligibile nel sensibile» (Fedro, 250 b-e), ovvero «come modalità di manifestazione della realtà che, al pari di questa, presenta vari gradi, dai corpi, alle anime, alle maniere di vita, alle conoscenze, fino al bello in sé» (Simposio, 210 sgg.). Questa concezione è presente nelle corrent­i platoniche e neoplatoniche, e si ritrova ancora in Hegel, per il quale «il bello è l'apparizione sensi­bile dell'Idea, dotato quindi di un intrinseco con­tenuto veritativo». Kant al contrario sposta l'ac­cento sulla dimensione soggettiva del bello, defi­nendolocome «ciò che piace universalmente sen­za concetti» (Critica del giudizio, § 6), ragion per cui il giudizio di gusto ha una validità universa­le soltanto soggettiva. Con questa definizione Kant mira a negare che la bellezza possa essere considerata una qualità dell'oggetto: come il vero per la conoscenza e il bene per la volontà, anche il bello definisce piuttosto un ambito dell'attività umana, quella del sentimento. Questa concezione del bello segna l'atto di nascita dell' estetica come disciplina autonoma.
 
In un mondo in cui si vive di globalizzazione e di comunicazione in rete, in condizioni particolarmente complicate, la cultura del nostro tempo esige che si rimetta a fuoco e si ripensi il concetto di comunità. Se è vero come è vero che la globalizzazione significa progressivo allargamento della sfera delle relazioni sociali fino a coincidere virtualmente con l’intero pianeta, così come è vero che interrelazione significa anche interdipendenza, è dato per sicuro che modifiche avvenute, in virtù di questa dipendenza, in un certo ambito ed in un dato luogo, si ripercuotono di conseguenza in altri ambiti. Assunto questo convincimento non considerare lo strumento di comunicazione, quale la rete, è letale. Così come dannoso è limitare questo mezzo di notevole rilevanza. La comunità tutta ne ha il diritto: uniformare le condizioni economiche, gli stili di vita tramite informazioni, conoscenze e idee, divulgate e condivise ne è la precondizione. La rapida crescita e diffusione di nuove tecnologie informatiche applicate alle telecomunicazioni sia nelle attività economiche che nella vita quotidiana, in grado di ridurre drasticamente i tempi, i costi e altri ostacoli tecnici delle comunicazioni è il giusto sostegno. In un’ideazione del bello tendente all’estetica anzidetta ci sentiamo impazienti per la proposizione di un’istanza che abbia la «forza energetica di un sentire, che contesti al politico la pretesa di rappresentare la totalità dell’umano, che dispieghi un nuovo orizzonte di senso e fornisca una nuova agenda per il terzo millennio, in cui trovano spazio pratiche, esperienze, soggettività e forme di vita associata rimaste per lo più in ombra e impensate nel corso della modernità». Mutare l’idea di comunità con una nuova nozione di comune e di comunicazione.
 
Invitato a chiacchierare con il pubblico sul tema: «La bellezza come scelta e come valore» giovedì 12 maggio, ore 20.45, Palazzo Terragni di Como), Philippe Daverio, critico d'arte, giornalista e conduttore tv garantisce che: La bellezza non esiste: «Certo che non esiste, il concetto della bellezza che salverà il mondo è una storpiatura, una lettura errata di ciò che diceva Sant'Agostino, oggi meno che mai si può dire cosa è bello, né cos'è brutto». Se la bellezza non esiste, come la definiamo, cos'è? «È il frutto di un patto sociale». Facciamo un esempio, quali sono i parametri per un bell'uomo? «Nel 1830 erano considerati belli quelli che avevano la panza, come me, oggi lo sono quelli magri e aitanti. La donna nel Rinascimento era bella se aveva le gambe lunghe, nel dopoguerra se era maggiorata, poi se pesa quaranta chili e mezzo... Esiste un parametro della bellezza che segue il momento storico e le necessità della società». Oggi abbiamo o sappiamo trovarlo questo parametro? «No, perché siamo incapaci di gestire il nostro destino e perché stiamo vivendo un momento di profonda mutazione sociale che i distratti chiamano crisi, gli altri, appunto, mutazione». Che cosa sta mutando e quando saremo pronti a definire una nostra bellezza? «Sta mutando ogni cosa del nostro vivere e ci troviamo nel pieno di questo processo, penso che ci vorranno ancora una ventina d'anni per riuscire a dare un parametro alla bellezza, per ora viviamo seguendo le illusioni». Ma, nel concreto, cosa ci rende incapaci di trovare e definire la bellezza? «La bellezza si costruisce e noi oggi non siamo capaci di farlo perché abbiamo almeno tre cose più importanti da risolvere: la sopravvivenza dell'Occidente, cosa dire dopo Bin Laden e dopo Gheddafi, come gestire l'avanzata della Cina, ma anche come eliminare il capitalismo che oggi vive solo di sfruttamento e non di sopravvivenza dei mercati». Il futuro non promette nulla di buono? «Ma che futuro? Noi non siamo in grado di salvare l'Italia, dobbiamo deciderci a chiedere a tutta la cultura occidentale di farlo al nostro posto». ()
 
 
 
Fonti
 
Enciclopedia L'Universale Garzanti
Davide Borrelli
Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.