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L’agire responsabile: dibattito attorno ai temi caldi della Corporate Social Responsibilty

29/09/2010 6356 lettori
5 minuti

 

Le «buone pratiche» rappresentano le linee strategiche idonee a rafforzare l’innovazione; con la realizzazione e la diffusione delle eccellenze, le «buone pratiche», concorrono a migliorare l’efficacia dei sistemi in cui agiscono, e ad ottimizzare i relativi investimenti nel settore.

Con questa mira torna il 28 ed il 29 settembre negli spazi dell’Università Bocconi, la manifestazione dedicata alla Responsabilità Sociale d’Impresa. Professionisti, teorici ed operatori del settore, esporranno progetti, migliori pratiche, idee e soluzioni, per un futuro più sostenibile. Partecipanti sempre in aumento a dimostrazione del grande impegno di imprese, ma anche di enti pubblici e del terzo settore ( quel complesso di istituzioni che all’interno del sistema economico si collocano tra lo stato ed il mercato, ma non riconducibili né all’uno né all’altro) per la «responsabilità sociale». Un programma culturale che si arricchisce e si diversifica. Tanti incontri per dare spazio ad attori diversi e a progetti innovativi. E tante nuove proposte: lo «spazio giovani» rinnovato vede raddoppiate le attività dedicate a scuole superiori ed università; «Dal Dire al Fare va in città» un’iniziativa per toccare con mano cosa significa essere sostenibili; lo «spazio autori» per incontrare chi ha approfondito la CSR in diversi ambiti disciplinari. L’obiettivo è: accompagnare i visitatori in un percorso di conoscenza e di approfondimento sulla «responsabilità sociale». Al tempo stesso si farà di tutto per capire cosa dicono, ma soprattutto cosa fanno concretamente, le organizzazioni capaci di integrare business e sostenibilità.

 
In attesa dei resoconti dell’«agire responsabile» tornato di scena nel «Salone della Responsabilità Sociale d’Impresa», qualche considerazione prendendo anche spunto da un articolo: The Case Against Corporate Social Responsibility - WSJ.com. Un «articolo che merita di essere letto e discusso. È un tema controverso e la tesi proposta ha i suoi spunti interessanti».   L'idea che le aziende hanno il dovere di affrontare i mali sociali non solo è difettosa, sostiene Aneel Karnani, ma rende inoltre più probabile che verranno ignorate le soluzioni reali a questi problemi. E ancora le imprese possono fare bene facendo il bene? Sì, qualche volta. Ma l’idea che le aziende hanno la responsabilità di agire nell’interesse pubblico e fare profitto così è fondamentalmente errata. Le grandi aziende ormai di routine sostengono che essi non sono in attività solo per i profitti, che sono anche intenti a servire uno scopo sociale più ampio. Intuizioni influenti incoraggiano le imprese a perseguire strategie di questo tipo. Non è sorprendente che questa idea ha convinto più di così tante persone: è una proposta attraente. Si può avere la botte piena e la moglie ubriaca! Ma è un’illusione, e potenzialmente pericolosa. Molto semplicemente, quando sono allineati profitti privati ed interessi pubblici, l’idea di responsabilità sociale è irrilevante: le società che si limitano a fare tutto il possibile per aumentare i profitti finiranno per aumentare il benessere sociale. In circostanze in cui profitti e benessere sociale sono in opposizione diretta, un appello alla responsabilità sociale delle imprese sarà quasi sempre inefficace, perché i dirigenti non rischiano di agire volontariamente nell’interesse pubblico e contro gli interessi degli azionisti.
 
La Responsabilità Sociale d’Impresa può essere definita «integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate». Un comportamento socialmente responsabile monitorato e rispondente alle aspettative economiche, ambientali, sociali di tutti i portatori di interesse, fa conseguire all’impresa un vantaggio competitivo e l’obbiettivo di massimizzare gli utili di lungo periodo. Ne consegue, infatti, che l’apprezzamento del prodotto non unicamente dovuto alle caratteristiche qualitative esteriori o funzionali; bensì il suo valore è stimato in buona parte per le caratteristiche immateriali: condizioni di fornitura, servizi d’assistenza, immagine ed infine storia del prodotto stesso. Occorre sottolineare il fatto che la CSR non è filantropia o volontariato aziendale, bensì è qualcosa che fa parte del business. In sostanza, si chiede alle aziende di prendere consapevolezza delle azioni che si compiono e di renderlo pubblico. In relazione al concetto di responsabilità sociale dovrebbero essere sviluppati modelli di gestione aziendale innovativi, legati al tema dell’etica.
 
Un approccio economico che individua negli interessi degli azionisti la traccia portante della politica aziendale è postulata da Friedman con la teoria: «Friedman M. (1970), The Social Responsibility of Business is to Increase its Profits». Una visione pura ed essenziale che interpreta l’etica degli affari come un insieme di regole che segnano i buoni rapporti e le relazioni tra imprese, ma essenzialmente nell’interesse degli azionisti e per la creazione di valore economico. In sostanza, il rapporto con i portatori di interessi «stakeholder», e la dimensione sociale dell’impresa viene considerata secondaria. È di Milton Friedman il famoso detto:«business of business is business!».
 
 
Riferimenti
Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.