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The Truman Show

07/12/2006 20407 lettori
5 minuti

La mia analisi verterà su due punti base:

1. Sfumatura che intercorre tra realtà e finzione,

2. Vita del protagonista Truman.

La moltitudine avrà un ruolo chiave rispetto a entrambi ed in particolare:

1. sarà gestito da quello che chiamerò attante collettivo 1;

2. sarà gestito da quelli che chiamerò attante collettivo 1 e attante collettivo 2.

Iniziamo col definire la natura spettacolare di quanto mi accingerò ad analizzare; questa si basa sulla logica del reality show, piuttosto nota alla mia generazione: un “uomo qualunque” (ovvero qualcuno giudicato interessante solo per il fatto che “vive” in tv) viene spiato dalla nascita 24 ore al giorno e sulle sue vicende, non solo girano miliardi di dollari, ma anche l’attenzione di intere nazioni. La critica al sistema mediatico dei reality e dei talk show è quindi piuttosto palese, qui portata all’estremo a causa del protagonista ignaro, l’unico a non essere cosciente di quanto succede[1].

Per spiegare la “spettacolarità” del film, dobbiamo fare delle considerazioni sui parallelismi con la Bibbia, così come ce la tramanda la cultura visiva e cinematografica. Emblematica è l’ultima parte del film in cui il regista si presenta come creatore e la sua voce arriva dal sole. Truman invece, più che come creazione, si pone nella situazione di attore che fa l’inchino prima di uscire di scena e di (ri)entrare nella vita reale: da questo punto di vista è chiaro il rimando al teatro e alla finzione sopra il palco che si conclude con il ringraziamento al pubblico, o meglio, all’attante osservatore che ha il ruolo di rendere tale uno spettacolo.

Per ciò che riguarda la moltitudine, lo spettacolo che ce ne viene è derivato dai suoi movimenti e dal suo continuo agire in funzione del protagonista per non farlo allontanare da quel mondo verosimile, per farlo cioè rimanere ignaro in questa grande finzione. La moltitudine agirà sempre compatta e, anche se gli attori principali risalteranno nella loro singolarità in questo processo, è il programma narrativo comune che li unisce al resto della popolazione di “Seaheaven”, nome simbolico della città fittizia. Nel perseguire il programma narrativo ci saranno azioni palesemente incentrate sul concetto di folla (ad esempio i maratoneti che lo travolgono, nessuno di loro è lì per spirito atletico, ma solo per bloccarlo fisicamente), ci saranno anche azioni singole (come Marlon che arriva sempre al momento “giusto”, cioè quando Truman sente il bisogno di qualcosa di diverso, qualcosa di più di quello che ha) ma l’apoteosi di questo spettacolo della moltitudine in cui proprio tutti si muovono all’unisono per un programma narrativo ormai palese, si ha alla fine del film quando tutta la città si riunisce per cercare Truman (che ha tentato la via di fuga verso la verità) e tutti gli abitanti marciano in lunghe file orizzontali molto simili alle parate militari.

I ruoli attanziali all’interno del film sono i seguenti:

Ø Attori di Seaheaven: attante collettivo 1 nonché destinatari, in quanto prendono in carico la missione affidatagli dal regista Christof. Marlon, Merly e la madre di Truman sono le persone più vicine al protagonista rispetto al resto della città (all’interno del film ogni attore rivestirà due ruoli attanziali, quello di “normale” cittadino di Seaheaven e quello di comparsa o attore principale).

Ø Pubblico da casa: attante collettivo 2;

Ø Christof (regista): è il destinante, colui che fissa i termini della situazione. L’emittente televisiva per cui lavora ha “legalmente adottato” Truman prima della nascita e l’ha fatto diventare la star del reality, una star inconsapevole di quanto accade intorno a lui.

Ø Truman: protagonista ignaro. La narrazione verte sul processo che lo porta ad ottenere la competenza, in questo caso un saper essere. All’interno della narrazione non farà mai parte dell’attante collettivo in quanto non ne condivide lo scopo, mentre invece avrà sempre una funzione (inconsapevole, almeno fino a che non scopre la verità) di collante della moltitudine, o come direbbe Canetti, di “scarica”.

Ø Silvia-Lauren (ragazza del college): è la vera aiutante del protagonista perché ha la competenza che manca a Truman e vuole estendergliela. I sentimenti che prova per lui sono sinceri e non sfuggono all’occhio delle telecamere e delle forze dell’ordine, infatti dopo la loro breve “fuga” in spiaggia, dove lei tenterà di confessargli che è tutto una messinscena, sarà fatta uscire subito dal reality. Chiaramente lei e Truman interagiscono solo per pochi minuti, ma il ricordo che lui avrà della ragazza lo spingerà sempre a voler allontanarsi dalla città per ritrovarla.

Ø Attante osservatore: grazie al punto di vista con cui si guarda la folla, questa si sposterà sul continuum da massa a moltitudine e viceversa. Questo ruolo attanziale è preso in carica nel corso della storia da personaggi diversi. Un attante osservatore può essere considerato lo spettatore cinematografico che guarda il film (attante osservatore inglobante, di cui non mi occuperò), è sicuramente l’attante collettivo 2 che osserva incessantemente le evoluzioni all’interno del reality (anch’esso inglobante). Infine assume il ruolo di attante osservatore inglobato prima, inglobante poi, anche lo stesso Truman. Il film inizia mettendo in scena la vita quotidiana del protagonista, una vita che sarà sconvolta nel corso della storia; fino a che lui non si accorge di niente può essere considerato un attante osservatore inglobato nella massa timica sociale, si sentirà parte di lei e si comporterà seguendo le sue regole. Quando inizia ad osservare i movimenti dei suoi concittadini e altri elementi all’interno del suo mondo, allora si pone come un attante osservatore inglobante che coglie il movimento della folla dall’esterno. Un rapido esempio è quando si rende conto che tre persone fanno il giro dell’isolato da circa un’ora per ricomparire davanti a lui sempre impegnati nel solito compito (portare un mazzo di fiori, guidare un’auto, ecc…).

Considerando gli attori del reality in chiave sociologica, ci sono delle riflessioni da fare sul coinvolgimento degli abitanti di Seaheaven. Nel corso della sua giornata, Truman interagisce di continuo con vari esponenti della folla; il linguaggio del corpo e le frasi scambiate possono far pensare al protagonista che chi si trova davanti a lui sia veramente impegnato in quello che fa, cioè che l’argomento della loro conversazione sia il fine stesso dell’interazione. In realtà l’attante osservatore “cinematografico” (anche il telespettatore televisivo) è al corrente che l’interazione con Truman è solo un mezzo e non il fine ultimo, è un coinvolgimento laterale subordinato dato che la folla tende ad avvicinarsi a lui e a rivolgergli la parola per i soli scopi del reality, ovvero prendere in carica il programma narrativo della regia o più semplicemente per riuscire a farsi inquadrare dalle telecamere nascoste.

Prima di approfondire l’argomento dell’attante collettivo 1, vorrei fare una premessa sul rapporto che lo lega al testo spettacolare e al testo drammatico. Il compito degli attori del reality è “fingere realtà”, più volte nel corso del film sarà affermato che all’interno del “Truman show” niente è finto, tutto è vero anche se controllato. In effetti chi recita non ha un copione cartaceo al quale fare riferimento, non c’è quindi un vero e proprio “testo drammatico” nel senso classico del termine, anche se nel corso del film è palese come le linee guida siano molto precise. Ad esempio Truman incontrerà sempre nei soliti luoghi determinate persone, Marlon gli dirà parole commoventi sulla loro amicizia suggeritegli da Christof; ma la scena chiave che dimostra come il testo spettacolare sia comunque veicolato da una specie di testo drammatico si ha verso la fine del film, quando alla popolazione di Seaheaven viene solo ordinato di mettersi in “posizione iniziale”: è impressionate come ogni attore sia disposto nello spazio in maniera così perfetta da riuscire a simulare tanta realtà, sembra di trovarsi di fronte ad una fotografia che ritrae la via di una città nell’ora di punta.

ATTANTE COLLETTIVO 1: Ciò che divide il mondo reale dalla sfera ovattata in cui è stato inserito Truman, non è tanto la volontà del regista-creatore, dato che in fondo è un mondo “verosimile”, quanto l’azione dell’attante collettivo 1. Infatti, se il regista Christof ha stabilito un certo ordine sociale, l’attante collettivo 1, con il suo agire, dovrà adeguarsi a ciò (regola base di ogni ordine sociale). È chiaro che, come in ogni ordine sociale che si rispetti, chiunque non si adegui viene sanzionato negativamente, in questo caso con l’uscita di scena messa in atto da particolari forze dell’ordine sempre vigili ma ben nascoste tra la gente. Così quando Truman decide di agire in maniera non prevista o non concessa dalla regia ecco che alcuni personaggi si mobilitano per intralciargli il percorso. Se consideriamo Truman come attante osservatore inglobato, queste “mobilitazioni” spostano il fulcro del continuum da moltitudine verso massa timica sociale, ovvero i cittadini chiamati ad intervenire in una determinata situazione mascherano lo scopo principale del loro agire (bloccare Truman nel suo percorso di conoscenza appena si fa largo in lui un dubbio) con scopi diversi dal programma narrativo comune. Approfondendo questa affermazione posso portare l’esempio di un gruppo di maratoneti che improvvisamente lo “travolgono” mentre cammina per la strada e si ferma ad osservare un uomo, credendolo il padre naufragato, oppure quando vuol vedere se sua moglie è effettivamente o no in sala operatoria e in un corridoio ospedaliero, vanno verso di lui ad una velocità notevole delle persone in carrozzina. In queste situazioni si ha un insieme di persone che si muovono all’unisono per raggiungere uno scopo principale, ovvero fermare il percorso di conoscenza che si fa largo nell’ignaro Truman, ma lo mascherano con altre attività di gruppo e sempre ben inserite in un contesto. È una moltitudine, un attante collettivo euforico, quello che si scontra sempre con il protagonista ma lui non sa che ogni singolo movimento dei suoi concittadini è regolato in sua funzione, egli vede solo persone comuni che vanno al lavoro, che buttano la spazzatura, che portano a spasso il cane; essi devono mascherare l’euforia provocata dalla scarica affinché il protagonista non sospetti niente, non riesca a classificarli come moltitudine, ma non è una disforia lo stato patemico che simulano gli abitanti di Seaheaven, perché la disforia è un “termine puro”; in realtà agli occhi di Truman si inscena una non-euforia che viene portata così all’estremo da fargli nascere dei sospetti e a riconsiderare la massa che si trova davanti come non-disforica. Egli però non arriverà mai a vedere l’euforia della moltitudine di persona, può solo immaginarla.

Invece, il processo di conoscenza che si fa largo in Truman nel corso del film, lo rapporta alla folla in tre stadi diversi, in ordine crescente di complessità:

a. Semplice folla, un aggregato di persone che si muovono per i loro diversi scopi quotidiani di cui lui fa parte e proprio perché si trova così immerso non si ferma mai ad osservarla. In termini ripresi dalla semiotica delle passioni, Truman si pone nei confronti dei suoi cittadini in termini disforici, è dentro una “folla” (gli abitanti della sua città) e non ne coglie il senso.

b. Massa timica sociale, quindi un aggregato di persone unite nell’ordine del passionale, dell’estetico. Truman nota il passaggio tra punto a. e punto b. nel momento in cui si sofferma ad osservare quello che lo circonda; la popolazione non è più semplicemente un composto di n individui ma un insieme ben definito di persone (lui ancora non sa che ad unirli è un programma narrativo comune). Questa fase viene rappresentata rapidamente nel film, sente nascere il bisogno di qualcosa di indefinito e passerà ad un atteggiamento non-euforico, una specie di “quiete prima della tempesta”. Da qui in poi il protagonista diventerà un attante osservatore inglobante, ovvero osserverà ciò che accade intorno a lui in maniera oggettiva e distaccata per tentare di capire le tante stranezze.

c. Attante collettivo, ovvero un insieme molare di persone che si muovono all’unisono per perseguire un fine comune. Per arrivare a capirlo, Truman metterà alla prova i suoi concittadini modificando il suo prevedibile comportamento di sempre e osservandone le reazioni che lo porteranno a formulare questa ipotesi. A questo punto si porrà nei confronti della moltitudine con euforia che però non sarà tale al 100% perchè non vedrà mai di persona la massa ritmica che si forma quando lo cercano (di cui mi occuperò tra poco), non sarà quindi fisicamente presente al culmine che ne decreta la natura di attante collettivo. In ogni caso prova attrazione e stupore per questo “spettacolo” che si profila davanti a lui ogni qualvolta decide di provocare la folla; la frase più emblematica del protagonista, che ormai sa per certo che si tratta di moltitudine, sarà: “Bloccata ogni via d’uscita! Sono perfettamente sincronizzati!”

L’attante collettivo 1 ha quindi la funzione di gestire il reality in modo che Truman non scopra la verità e, intrinseca a questa, c’è anche la funzione di manovrare la dicotomia realtà/finzione. Paradossalmente, con il suo agire, deve rendere reale (o almeno plausibile) quello che in realtà è fittizio. Il paradosso termina con l’embrayage di Marlon verso la telecamera che parla con il regista a fine ricerca: quello è lo stacco netto e decisivo che sancisce la fine della finzione. Truman è scappato e l’attante collettivo 1 esaurisce così il suo ruolo, manca la “scarica” che lo teneva insieme; non a caso quella è la sua ultima inquadratura nel film. In questo embrayage si ha quello che Everett C. Hughes definirebbe “rilassamento del ruolo” e finalmente emerge quello che è il reale coinvolgimento dei cittadini nella vita personale di Truman. Va anche detto che è proprio in quest’ultima scena che viene reso al meglio il senso di moltitudine, infatti, secondo Canetti, si parla di moltitudine al 100% quando la massa diventa “ritmica”, cioè persegue il suo scopo, oltre che con la compresenza, anche con il movimento comune. Una volta raggiunto il suo apice con questa specie di “marcia militare” alla ricerca di Truman, l’attante collettivo 1 cessa di esitere.

ATTANTE COLLETTIVO 2: il motivo per cui ho definito così il pubblico da casa è dato dal fatto che questa folla di persone persegue un comune programma narrativo che si traduce nella frase topica dei gadget del “Truman Show”, ovvero “how’s it going to end?”. La “scarica” che unisce questo particolare tipo di massa è sempre il protagonista che, con le sue vicissitudini (sicuramente anche monotone), fa “compagnia” a milioni di telespettatori. L’ho definito un “tipo particolare” di massa perché, se da un lato persegue un suo programma narrativo e i suoi limiti di espansione sono definiti con l’interesse che qualcuno prova nel reality, dall’altro lato non ha un “antisoggetto” a cui contrapporsi. Diciamo che questo attante rimane sollevato a metà tra il continuum massa chiusa VS massa aperta: non arriverà mai ad una disgregazione perché non ha importanza se il “Truman Show” continua o finisce, l’importante è avere qualcosa da guardare in tv, ma la sua crescita non è poi così spontanea ma regolata da particolari condizioni (passione per i reality). Anche nel continuum massa ritmica VS massa statica non avrà mai una posizione certa perché se la massa statica è tale quando sta in attesa di una scarica, questo particolare attante l’ha già ricevuta ma non arriverà mai ad unirsi in movimento, il reality si segue in tv e quindi a casa o al massimo al bar. Durate i momenti clou della vita di Truman (matrimonio) ci saranno maxi schermi davanti ai quali si raduneranno folle di fans ma una volta che il maxi schermo viene rimosso e i singoli componenti se ne torneranno nelle loro abitazioni, continueranno a seguire privatamente ciò che poco prima li aveva uniti in pubblico. La distribuzione della timia in questo attante non è molto complessa, infatti si può affermare che i suoi atteggiamenti sono sempre situati nella metà della zona non-disforica e euforica del quadrato delle passioni: essi sono sicuramente interessati al reality e ai suoi sviluppi, si pongono quindi con euforia verso la moltitudine che vedono in televisione ma il loro atteggiamento passivo e insulso (cosa che Peter Weir mette volentieri in risalto) non può concedergli un pieno status euforico.

In questo testo filmico la distinzione di spettacolo che ci propone de Marinis, ovvero presentazione/rappresentazione varia in base all’attante osservatore. Se consideriamo Truman come attante osservatore lo spettacolo sarà di presentazione, ogni movimento della folla (lui ancora non sa che si tratta di moltitudine) sarà fine a sé stesso, solo alla fine realizza che in realtà lo “spettacolo” che si trovava davanti quotidianamente era di rappresentazione.

In generale un film si rivolge sempre ad uno spettatore cinematografico, in questo caso lo “spettacolo della moltitudine” è a priori uno spettacolo di rappresentazione; un discorso analogo vale se si considera un attante osservatore l’attante collettivo 2. L’unica eccezione si ha quasi alla fine del film, nelle scena della ricerca di Truman: qui la folla mette in scena un atto puramente presentativo in quanto il suo scopo si esaurisce nella ricerca. Ormai Truman ha scoperto il gioco e tutti gli attori si spogliano del loro ruolo fittizio per trovare il protagonista scomparso.

Per quello che riguarda la dicotomia tra spettacolo di significazione e di comunicazione, va considerato che il film si divide in due parti in base al protagonista: il testo verte sulla presa di coscienza di Trumam che qualcosa nel suo mondo “è strano”. In questo frangente è possibile affermare che lo spettacolo dal punto di vista di Truman sia di significazione, ovvero mette in atto un lavoro semiotico di sola ricezione, si limita ad osservare le casualità del suo quotidiano e a realizzare che sono casualità troppo particolari. Quando le coincidenze iniziano ad insospettirlo, allora decide di adottare degli atteggiamenti anomali per provocare una qualche reazione sulle masse: ecco che lo spettacolo diventa allora di comunicazione. Truman agisce in modo volutamente anomalo per provocare una qualche reazione sui suoi concittadini e, puntualmente, loro rispondono alla provocazione come lui si aspetta che facciano.

Una discreta attenzione nell’analisi di “the Truman show” va posta nella descrizione dello spazio: il reality si svolge da 30 anni in una “sfera” gigantesca, al cui interno è riprodotto il mondo reale: case, strade, uffici, spiaggia, cielo, eventi atmosferici, ecc… il tutto con qualche variante rispetto alla realtà. Lo spazio che si configura davanti all’ignaro protagonista è quindi uno spazio aperto, mentre gli attanti collettivi sono coscienti che si tratta di uno spazio chiuso. L’attante collettivo 1 sa bene di trovarsi all’interno di uno studio televisivo gigantesco, uno spazio chiuso e puramente artificiale che riproduce in maniera verosimile uno spazio aperto (città) fatto di elementi artificiali (case, strade, ecc…) ma anche naturali (cielo, sole, mare, ecc…).

La nascita dell’attante collettivo 1 non segue un percorso graduale, si trova ad esistere di punto in bianco, quindi per loro Seaheaven rappresenta lo spazio in cui avvengono competenza, performanza e sanzione, è sia spazio utopico che paratopico. Accanto al programma narrativo principale che porterà Truman ad ottenere un saper essere, c’è un programma narrativo “secondario” che riguarda i continui scambi di battuta tra Truman e la moltitudine, un “gioco” continuo che porterà una folla di persone, di attori in questo caso, a formarsi come moltitudine ma a nasconderlo per mantenere la finzione che prevede il testo spettacolare del reality. Più precisamente ecco quali sono le fasi del programma narrativo “secondario”:

· MANIPOLAZIONE: la regia di un noto network americano provoca la “scarica” che forma una “massa chiusa”, cioè un insieme di persone che condividono uno stesso programma narrativo, alla quale vengono posti severi limiti di grandezza (l’attante collettivo 2 non può entrare a Seaheaven a meno che non sia la regia stessa a deciderlo e chi trasgredisce, viene punito con la fulminea espulsione) e che ha come imperativo principe quello di durare nel tempo il più possibile. Quindi Truman non dovrà scoprire la verità sulla sua vita. In termini pratici, suppongo che agli attori venga fatto sottoscrivere un contratto cartaceo a valenza legale in cui si impegnano a mantenere gli obblighi presi.

· COMPETENZA: la folla, una volta dentro lo studio televisivo, prende in carico il programma narrativo comune e si impegna a mantenere Truman nella sua “ignoranza”. È in questa fase che troveremo soggetti impegnati a muoversi singolarmente o insieme per fare in modo che il protagonista non vada in determinati posti o non veda determinate persone o cose.

· PERFORMANZA: Truman capisce che nella sua abitudinaria quotidianità c’è qualcosa che non va: la stazione radio che segue sempre quando va al lavoro in auto dà le coordinate in cui si trova e l’attante collettivo 1 si mobilita per fargli credere che c’è stata una semplice interferenza con la stazione di polizia (infatti il quotidiano che acquisterà subito dopo riporterà l’articolo della cattura di un ladro nella zona in cui si trova il protagonista). A questo punto Truman inizierà a comportarsi in maniera da suscitare una qualche reazione nei sui concittadini e lui osserverà ogni loro movimento fino a realizzare che si trova al centro dell’attenzione di una moltitudine.

· SANZIONE: ormai l’attante collettivo 1 ha fallito il suo compito, manca la “scarica” che lo teneva insieme, Truman è scappato e non riescono a trovarlo. Dopo le vane ricerche, l’attante collettivo 1 non ha più senso d’esistere. Il film non fa vedere cosa succede a tutti gli attori di Seaheaven, Peter Weir blocca le riprese alla folla nel momento in cui diventa palese la loro sconfitta.

L’attante collettivo 2 invece, durante la fase che porterà Truman alla consapevolezza della sua esistenza, si limita ad osservare incessantemente le evoluzioni del reality, è il loro passatempo. Quando Truman decide di uscire da quella vita fittizia per ricongiungersi con quella reale, alcuni di loro si disperano, altri sono felici per lui, ma alla fine nessuno è veramente interessato, quello che conta è avere qualcosa da guardare in tv. Lo scopo dell’attante collettivo 2 all’interno del film è puramente parassitario, solo Silvia-Lauren, da telespettatrice qual è diventata dopo essere stata espulsa dalla trasmissione, si pone attivamente nella questione perché ha interesse personale nei confronti del protagonista, perché quella vita l’ha vissuta e ha capito che è tutto un grosso errore, che è ingiusto negare consapevolezza di sé stesso ad un individuo. Per concludere, l’attante collettivo 2 ha un “non ruolo” all’interno del film, il suo solo merito è stato quello di porre i termini per avviare la manipolazione, per il resto si limita ad osservare passivamente e a investire le proprie sensazioni intime in fatti che, non solo non lo riguardano, ma che sono semplicemente fittizi per tutto il mondo, escluso l’ignaro Truman.

Adesso toccherò l’ultimo punto di analisi, ovvero la scoperta dei valori profondi che stanno alla base del racconto. Come ho già spiegato, la moltitudine, con il suo programma narrativo, gioca un ruolo importante nel corso del film: è grazie a lei che Truman inizia a sospettare di trovarsi al centro di qualcosa e, grazie alle sue risposte alle provocazioni, che ne ottiene la certezza. I movimenti dell’attante collettivo 1 e del protagonista sono dovuti proprio a questa situazione che oscilla tra realtà e finzione. Truman è stato “legalmente adottato” da un’emittente televisiva e inserito in un mondo che sembra vero (quindi un mondo verosimile), ma ad un certo punto gli eventi intorno a lui (caduta riflettore, pioggia solo su di lui, radio che trasmette la sua posizione, e via dicendo) lo portano a pensare che forse il “suo” mondo non sembra quello che è. Quando poi va avanti con le provocazioni e la folla si comporta in modo sempre più strano, realizza che la realtà in cui ha vissuto non è quella che credeva, si accorge di essere stato ingannato per ben 30 anni e tenta la fuga in mare aperto verso la “verità”. Una volta arrivato al “capolinea” (l’orizzonte viene bucato dalla prua della barca) viene finalmente messo al corrente di ciò che realmente è ed è stato per tutto questo tempo.

Il protagonista si congiunge finalmente non solo con l’Oggetto di valore che è il “sapere”, ma gli viene anche data la libertà di scegliere: ha la possibilità di rimanere in questo mondo che adesso è chiaramente catalogabile come falso, oppure entrare a far parte di quella che è veramente la vita reale. Il confine tra realtà e finzione prende finalmente corpo. All’inizio del film, in un’intervista, Marlon afferma che “niente nel “Truman show” è finto, tutto è semplicemente controllato”; lo stesso Christof ribadisce questo concetto. Ma elementi tipo la moglie impeccabile come una bambolina di porcellana, l’amico del cuore che arriva sempre al momento giusto, sorrisi e gentilezze tra vicini di casa e conoscenti, non fanno parte continuamente e incessantemente della vita quotidiana. Un particolare interessante a questo proposito è la trasmissione che si occupa di commentare il reality (ogni reality show che si rispetti ha un “serio” approfondimento della vita al suo interno), “pura verità”. Sicuramente Truman era l’unico personaggio vero, ma pilotato dalla moltitudine, pilotata a sua volta dalle telecamere e vorrei evidenziare che “pilotare” ha un significato aggiunto del semplice “controllare” (questo presuppone una certa dose di passività).

Il film mette in dubbio la seguente affermazione: “vero viene definito ciò che è quello che sembra”. Mai farsi ingannare dalle apparenze, la ricerca della verità può essere difficile e, a volte, deludente, ma per il genere umano ha sempre assunto un’importanza fondamentale. Anche su questo punto Christof dirà la sua quando Silvia-Lauren lo contatta al telefono nel corso di un’intervista televisiva. Alle lamentele della ragazza su come giostra la vita del protagonista risponde che “evidentemente Truman preferisce una prigione dorata”. Il punto è che ad alcuni la “prigione dorata” non basta, chi ha voluto veramente fare il cosiddetto “salto di qualità” (Galilei potrebbe essere un esempio) non si è mai fermato al semplice sembrare.

BIBLIOGRAFIA:

Erving Goffman: il comportamento in pubblico

Ugo Volli: manuale di semiotica

Juan Alonso – dalla massa sociale all’attante collettivo (all’interno de “il contagio e i suoi simboli” saggi semiotici)

George Orwell: 1984

E. Canetti: massa e potere (in particolare cap. 1)



[1] Benché il romanzo di Orwell “1984” sia considerato inquietante per il fatto che al suo interno ci sono delle previsioni di un mondo governato dai totalitarismi in cui l’individuo non ha la minima libertà di azione o di pensiero a causa delle telecamere piazzate ovunque dal regime, con “the Truman show”, a mio avviso, si raggiungono livelli ancora maggiori di angoscia, uniti all’irritazione non solo di essere privati di ogni libertà, ma per non sapere di esserlo, il che porta a vivere un’esistenza quotidiana meramente normale in una pseudo-città dal nome simbolico di “Seaheaven”.