Il marketing esperienziale
La rinnovata attenzione per la sfera del sensibile, tema che ormai da tempo domina la ricerca artistica, sembra ora influenzare anche il marketing. Teorizzato da Bernd Schmitt, professore alla Columbia University, il ‘marketing esperienziale’ è così chiamato in quanto si basa più sull’esperienza del consumo che sul prodotto in sé; per intenderci, non è ritenuto importante il prodotto “shampoo”, ma l’esperienza “lavarsi i capelli con quello shampoo”. Obiettivo primario della strategia di marketing sarà allora quello di individuare che tipo di esperienza valorizzerà al meglio il prodotto: secondo Schmitt esistono cinque diversi tipi di esperienza (da lui detti SEMs, o Strategic Experiential Modules):
- SENSE experiences ovvero esperienze che coinvolgono la percezione sensoriale;
- FEEL experiences ovvero esperienze che coinvolgono i sentimenti e le emozioni;
- THINK experiences ovvero esperienze creative e cognitive;
- ACT experiences ovvero esperienze che coinvolgono la fisicità;
- RELATE experiences ovvero esperienze risultanti dal porsi in relazione con un gruppo.
Il manager potrà costruire per i consumatori queste esperienze mediante il communication mix (Schmitt parla di ExPros, o Experience Providers), ovvero l’insieme degli strumenti che parlano della marca, inclusi siti internet, punti vendita e personale. Naturalmente, questi cinque tipi di esperienza potranno essere combinati tra loro a formare “esperienze ibride” o “esperienze olistiche” (nel caso in cui vengano combinate tutte e cinque). Il marketing esperienziale, che si differenzia dal marketing tradizionale per il fatto di costruire marche che interagiscono con le vite reali dei clienti, può venire in aiuto in diverse situazioni, ad esempio per rivitalizzare una marca in declino o per creare ex novo l’immagine e l’identità di un’azienda.
Come già accennato, una delle tendenze del marketing esperienziale riguarda lo spazio del punto vendita. Nel corso del seminario “Atmosfere e suggestioni: la metamorfosi del retailing", organizzato dal POPAI (Point Of Purchase Advertising International) per il convegno di Ac Nielsen 2001, è stata presa in esame la trasformazione del retailing, la cui causa principale è stata individuata nella trasformazione dell’entertainment. Il pubblico, probabilmente stanco della fredda virtualizzazione promossa dalla tecnologia, sembra aver riscoperto l’importanza del contatto umano e lo ricerca anche nel punto vendita, col quale vuole instaurare un rapporto partecipativo ed emozionale. Ecco allora che il punto vendita risponde dotandosi di strumenti comunicativi e di attrazione basati sulla stimolazione di tutti e cinque i sensi del cliente. In particolare, Enrico Finzi, in riferimento ad una ricerca condotta per Palmolive, ha indicato nel suo intervento le nuove tendenze: vista e udito, pur rimanendo i sensi principalmente coinvolti, sono oggi affiancati dall’olfatto, in quanto sembra che odori e profumi giochino un ruolo fondamentale sia nella fase di accostamento al prodotto sia nella fase di ricordo; il cliente, poi, all’illuminazione al neon preferisce le luci soffuse e i colori tenui. E’ approdata così anche in Italia la nuova forma di punto vendita denominata concept store e ispirata all’arte fusion: ne è l’esempio più recente lo spazio Boffi, aperto a Milano nel 1998 e riaperto al pubblico in questi giorni, in seguito al riassetto architettonico realizzato dall’architetto Piero Lissoni in collaborazione con la direzione marketing di Boffi. Uno spazio di 1200 metri quadri, sviluppato su tre livelli e organizzato in diversi ambienti che si differenziano tra loro per illuminazione, musica e profumazione. Fondamentale appare, dunque, il ruolo del design nella ridefinizione del punto vendita. Giovanni Anceschi, nella prefazione al libro di Dina Riccò “Sinestesie per il design”, parla di come nella nostra ‘cultura dell’artificiale’ l’impoverimento sensoriale sia dovuto a due spinte: da un lato, alla de-corporalizzazione cui ci spinge la tecnologia; dall’altro, al frastuono sensoriale che domina i luoghi pubblici e il mondo dei media. La progettazione opererà allora nel senso di una ricostruzione sensoriale, creando ambienti in cui i cinque sensi cooperino armoniosamente alla percezione, anziché venire narcotizzati (per mancanza di stimoli) o storditi (per eccesso di stimoli).
RIFERIMENTI
http://www.meetschmitt.com (il sito web di Bernd Schmitt)
http://www.popai.it (il sito web
D. Riccò, Sinestesie per il design – le interazioni sensoriali nell’epoca dei multimedia, ETAS 1999.
Gloria Pericoli