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Girotondo, la parola del mese di Agosto

03/09/2008 7822 lettori
5 minuti

 Il girotondo, metafora dell’accerchiamento pacifico del Palazzo, è anche un espediente per mandare nuovamente a memoria, tenendosi per mano, un’identità collettiva che sembrava perduta; una disarmante manifestazione di infantile ritorno alla condizione di rilassamento garantita dalla rassicurante e giocosa monotonia del movimento circolare; un modo di riattribuire valore, con il carattere pubblico dell’atto e la sua ripetizione simbolica, a un’idea partecipativa della politica: da una parte l’io ipertrofico e onnipresente del premier, con le sue intemperanze, i suoi eccessi, i suoi continui sgarri all’etichetta, la sua giovialità connaturata; dall’altra la logica paritaria, comunitaria, impersonale compresa nell’atto stesso di formazione di un girotondo, oltreché naturalmente nei suoi effetti.

“Il movimento della dimostrazione spettacolare si prova semplicemente girando in tondo”, ha scritto Guy Debord. I girotondini sembrano aver capito l’antifona: mostrano di voler puntare in fondo, per strade e finalità diverse, a quello stesso cittadino che Berlusconi ha saputo portare pazientemente sul campo dell’esibizione e della comunicazione televisiva, trasformandolo in spettatore delle sue vicende.

“Faremo una, cento, mille piazze perché nelle piazze c’è la politica, mentre nelle stanze del potere c’è la politica dello scandalo” (Antonio Di Pietro). Con le piazze in mano ai comici aspettiamoci però un ritorno in grande stile del vecchio Carosello. A guidare la rivoluzione delle coscienze al posto dei girotondini, a forza di spot interpretati dai politici, Annamaria Testa, Gavino Sanna, Oliviero Toscani o altri pubblicitari di fama. Rutelli potrebbe imitare Nino Castelnuovo che saltava la staccionata per l’olio Cuore, Bertinotti potrebbe intonare un vecchio slogan canzonettistico dei cornetti Algida (“Cantare, gridare, sentirsi tutti uguali”), Fassino potrebbe rifare il verso a Mimmo Craig: in una pubblicità dell’olio Sasso, risvegliandosi da un incubo in cui appariva goffo e sovrappeso, gridava di gioia: “La pancia non c’è più”.

 Massimo Arcangeli