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Ab Origine. Dal Primitivismo di Gauguin all’Età dell’Oro di Dostoevskij

30/08/2008 9603 lettori
4 minuti

Seguo tra gli altri l’intelligente intercalare del cicerone – in vero una dotta e garbata figura: saprò solo dopo che trattasi della curatrice della mostra, dott.ssa Beatrice Tetegan - ma mi perdo, vuoi per il francese che accettai con la presunzione di capirlo, vuoi per la limitata predisposizione all’avvenimento: causa una maldestra schedulazione degli appuntamenti della giornata. Non mi è facile a prima vista trovare quel filo conduttore di armonia sostenuto dalla curatrice, che, da quanto ho ripreso dalla stampa locale, dice di aver trovato l’ispirazione anche nella lettera agli artisti di Giovanni Paolo II, redatta in occasione del giubileo 2000: «epistola in cui si trovano i concetti di armonia e bellezza. Si tratta di concetti non basati sull’esteriorità, ma profondi e intrisi di religiosità».

Impegni mal coordinati mi costringono al controllo dell’orologio: cosa ridicola nella circostanza, specie in contrasto per chi è intenzionato a capire il senso della mostra e fruirne al meglio. È mia intenzione approfondire, quasi contemplare, l’introduzione a«Straordinarie e suggestive forme scaturite da esemplari viaggi dedicati alla modernità poetica del primitivo, attraverso partiture primigenie di armoniche forme di Bellezza della creatività contemporanea, sempre sfuggente di fronte ad ogni reale incontro di purezza», ed a seguire poter familiarizzare con «La mostra, dall’andamento di un fregio simbolista è sintesi di raffinata Bellezza e ricerca dell’identità primitiva da parte dell’uomo contemporaneo, spesso dimentico della sua propria origine, ricchezza interiore, creativo candore». Ho già fatto mio l’assunto che la pittura ha un'innegabile facilità di fruizione rispetto alle altre forme artistiche, ciò nonostante un matematico e fisico del XIII secolo, Witelo, sostiene che «l'occhio non può comprendere la forma vera delle cose con il semplice sguardo, ma sì con l'intuizione diligente». Ritenuto improbo il proposito e supponendomi disorganico nei confronti degli altri visitatori entrambi stranieri, al fine di predispormi con la dovuta attenzione chiedo commiato con l’impegno di ritornare. 

 Capire il bello è stato facile dopo aver sentito l’emotività dell’armonia.

Sono tornato con l’intenzione di poter andare oltre il «godimento estetico generico» l’intento è quello di poter riflettere con cognizione su quella tendenza dell’arte moderna che si rifà alle forme e agli stili espressivi tipici dei paesi, di strati sociali o di soggetti non partecipi della cultura ufficiale di riferimento. Il così detto Primitivismo: «nel corso della storia dell'arte europea e statunitense tale atteggiamento si è tradotto in scelte e valutazioni diverse, dettate dai differenti significati attribuiti all’aggettivo primitivo. Sono state di volta in volta prese in considerazione l'arte medievale, le espressioni creative infantili, le tradizioni estetiche di terre e regioni culturalmente e geograficamente lontane, come l’Oceania e l’Africa». L’occasione mi è propizia per rivedere e riprendere dalla storia dell’arte Gauguin quale uno dei pittori che maggiormente si avvicinarono al mondo «primitivo». E con Gauguin, altri artisti che si volsero all’arte primitiva «soprattutto africana» per trarne spunti creativi.

Il percorso espositivo propone le preziose icone della Collezione Orler del XVII sec., gli oli e i Bianchi a tecnica mista di Ezio Gribaudo cari a Giorgio De Chirico (è esposta una lettera del carteggio tra i due artisti), le maschere in cotto rosso di Giovanni Matano, le fotografie realizzate appositamente per la mostra da Diego Castagna, i Libri d’Artista Scriptor et Pictor di Eugenio Pacchioli, i tessuti di ispirazione russa realizzati da ETRO per la manifestazione. Comune denominatore fra le opere, pur nella varietà e peculiarità di ogni singolo percorso creativo, è il mito delle origini, in grado di fermare il tempo e sospendere il filo rosso della storia riportando alla vita archetipi originari. Per un’onesta riflessione corre obbligo dire quanto ostico mi è parso questo «comune denominatore» fino a quando non ha prevalso la sapiente disponibilità della Dott.ssa Beatrice Tetegan che attraverso una quasi improvvisa esplosione mi ha portato a riflettere sulla «sorpresa di un cuore vivo di fronte al Mistero della Bellezza», originando l’emotività dell’armonia. 

 



Riferimento

 

Ab Origine 

 

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.