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L'immagine, la Meretrice di Babilonia della modernità

19/04/2003 19166 lettori
5 minuti
Mattia Galdiolo ©
venerdì 7 marzo 2003

Corso di Teorie e Tecniche della Promozione d’Immagine del prof. Davide Rampello “Sull’Immagine”


L’immagine è un segno che serve da mediazione fra un concetto non immediatamente presente e il nostro bisogno di una sua rappresentazione “concreta” nella comunicazione.
Dire che le immagini sono un linguaggio le associa alle parole e in effetti se intendiamo immagini e parole come strumento dell’attività comunicativa e soprattutto cognitiva risulta difficile fare un distinguo.
Entrambe assolvono a funzioni e agiscono secondo regole simili.

L’immagine in tutti i sui aspetti è basilare nel sistema della comunicazione, grazie alla sua capacità di “seducere”a.
E’ seduttiva nel senso inteso da Kierkegard: l’assoluta assenza di partecipazione al sentimento simulato al fine di giungere alla persuasione.
E’ l’arte della persuasione, del traviamento. Il significato primario della seduzione è “seductio”, scindere, portare al male.

La seduzione si insinua nell’anima ma non è un elemento che parte delle immagini.
La capacità di farsi da esse sedurre è prerogativa dei sedotti, da essi parte questo meccanismo di auto inganno.
Essi costruiscono un “feticcio” in quale, secondo Jung, ha una sua realtà soggettiva incarnata dall’immagine percepita.
E’ erroneo pensare che la seduzione provenga dall’esterno, essa si sviluppa semmai all’internoc. La seduzione, o meglio la ricerca del seduttore è inconscia nel sedotto.
La capacità di penetrazione delle immagini, la loro proprietà di “seducere”, deriva loro dal ricostruire nei sedotti un mondo, suscitando in questo modo delle emozioni, soddisfacendo dei bisogni.
Per questo sono lo strumento più idoneo alla comunicazione moderna.

Evidenti le similitudini fra le immagini e le parole.
Rispondono a logiche simili: la connotazione etimologica di un termine cambia nel tempo e similarmente cambia la percezione sociale di una immagine, entrambe sono sottovalutate o addirittura non valutate. La parola come sottolineava Ortega y Gasset è utilizzata intendendo il suo senso in modo addormentatob. L’immagine prevede nel suo utilizzo di non essere percepita in quanto tale ma di essere avvertita come un oggetto reale, concreto, palpabile.
Tutte connotazioni che essa è ben lontana dall’avere.

L’uso delle immagini allo scopo di scatenare un meccanismo di seduzione nel destinatario della comunicazione è stato reso estremamente raffinato.
Tuttavia essendo esse composte della materia evanescente delle idee, è inevitabile che siano soggette a un margine di indeterminatezza.
Negli uomini tuttavia vi è una innata propensione ad alimentarsi di cose vaghe e parole ed immagini non fanno eccezione.

Questa elasticità, nella elaborazione della suggestione giusta per un target destinatario, presta tuttavia il fianco ad un pericolo di vacuità.
L’horror vacui cui i medium sembrano propendere (il vuoto non prevedendo un target di destinatario è idealmente “per tutti”) porta in certi casi alla profezia di Warhold, cioè una comunicazione composta di immagini vuote (in contraddizione con il fatto che le immagini sono un veicolo di significazione).

Vacuità da non confondere con la falsità, caratteristica questa insita nella genesi delle immagini, sia nel loro essere segni (“segno è tutto ciò che può essere usato per mentire” è una famosa definizione di Umberto Eco) sia nella loro capacità di sedurre.
Tuttavia la maschera che le immagini portano fa parte della loro natura di rappresentazioni, come sottolineò Erasmo Da Rotterdam: “la commedia umana non consente altro svolgimento”.

Abstract degli elaborati dei colleghi. L’immagine dalle definizioni che ho letto sembra essere un inquietante spettro concettuale.
E’ dentro di noi, è fuori di noi, su di lei ci sono granitici pregiudizi negativi che la vedono come una perfida creatrice di inganni.
Sembra una antagonista da fumetto: non è cattiva, è che la disegnano così.
Tentare questo abstract è come abbracciare uno spettro e traccia per questo ectoplasma è una frase.
“’immagine è fuori ma anche dentro di noi” e poco sotto l’elemento chiave: attribuzione di significato.
Pertanto rappresentando qualcosa (non solo a persone diverse ma anche a diverse parti della stessa persona come dice bene una frase “l’immagine è lo sguardo.
Specchio del mio ego” ) se ne crea in parte il contenuto (e se si esplica totalmente questo concetto se ne deduce che l’immagine è anche il suo contenuto e non una semplice rappresentazione in un gioco perpetuo di scatole cinesi).

Va considerato che l’immagine è uno strumento di comprensione, si fa perdere al concetto di immagine qualsiasi aggancio alla materialità della rappresentazione e la si fa spaziare in un campo di possibilità che va dal tattile all’olfattivo.
Questo strumento tramite un processo seduttivo fa si che “il niente diviene emozione” e ci permette di acquisire una conoscenza e di godere di quello che ci circonda.
L’immagine è un tramite fondamentale fra noi e il mondo e ci permette di esperirlo. Resta da tenere presente la contrapposizione fra la percezione di immagine come portatrice di illusioni e quella che vede l’immagine come un tramite inevitabile (e l’impossibilità conseguente di una comunicazione di verità).
Conciliandole entrambe, si lavorerebbe con uno strumento concettualmente molto pericoloso che renderebbe la comunicazione un gioco delle tre carte. Preferisco pensare che immagine sia “quello che ciascuno vuole che sia.
Il resto è solo immaginazione”.

Mattia Galdiolo
Mattia Galdiolo

Studente di SdC a Padova i miei interessi sono rivolti al mondo letterario ed editoriale.