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Analisi di pubblicità a stampa: le tribù, i consumi vocazionali e il bloom

11/05/2007 24001 lettori
4 minuti

LE TRIBU’

Le Tribù si svincolano dal tutto tracciando i propri confini intorno ad un frammento ad alto contenuto emotivo.

Il concetto di bellezza diventa in questo caso il pretesto alla rivolta all’orecchiabile grido di UAU!.

Questo gruppo si riunisce indistintamente per le strade (come mostrava il video) seguendo la spinta aggregativa per l’attacco a ciò che è brutto e antiestetico.

Il movimento Against the Ugliness recupera i modi delle grandi proteste storiche, occupando la piazza con lunghi cortei e striscioni colorati, che attirino l’attenzione.

La dimensione partecipativa è legata ad un frammento ad alto contenuto emotivo, quasi passionale, se si considera la scontata repulsione umana per ciò che è ritenuto “brutto”.

Facendo leva su una fiamma impulsiva che divampa dalla consapevolezza di voler far scomparire questo “nemico potente” che è la bruttezza, la pubblicità mostra a mio parere una forma di “neotribù”. Lo è a tal punto da diventare una occasione alla partecipazione collettiva per poi terminare con lo spot stesso e riprendere con la navigazione in rete (direttamente sul sito http://www.uau.org/it/main.jsp)

Proprio all’interno del sito, una rivista virtuale, la BB Side introduce il nuovo claim che accompagna la pubblicità della Lancia (vedi pagina successiva). UAU diventa dunque uno spazio in cui la tribù metropolitana può trovare il suo spazio. In particolare in questo mese è la pelle a determinare il legame con la tribù, una sorta di segno estetico che legittima il bello e l’individualità.

Questa però non può che perdersi in una contraddizione in termini, dove l’appartenenza si aggancia all’effimero e all’indefinito concetto di bellezza – che fino a prova contraria rimane pur sempre un concetto legato ai propri gusti.

L’elemento della corporeità viene visto come segno distintivo di appartenenza, che in realtà non fa altro che richiamare forme espressive di tribalismo e alle pulsioni della condivisione collettiva, ma che svincola comunque l’individuo dal legame eterno con tale tribù. L’individuo cambia identità e cambia gruppo nel momento in cui incide nuovamente la pelle con tatuaggi colorati.

In questo la rete è d’aiuto proprio perché mezzo attraverso il quale disperdere e confondere o nascondere la propria identità.

L’istinto tribale di cui parla l’annuncio qui sotto richiamerebbe in ultimo l’appartenenza al gruppo pro bellezza e che rintraccia all’interno di una tribù virtualmente definita la sua passione verso il bello.

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CONSUMO VOCAZIONALE

LOREAL STUDIOLINE FIX & SHINE

“YOUR STYLE, YOUR STUDIO”

Come se fosse la lacca, il gel o la pasta modellante a definire l’individuo. Lo stile è rafforzato dal possessivo “your”: il soggetto sa così che il tempo dedicato alla costruzione del proprio style attraverso il prodotto contribuisce a creare esteticamente ma non solo la propria soggettività.

La forza del messaggio è palesata dall’ambivalenza della parola “studio”, nel richiamo al nome del prodotto e allo studio fotografico, televisivo o del palcoscenico che è ben visibile sullo sfondo. La metafora è dunque chiara fuori da ogni dubbio: lo stile che ci costruiamo si ottiene per mezzo di un consumo con il quale costruiamo un’identità che ci consente di occupare lo spazio sociale e funzionalmente connesso.

La libertà di scelta non è data dal consumo o meno di un prodotto in particolare, ma dell’uso che se ne fa. Da sempre Loreal ci propone acconciature fuori dagli schemi che sicuramente non vogliono passare inosservate.

La dimensione vocazionale di questo consumo può essere associata a mio parere al fatto che il consumatore possa ritenere il prodotto come espressione di una identificazione che in questo caso segue la forma estetica della cura per i propri capelli e quindi per il proprio aspetto. L’apparire diventa il riflesso di un nuovo modo di rappresentare se stessi ed è per questo che è sentita l’esigenza di dedicare il tempo alla propria immagine.

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BLOOM 1

SORPRENDENTE. UPIM

L’aver fatto proprie le regole da manichino di vetrina rende questo personaggio protagonista della pubblicità Upim un esempio di Bloom. E’ rappresentativo però non tanto il soggetto in sé quanto il concetto che vi si può estrarre.

Il desiderio di essere famosi e di apparire sui giornali con foto a tutta pagina si scontra con la pura comunicazione pubblicitaria. Nel centro dell’annuncio appare il top con le informazioni relative al suo prezzo e alle sue caratteristiche tà. Il concetto di Bloom si esprime allora nel fatto che si è pronti a immergersi nella “vetrinizzazione” con pose da non professionista, nel vuoto che porta il corpo a farsi puro sostegno per sostenere in bella vista il prodotto.

Visivamente è come se la parte umana si disancorasse dal prodotto attraverso la parte scritta, che in alto ci presenta la protagonista dell’annuncio e nel centro e in basso identifica il prodotto e la marca.

BLOOM 2

DENTRO I LIMITI FUORI DALLE REGOLE – TAGLIATI PER IL SUCCESSO

Il vuoto si ottiene nel non occupare una posizione, chiarificata da una contraddizione in termini. Non è possibile occupare uno spazio che non c’è poiché quello dell’annuncio ricade inevitabilmente in una contraddizione d’effetto.

La protagonista dell’annuncio vive il successo (visibile grazie alla corona e alla fascia) attraverso la sua acconciatura: con un claim che gioca sul doppio significato del taglio, questa pubblicità cerca di raccontare un’individualità che per arrivare allo scopo perde però il riferimento concreto con lo spazio che lo circonda (tanto da eliminare lo sfondo reale e proiettare la figura in un’immagine grafica). Senza contare che il verbo stesso tagliare delinea comunque un rapporto “doloroso” a ben pensarci, con chiaro riferimento alla recisione. La metafora dunque richiamerebbe un percorso difficile e anche pericoloso con il quale scontrarsi per arrivare al mirato successo, la cui strada è disseminata di ciocche tagliate…