Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

GATTO PANCERI E IL SUO “SETTE VITE”: UN UOMO E LA SUA RINASCITA.

24/11/2003 19529 lettori
5 minuti

Squilli di un telefono.

Attesa.

Risposta.

Via.

Quanta emozione. In mente ricordi di frasi da “Una settimana e un giorno” e “Vivo per lei”, ma oggi appoggio sulla sedia l’abito da fan e mi vesto da intervistatrice, oggettiva, professionale, niente emozioni, o vacillamenti solo mero resoconto…

Difficile però. Trema già un po’ la voce, la mia. La sua no, è la stessa, la ritrovo, forte, accogliente, mette a proprio agio con quel subitaneo “tu” iniziale.

Da qui perdo la distinzione delle domande e risposte, verso un continuum interessante di concetti e pensieri.

 

- Allora, Gatto, come ti senti dopo questo lungo periodo in sala di registrazione?

Bene, anche se devo dire che questo tipo di esperienza di registrazione è del tutto nuova per me: non è stata una full immersion come le altre precedenti, bensì un’alternanza di momenti in studio con altri, due tre giorni in genere, di tournée e di contatto con il pubblico. Questa cosa all’inizio mi spaventava un po’, poi però l’esperienza è stata decisamente positiva, un arricchimento per noi musicisti e di conseguenza per il neonato album.

Da qui Gatto continua entusiasta, senza più bisogno di input: sai questo disco (che uscirà il 28 novembre ndr e andrà in tournée dall’anno prossimo) ha dei colori diversi, è un disco più vario, che ha soprattutto una confezione musicale diversa, tutta sua.

L’album nuovo l’ho chiamato “Sette vite” e ritengo sia un titolo azzeccato ed emblematico (al di là del gioco di parole “sette vite come i gatti”): è il mio settimo album infatti, e parla di rinascita in generale. Sai, nella vita si muore sempre un po’ dentro, ogni giorno, per vari motivi, ma poi, e qui si vede, si può rinascere, davvero, e più forti. Sono canzoni intensamente intrise di vita e non solo d’amore. Ed in questo si differenziano da quelle dell’album precedente “Vibrazioni”: qui non c’è solo amore e si va al di là dell’emisfero uomo/donna, anche se il mio pubblico riconoscerà, in ogni caso, il registro che mi caratterizza da sempre.

Gatto poi mi spiega carinamente che il ridondare nei suoi titoli dei pronomi personali di prima persona singolare e plurale e seconda plurale beh sono da ricondursi negli album precedenti all’attenzione data al rapporto uomo/donna, all’esplorazione della sfera affettiva, che però in questo album viene superata, quasi trascesa.

Ma l’album è nuovo non solo nei contenuti bensì anche nella forma, la sua veste è quella di musica di qualità: basti citare anche solo il numero dei musicisti che vi hanno collaborato: ventisei/ventisette contro i sei/sette degli album passati. E ognuno di loro recante una propria peculiarità e nazionalità: dagli archi francesi di Lione a Marcel Blanc a Marco Baroni a Michael Baker (già batterista di Giorgia e produttore di Whitney Houston) ai Planet Funk, solo per citarne alcuni. Un mix umano e musicale davvero peculiare ed altamente produttivo.

Ci dice con fierezza che è molto soddisfatto di questo album, e di solito, sottolinea, è abbastanza autocritico. E anche l’album piacerà molto al pubblico, aggiunge.

E procede procede e scalza attirando a sé ed incrementando attenzione ed interesse.

Ci parla di due delle nuove canzoni “Ridatemi l’anima” (ndr il singolo che uscirà il 21 novembre in radio) e “Confine”: la prima parla della perdita dell’ anima e della mancata naturalezza dei rapporti all’interno della società odierna (vedi internet_ o cellulare_dipendenza), la seconda invece…beh per la seconda basta anche solo la sua mera citazione: “non c’è una vita sola, io credo sia così..” e reitera il concetto, e convince ed è davvero intensamente così…

 

Pare che il mio compito sia finito ora, ma ho bisogno di sapere una cosa, ancora una: ho bisogno di vedere l’uomo Gatto Panceri un po’ svincolato e scevro dalle sue canzoni e da ciò che il pubblico vede…Risponde con semplicità naturale e disarmante che le sue canzoni gli fanno da specchio, che lì dentro c’è lui, l’uomo, e che ha sempre avuto, per indole, la tendenza a mettere nel lavoro ciò che egli è stato, e che ha vissuto e ha respirato: nei “solchi di un CD” Gatto parla di sé.

Poi lentamente, aprendosi, va uno step oltre: questo disco è frutto di una grande sofferenza, sai, è l’uscita forte e vittoriosa di un uomo da un problema personale che lo ha ferito pesantemente: questo disco e la musica, in melodia e parole, è stato per lui l’àncora, la rinascita.

E quest’ idea, conclude, è ricordata visivamente anche nella copertina dell’album: lui appoggiato ad un trono immacolato bianco che si staglia davanti ad un capannone devastato: perfetto segno di un passato triste e rovinato e rovinoso ma con un presente di rinascita, positivo, bianco, puro…

E ora tutto quanto davvero, anche per me, acquisisce una luce diversa.

Finito.

Felice.

Non solo intervista, ma bellissimo scambio umano. Grazie.