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L’adolescenza di John Lennon, riletta dal regista Sam Taylor-Wood, nel capolavoro “beat” di NOWHERE BOY

13/12/2010 9269 lettori
5 minuti

Trent’anni fa, esattamente la sera  dell’8 Dicembre 1980,  il mito di uno dei più grandi musicisti che il rock’n roll abbia mai avuto, ebbe la sua drastica fine, per mano di un fan che volle paradossalmente mettere il suo nome (Mark David Chapman) accanto all’uomo chiamato John Lennon. Una vita stravolta nel finale da un’F.B.I. americana che ha reso l’ultimo periodo della vita di Lennon un susseguirsi di cinica distrofia politica, per un pacifista che amava mettere in piazza le proprie ideologie da artista ingenuo e ribelle, contro quel Vietnam che gli ha procurato meno guai della stessa condanna per possesso di stupefacenti, che lo ha visto controverso e impotente sotto gli occhi di un governo americano che con difficoltà ha concesso green-card e cittadinanza ad un personaggio pubblico troppo imponente per non essere assecondato. Il regista Sam Taylor-Wood ha voluto ripercorrere, con drammatica attendibilità emotiva, l’adolescenza di un musicista che  non sapeva di voler essere  un “grande”, nell’impacciato approcio alla musica voluto dalla madre Julia (Anne-Marie Duff), sotto gli occhi di un ragazzino che voleva solo essere sicuro nei suoi affetti, conteso dalla zia Mimi Smith (ottima l’interpretazione di Kristin Scott Thomas), devota e prosaica come la stessa tradizione romanzata dalla letteratura di Patrick Dennis possa aver voluto (il nome della zia ribattezzato Mame nella pronuncia originale, come lo stesso Zia Mame dello scrittore) e il tutto scritto e sceneggiato (Matt Greenhalgh l’autore cinematografico) per mano e volere della sorellastra Julia nella biografia Imagine: Growing Up with My Brother John Lennon. Gli ingredienti di un bel film ci sono tutti, dalla maniacale attendibilità pretesa dalla credibile mimica recitativa di Aaron Johnson nei panni del 15enne Lennon, avvicinato da un Paul McCartney  imberbe (Thomas Sangster, reduce da un Love Actually, sempre alle prese con musica e batteria, sotto gli “occhi putativi” di Liam Neeson), che infonde a John la dedizione seria a quella carriera musicale che prende il via con il primo gruppo The Quarrymen. La musica di Alison Goldfrapp e Will Gregory sottolinea, con maestria, i tratti drammatici della vita di John, nel monologo che rivela il trauma di un bambino cresciuto senza l’apporto materno, nella confessione fatta sotto gli sguardi delle due sorelle, prima che Julia (la madre) muoia in un incidente d’auto, mentre il giovane Lennon compone parole e musica alla chitarra, sotto gli occhi inconsapevoli di un McCartney incredulo.  Sarà proprio questo episodio che legherà i due ragazzi a quell’amicizia che diventerà uno dei sodalizi musicali più importanti della storia, sottolineato da quella spensierata inconsapevolezza di un Lennon che ritrova l’equilibrio nella devozione che ha sempre avuto dalla zia,  mentre quell’orizzonte chiamato successo sembra un cinico viale del tramonto di un adolescente chiamato Mimi, che da Liverpool arriverà ad Amburgo, per dare inizio a quella carriera che tutti conosciamo.                    
                    

Paolo Arfelli
Paolo Arfelli

Nato a Ravenna; ho avuto il piacere di aver frequentato un corso di grafica pubblicitaria tenuto da Umberto Giovannini, presso la T. Minardi di Faenza, dopo il quale intendo affrontare un discorso editoriale che possa completare il cammino professionale che voglio realizzare.

E' da qualche anno che ho il piacere di legare la mia capacità a Comunitàzione, in una collaborazione di testi e argomenti che valorizzano la serietà riposta da Luca Oliverio e il contesto in cui questo portale opera, tra pubblicità, marketing, informazione e tanto altro.

Ho in preparazione alcuni cortometraggi e la realizzazione di un magazine (DC DIRECTOR'S CUT) all'interno di Alphabet&Type®.