Culture Jamming - 1
Tanti di noi hanno visto almeno una volta le irriverenti magliette firmate Adidash invece che Adidas o la famosa immagine che ritrae la bambina simbolo della guerra del Vietnam tenuta per mano da un sorridente Micky Mouse e uno sfavillante pagliaccio di Mc Donald o, ancora, il “santino” di S. Precario, protettore dei lavoratori sottopagati.
Sono immagini che ci hanno colpito, che ci sono sembrate particolarmente argute, che alcune volte ci hanno fatto riflettere o semplicemente sorridere, ma che abbiamo fatto fatica a definire, ci sono sembrate sfuggenti, difficili da categorizzare o da far risalire ad un unico filone artistico/espressivo. Tutto questo è il Culture Jamming!
Il termine culture jamming è stato usato per la prima volta nel 1983 dalla band musicale plagiarista Negativland per descrivere particolari alterazioni di cartelloni pubblicitari ed altre forme di sabotaggio mediatico. Si sviluppa rapidamente negli USA come forma di azione politica assumendo i toni del plagio e della parodia, per tradursi definitivamente in un’ aperta critica dei testi emessi dai mass media. Nato come fenomeno ristretto, che affonda le proprie radici nelle azioni di "disturbo culturale" messe in atto dai situazionisti sin dalla fine degli anni cinquanta, il Culture Jamming si trasforma in movimento di massa grazie alla rivista "Adbusters" la cui mission è quella di "ridefinire i datati paradigmi della nostra cultura di consumatori e di costruire una nuova comprensione del vivere".
Fondata nel 1989 a Vancouver, Canada, per volontà del suo attuale direttore Kalle Lasn, "Adbusters" oggi ha abbonati in 60 Paesi, collabora con Greenpeace e si batte contro l'erosione dell'ambiente fisico e culturale da parte delle grandi corporation industriali. Il collettivo canadese parte dal presupposto che chiunque ha il diritto di rispondere a immagini che non ha mai chiesto di vedere, dal momento che “le strade sono spazi pubblici e la maggior parte dei cittadini non può permettersi di controbattere ai messaggi lanciati dalle aziende con degli annunci propri”.
I jammers (sabotatori culturali) attraverso l'ironia, il paradosso e lo straniamento risemantizzano i messaggi dei grandi marchi internazionali, imposti dall'alto secondo una tipica logica distributiva post-moderna, stravolgendone totalmente il senso. Tale decontestualizzazione provoca un gap semantico tra i valori originari previsti per un messaggio e i significati reali percepiti dal consumatore ed è all'interno di tale divario comunicativo che si gioca l'incisività e il successo dell'interferenza culturale. Lo scopo di tale azione - leggiamo su Adbusters.it – è quello di evidenziare le strutture del potere e valori socialmente, ecologicamente e culturalmente negativi che si annidano nel mondo della comunicazione e in particolare nei messaggi pubblicitari delle grandi corporations globali. Estendendo la prospettiva d’analisi si può dire che il Culure Jamming è diretto a mettere in discussione gli stessi rapporti di forza soggiacenti al sistema delle comunicazioni: "Le relazioni di forza attive all'interno al sistema delle comunicazioni hanno la tendenza ad apparire normali, addirittura naturali e sicuramente inevitabili. Le guerriglie comunicative vogliono creare (..) momenti di confusione e distorsione, momenti che ci dicono che tutto potrebbe essere diverso […]”
In Italia, invece, l’esempio principe, è costituito da un collettivo che, come tanti altri nel mondo, ha sfruttato le potenzialità insite nelle pratiche del Culture Jamming per la realizzazione di una serie di beffe ordite a danno dei mass media e per la radicale critica ai concetti del diritto d'autore e della proprietà intellettuale: Luther Blisset.
Luther Blissett è uno pseudonimo multi-uso - una "reputazione aperta" - adottato in modo informale e condiviso da centinaia di artisti e agitatori europei dall’estate del 1994. Dalla data della fondazione al 1999, in Italia, nasce e si sviluppa un network più organizzato all’interno di tale comunità che prende il nome di Luther Blisset Project.
Durante gli anni di attivismo si susseguono innumerevoli beffe prevalentemente ai danni del sistema mass-mediatico italiano, allo scopo di svelarne le debolezze e i difetti. Tra queste: nel 1995 la scomparsa del fantomatico artista concettuale inglese Harry Kipper (mai esistito!) cercato da “Chi l’ha Visto?” in tutta Europa; nello stesso anno, il dirottamento di un bus notturno a Roma e l’organizzazione di un rave mobile all’interno del mezzo denominato “bus neoista”; nel 1997 la messa in scena dell’esistenza di sette sataniche nel viterbese e una volta svelata la finzione duro attacco ai media nazionali “che si erano bevuti tutto senza alcun approfondimento”; nel 1998/99 la mobilitazione dell’opinione pubblica italiana per il rilascio dello scultore serbo Darko Maver (anch’egli mai esistito!) rinchiuso in prigione in patria per condotta antisociale e successivamente ucciso durante un bombardamento NATO.
Durante questi 5 anni si diffondono innumerevoli leggende intorno a questo Robin Hood dell’informazione che in poco tempo diviene un vero e proprio “eroe folk”. Il libro pubblicato nel marzo del ’99 “Q.” riscuote un enorme successo a livello internazionale. Al termine del piano quinquennale tutti i veterani del Luther Blisset Project commettono un suicidio simbolico “il seppuku” e nel Gennaio del 2000 alcuni di loro si riuniranno sotto il nuovo nome Wu Ming, collettivo che sebbene orientato più verso la narrazione e letteratura, segue la radicale linea ideologica del suo predecessore.
http://it.wikipedia.org/wiki/Culture_jamming