Talk-show televisivo metamorfosi del salotto letterario
Seguito a rivolgere l’interesse alla osservazione dell’agire politico e all'oggettiva realtà sociale ed umana. Appassionato ormai ad andare dietro la «promozione della cultura come vettore d’emancipazione», cerco con la massima discrezione di seguirne gli eventi in città. Mi è confacente l’ascolto dei promotori nelle loro prolusioni, come pure osservare, per quanto possibile, i comportamenti durante l’organizzazione e l'allestimento. Dagli spunti che ne posso ricevere oriento le mie ricerche di approfondimento, finalizzati alla possibile condivisione.
«Boldini con il suo dinamismo ha radici nel romanticismo inteso come conflitto tra sentimento e ragione che in lui esplode – sostiene Sergio Gaddi nella presentazione della mostra - ed apre già le porte alle inquietudini del ’900. E la figura femminile nel maestro ferrarese predomina…». Uno dei due spunti che hanno sollecitato questo mio approfondimento. L’altro: «dal 1 aprile al 24 giugno, il Museo Studio del Tessuto della Fondazione Antonio Ratti, in occasione della mostra Boldini e la Belle Epoque organizzata a Villa Olmo dal Comune di Como, dedicherà un’esposizione e una serie di incontri alle figure femminili che hanno caratterizzato, con la loro eleganza o la loro stravaganza, i decenni a cavallo tra Otto e Novecento... ». Dalle letture e dai riscontri compiuti riporto alcuni estratti: sequenza e riferimento come dai punti di partenza di cui sopra, senza voler trascurare un certo intendimento speculativo.
Il Verismo si ispira in maniera evidente al naturalismo, un movimento letterario diffuso in Francia a metà ottocento. Per gli scrittori naturalisti - come Èmile Zola, Guy de Maupassant - la letteratura deve fotografare oggettivamente la realtà sociale e umana, rappresentandone rigorosamente le classi, comprese quelle più umili, in ogni aspetto anche sgradevole; gli autori devono comportarsi come gli scienziati analizzando gli aspetti concreti della vita. Secondo Verga, non è possibile che un personaggio di umili origini riesca in qualche modo, per quanto esso valga, a riemergere da quella condizione in cui è nato: coloro che appartengono alla fascia dei deboli è necessario rimanere legati ai valori della famiglia, al lavoro, alle tradizioni ataviche, per evitare che il mondo li divori. Intanto si parla della Belle Epoque, anche se questo periodo era bello per coloro che erano ricchi, molto meno per i poveri, che erano la maggioranza. È il momento in cui si afferma un po’ in tutti i paesi europei, ma soprattutto in Francia ed in parte anche in Italia, una borghesia ricca, che si è arricchita attraverso l’industria ed i commerci e che quindi cerca un po’ di imitare lo stile di vita della nobiltà.
Qualcuno ha detto che il talk-show televisivo è la metamorfosi del salotto letterario. Anche ammesso che lo sia, gli mancano alcuni tratti essenziali del salon almeno quale è stato nella sua stagione dorata, dal rinascimento al romanticismo: la centralità della dama, ospite e regista, il carattere privato ed elitario degli incontri e la sostanziale indipendenza dal potere. Donne al centro della conversazione intellettuale se ne trovano fin dal medioevo; forse, senza Eleonora d'Aquitania e Maria di Francia, la letteratura romanza non avrebbe avuto il suo luminoso decollo. E nel rinascimento, Isabella d'Este o Caterina Cornaro, protettrici di pittori e letterati, non sono certo un caso isolato. Ma un conto è riunirsi a corte, sia pure in forme non ufficiali, e un altro è riunirsi in una casa, magari di qualche colta (Aspasia Veronica Franco a Venezia, Tullia d'Aragona a Roma) o virtuosa aristocratica (Vittoria Colonna). Né il salotto va confuso con le Accademie: sorte generalmente all'ombra di una corte, sviluppatesi nel cinque - seicento per coltivare le belle lettere e gli studi ma spesso inclini al servilismo e all'esibizione vanitosa, rilanciate con l'intento di costruire una «Repubblica delle Lettere» nell'età dell’Arcadia (sorta dal salotto di Cristina di Svezia), esse hanno uno statuto formale e sono vigilate più o meno direttamente dal potere. Quando l'età dei lumi comincia a manifestare insofferenza per l'antico regime e per l'antica cultura all'Accademia si sostituisce il caffè, luogo pubblico, dinamico e aperto, dove tutti possono parlare di tutto, specie dei fatti del giorno (lo sanno bene gli illuministi lombardi che intitolano a bella posta «Il Caffè» la loro rivista). La vita di quel foglio fu breve, come poi quella del suo aggiornato erede, «Il Conciliatore». Ma lunga era, e rimase, l'abitudine alla discussione intellettuale, nella protetta privacy del salotto.
I salotti si erano affermati nell'atmosfera della Fronda, nella Francia di Richelieu. Lì nacque la préciosité, uno stile messo in burla da Molière che sopravvive in certe fèmmes savantes dei salotti moderni che trattano lettere e moda, politica e mondanità con l'unica preoccupazione di uno snobistico aggiornamento. Ma la préciosité era ben altra cosa: la creazione di un linguaggio aristocratico era solo l'aspetto espressivo della resistenza al disegno egemonico e centralista della nascente monarchia assolutista. Arie di fronda circolano anche nella stagione aurea del salotto, il periodo romantico, minacciato dalle pressioni censorie di Napoleone prima, della restaurazione poi. La polemica romantica in Italia è innescata proprio da una regina dei salotti, Madam de Staël che formatasi a Parigi nei saloni dei razionalisti, fece della sua Coppet, in Svizzera, un centro propulsore di cultura politica e letteraria. Straniera era anche la contessa d'Albany, nella cui casa fiorentina V. Alfieri perfezionò la propria figura di vate libertario e appassionato. Fin d'allora, nel salotto si costruivano «immagini» di artisti, rapidamente diffuse dal pettegolezzo letterario: il mito del Foscolo nacque sui canapè veneziani di Giustina Rènier Michiel e della sua rivale Isabella Teotochi, e si consolidò su quelli bolognesi di Cornelia Rossi Martinetti (s'intende che il legame trai il focoso poeta e alcune sue protettrici non fu solo platonico). E quanto incise, sulla mente del giovane Manzoni, la consuetudine col salotto parigino della vedova Condorcet e del suo compagno Fauriel! Ma fondando in casa sua una «cameretta» al modo di Carlo Porta, egli sceglieva una via diversa sia dalla vecchia accademia sia dalla nuova mondanità.
Tuttavia nei salotti si giocarono partite decisive in cui si mescolavano le carte della cultura, della politica e del cuore. Il risorgimento italiano è impensabile senza gli incontri nelle case Belgioioso, Trivulzio o della Castiglione, e si può dire che tutta l'intellighenzia, fra il Quarantotto e l'Unità d'Italia, sia passata dal salotto della contessa Maffei. Con la belle époque, nei salotti della Roma bizantina si sfoggiavano soprattutto abiti e acconciature, materia per le cronache mondane del giovane D'Annunzio. I letterati e gli artisti del secolo nuovo preferiranno poi tornare al caffè (le Giubbe Rosse a Firenze, l'Harry's Bar a Venezia, il Giamaica a Milano), prima di scegliere la via manzoniana della solitudine operosa o quella remunerativa dello show televisivo.
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