I meravigliosi silenzi del linguaggio poetico.
La giuria presieduta da Mario Botta ha voluto premiare Francis Kère per la sua architettura essenziale, intelligente, dove il coinvolgimento delle comunità locali diviene progetto attivo per un miglioramento delle condizioni di vita in un contesto povero come il Burkina Faso. È Alessandra Coppa del giornale - La Provincia di Como - la fonte di questa notizia fuori dall’ordinario. Diébédo Francis Kère, figlio maggiore del capo del villaggio di Gando nel Burkina Faso, ha il volto orlato dalle incisioni rituali che ne significano il rango. Una condizione che lo porta a scegliere, già da giovine, il mestiere di falegname che prelude alla sua professione di architetto. Professione che gli ha consentito di realizzare, nel villaggio di Gando, le sue prime opere di architettura, che si sono aggiudicate il prestigioso premio BSI Swiss Architectural Award 2010. «Il suo linguaggio – sottolinea Botta – ci ripropone immagini di fondamentali elementi di grammatica compositiva: i setti delle murature di cotto che lavorano a gravità e le leggere coperture che diventano veri e propri ombrelli al disopra degli spazzi di vita. Un’architettura di grande umiltà, che indica con forza come l’etica del costruire talvolta conduce ai meravigliosi silenzi del linguaggio poetico».
Possiamo stabilire una specie di analogia tra questa scelta iniziale del falegname e la Weltanschauung, cioè la donazione di senso alla propria vita. Ma andiamo avanti. Il falegname - una volta deciso di fare questo lavoro - deve imparare: deve andare a bottega, imparare dall'artigiano come si fa il lavoro; poi si mette all'opera e anche lui incomincia a costruire; ha imparato le tecniche e anche lui incomincia a costruire e adopera degli strumenti. Gli strumenti sono lo scalpello, lo sgorbio, la sega, ecc... Se è un bravo artigiano, a un certo punto si mette a riflettere sugli strumenti che adopera. Si chiede se per caso non farebbe meglio i mobili modificando in qualche parte alcuni di quegli strumenti. Se poi è molto geniale, addirittura inventa qualche nuovo strumento per lavorare il legno.
Il falegname non lo sa, ma nel momento in cui fa questa pausa di riflessione sugli strumenti che adopera, fa un'opera filosofica: con tutto il rispetto per il falegname e con tutto il rispetto per i filosofi. Perché dico questo? Perché è chiaro che mentre pensa agli strumenti, a come modificare gli strumenti, non fa mobili. Riflettere sulla modifica eventuale di strumenti gli permetterà in seguito di fare meglio i mobili. Nel momento in cui non fa i mobili, ma riflette sugli strumenti, si potrebbe dire che lui si dedica alla filosofia della falegnameria. In questo caso filosofia significa: riflessione di qualcuno sopra l'attività che sta svolgendo. E' chiaro che la riflessione su quest'attività non è l'attività stessa, bensì qualche cosa di molto importante per l'attività, perché la riflessione sugli strumenti gli potrebbe permettere addirittura di fare meglio i mobili.
Fonte
http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cultura%20e%20Spettacoli/344133/
http://www.shimamotogenova.org/shimamoto_press.pdf
www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=262