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I meravigliosi silenzi del linguaggio poetico.

21/11/2010 4750 lettori
4 minuti

 

La giuria presieduta da Mario Botta ha voluto premiare Francis Kère per la sua architettura essenziale, intelligente, dove il coinvolgimento delle comunità locali diviene progetto attivo per un miglioramento delle condizioni di vita in un contesto povero come il Burkina Faso. È Alessandra Coppa del giornale - La Provincia di Como - la fonte di questa notizia fuori dall’ordinario. Diébédo Francis Kère, figlio maggiore del capo del villaggio di Gando nel Burkina Faso, ha il volto orlato dalle incisioni rituali che ne significano il rango. Una condizione che lo porta a scegliere, già da giovine, il mestiere di falegname che prelude alla sua professione di architetto. Professione che gli ha consentito di realizzare, nel villaggio di Gando, le sue prime opere di architettura, che si sono aggiudicate il prestigioso premio BSI Swiss Architectural Award 2010. «Il suo linguaggio – sottolinea Botta – ci ripropone immagini di fondamentali elementi di grammatica compositiva: i setti delle murature di cotto che lavorano a gravità e le leggere coperture che diventano veri e propri ombrelli al disopra degli spazzi di vita. Un’architettura di grande umiltà, che indica con forza come l’etica del costruire talvolta conduce ai meravigliosi silenzi del linguaggio poetico».

Frutto di un lavoro collettivo, nel senso che i progetti sono stati realizzati da giovani formati per l’occasione. In un contesto di prospettiva di lungo termine e di sostenibilità. Il premiato mette in risalto che è la componente «didattica» a caratterizzare la sua architettura e a determinare alcune scelte costruttive: lasciare a vista la muratura invece di ricoprirla, come invalso nella tradizione costruttiva locale, con un intonaco argilloso talora miscelato ad additivi organici. Le tecniche costruttive semplici da poter venire assimilate dalle maestranze locali, e i materiali necessari reperibili, sfruttando le risorse locali in virtù del contenimento dei costi. Descrive altresì i criteri di sostenibilità ambientali adottate per rispondere alle specifiche condizioni climatiche.
      
Una lunga tradizione di pensiero ci ha abituati a contrapporre scienza e filosofia, c’è invece chi sostiene che tra scienza e filosofia deve esserci un rapporto di collaborazione. Una tesi in tal senso è supportata dal filosofo Francesco Barone: Prendiamo il caso di un falegname che ha deciso di dedicarsi alla costruzione di mobili artistici. E' chiaro che questo falegname, prima di decidere di fare questa scelta professionale, ha avuto delle possibilità di riflettere sul valore di questa scelta e di comparare il valore di questa scelta rispetto ad un altra. Ipotizziamo che abbia deciso di fare il falegname anziché prendere una laurea in filosofia, perché, una volta presa la laurea in filosofia, la laurea in filosofia vale meno professionalmente di quanto non valga imparare bene il mestiere di fare mobili d'arte.

Possiamo stabilire una specie di analogia tra questa scelta iniziale del falegname e la Weltanschauung, cioè la donazione di senso alla propria vita. Ma andiamo avanti. Il falegname - una volta deciso di fare questo lavoro - deve imparare: deve andare a bottega, imparare dall'artigiano come si fa il lavoro; poi si mette all'opera e anche lui incomincia a costruire; ha imparato le tecniche e anche lui incomincia a costruire e adopera degli strumenti. Gli strumenti sono lo scalpello, lo sgorbio, la sega, ecc... Se è un bravo artigiano, a un certo punto si mette a riflettere sugli strumenti che adopera. Si chiede se per caso non farebbe meglio i mobili modificando in qualche parte alcuni di quegli strumenti. Se poi è molto geniale, addirittura inventa qualche nuovo strumento per lavorare il legno.

Il falegname non lo sa, ma nel momento in cui fa questa pausa di riflessione sugli strumenti che adopera, fa un'opera filosofica: con tutto il rispetto per il falegname e con tutto il rispetto per i filosofi. Perché dico questo? Perché è chiaro che mentre pensa agli strumenti, a come modificare gli strumenti, non fa mobili. Riflettere sulla modifica eventuale di strumenti gli permetterà in seguito di fare meglio i mobili. Nel momento in cui non fa i mobili, ma riflette sugli strumenti, si potrebbe dire che lui si dedica alla filosofia della falegnameria. In questo caso filosofia significa: riflessione di qualcuno sopra l'attività che sta svolgendo. E' chiaro che la riflessione su quest'attività non è l'attività stessa, bensì qualche cosa di molto importante per l'attività, perché la riflessione sugli strumenti gli potrebbe permettere addirittura di fare meglio i mobili.

A conclusione, nell’ambito sempre della creatività più concreta, uno dei protagonisti più significativi della ricerca visiva contemporanea.«Un colore senza materia non esiste. La bellezza della materia deve sopravvivere anche alla forzatura del pennello. Solo attraverso screpolature ed erosioni o magari una mutazione di colore sopravvenuta inaspettatamente possiamo scoprire la bellezza intrinseca nelle sostanze coloranti». Così recita il testo programmatico che Shozo Shimamoto scrisse nel 1957, dando inizio ad un percorso di sperimentazione linguistica che è diventato, nel corso di 58 anni di attività, la cifra distintiva della sua poetica: la continua e inarrestabile riflessione e sperimentazione sul linguaggio artistico, sull'azione e sulla materia che è luce, energia e colore.
 

 

Fonte

 

http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cultura%20e%20Spettacoli/344133/

http://www.shimamotogenova.org/shimamoto_press.pdf

www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=262

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.