Uno stile che coinvolge, ad esempio
In una Como viva, checché se ne dica, la serata del 27 gennaio 2011, tra l’altro, si sarebbe potuta spendere scegliendo l’arte: conferenza Arte & Finanza, analizzeranno le opere di Domenico David, al «Marsiglione Arts Gallery»; presentazione del libro «Emozioni in gioco» racconto fotografico del Basket Cantù, «presso Yact Club Como»; e nella sede della «Far Fondazione Antonio Ratti», a Villa Sucota, l’incontro con Carolyn Christov - Bakargiev, direttore artistico di «dOCUMENTA» (13): una delle rassegne di arte contemporanea più importanti al mondo, che avrà luogo nel 2012, a Kassel, in Germania.
A settantadue anni si può essere ancora curiosi e, se la curiosità intriga, anche felici. Basta un interesse che stuzzichi la curiosità ed affascina al tempo stesso: trovare uno stile che coinvolge, ad esempio. Sulla base di dette prerogative e della convenienza d’orario, chiesi ed optai per la partecipazione al sesto appuntamento de «LA KUNSTHALLE PIÙ BELLA DEL MONDO». Un progetto per il Centro delle Arti Contemporanee di Como: Marco De Michelis intervista Carolyn Christov –Bakargiev.
L’attrazione fu immediata sia dall’accoglienza sia dall’uditorio: un bel pubblico giovane ed assennato. Il desiderio di sapere è stato da subito stimolato dall’articolata e dotta disquisizione dei conferenzieri. Le due personalità, ciascheduno nel proprio ruolo hanno praticato certamente la migliore comunicazione, con l’intenzione di partecipare una logica concettuale chiara e sincera. Evidentemente una rivisitazione tramite i video e/o dei resoconti dei concetti espressi gratificherebbero, più che la curiosità la conoscenza esplicita. A tal proposito, mentre mi faccio promotore di una cortese richiesta in tal senso, riporto un argomento ripreso da una dei giovani astanti, attinente alla pratica di talune procedure nell’organizzare la gestione di «dOCUMENTA» (13).
Allo stato non mi è dato sapere quanto la domanda fosse maturata nel contesto orientato alla realizzazione, il cui punto di forza è costituito nel saper assimilare il piano di lavoro e nel coordinare la pratica delle mansioni. Riprendere testualmente l’argomento come trattato d’ambo le parti sarebbe opportuno. Il progetto «LA kunsthalle più bella del mondo muove i suoi passi dalla consapevolezza di una peculiare condizione di crisi che richiede una revisione critica delle pratiche, una ridefinizione delle identità e delle differenti istituzioni e dei diversi protagonisti, una riflessione coraggiosa sui mutati rapporti tra arte, società e pubblico e sui confini cangianti dei territori attuali dell’arte contemporanea e delle sue relazioni tran disciplinari». Non è casuale che l’argomento mi abbia così tanto coinvolto: per altro verso avevo già trattato lo stesso argomento in uno dei miei post su comunitàzione.it di cui faccio seguire alcuni paragrafi conclusivi.
Ora accade che questo modello di società, i suoi attori, i suoi sistemi la sua visione del mondo, sta perdendo di significato, causando disaggio profondo, incertezze e pessimismo. In tanti si sta cercando di predisporre un’alternativa, che stenta a coagularsi, di un nuovo modello di società. L’idea di «scatenare un nuovo Rinascimento», induce alla riconsiderazione della capacità di capire, lo sviluppo culturale e personale e la consapevolezza, nell'agire quotidiano. Il riferimento alla realtà artigianale, per tentare di sviluppare, con il grado di compiutezza possibile, l'interazione tra l’uomo, l’ambiente, la società e la natura, parrebbe sostenibile.
Buonsenso vuole che si rifugga dall’auto referenza, ma trovo oltremodo stimolante ricondurmi anche all’esperienza iniziata con la maturità. Un bagaglio di conoscenza, concretato in oltre trenta anni d’ininterrotta attività operativa: una funzione esercitata, in un contesto organizzativo di gruppo orientato alla realizzazione, il cui punto di forza è costituito nel saper assimilare il piano di lavoro e nel coordinare la pratica dei mestieri. Una pratica che si armonizza con il progetto, si evolve nel procedere e si diffonde nei gruppi di lavoro come conoscenza implicita. In sostanza la pratica di gestione, la buona pratica: sapere come, per gli inglesi «know how» e sapere che, per gli inglesi «know that», il primo fondato sull'esperienza ed il secondo su regole e procedure operative.
Ciò che emerge in modo sempre più evidente e profondo è il cambiamento che sta avvenendo nel nostro approccio con la conoscenza e con il sapere, strettamente legati allo sviluppo degli strumenti che attualmente permettono il loro raggiungimento. Quando di un lavoro si dice «fatto a regola d'arte» di solito si pensa ad un prodotto fatto bene, ad un manufatto che segue antiche regole precise. Per fortuna è un modo di dire anche oggi sostenuto dalle buone pratiche e da quella sostanza che è il lavoro artigianale. Riaccostarsi a queste tradizioni può rilanciare e rinnovare inclinazioni e vocazioni, individuali e sociali, per meglio relazionarsi e gettare ponti di collegamento importanti con la pratica politica curando la formazione intellettuale che possa collegare strutture ed imprese attorno ad una riflessione sui processi di modernizzazione.