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Analisi Semiotica del Manifesto pubblicitario della Cinzano (Leonetto Cappiello, 1910)

08/09/2005 34175 lettori
5 minuti

L’analisi dell’opera di Cappiello è di sicuro di notevole complessità. Le poche notizie sull’autore e sulle sue tecniche hanno in me aggravato l’esecuzione dell’analisi stessa (oltre che poco conosciuto, le notizie e la bibliografia di quest’autore si contano sulle dita di una mano).

Nonostante tutto, la mia analisi semiotica del manifesto si basa sul modo di esistenza semiotica semi-simbolico cercando di estrapolare, attraverso una visione astratta del dipinto, eventuali contrasti plastici, ripartendoli nelle tre categorie, cromatica, eidetica e topologica. È necessario, quindi, a mio avviso riassumere brevemente i concetti semiotici su cui si basa il mio lavoro.

Comunicazione visiva

Fu Algirdas Greimas, uno dei più illustri esponenti della scuola di Parigi, a sviluppare dei primi approcci sulle nozioni di concetti semiotici. Per Greimas bisogna prima di tutto distinguere tra semiotica delle lingue naturali, riferendosi dunque alle lingue verbali e alle loro trascrizioni e semiotica del mondo naturale. Quest’ultima presuppone che per rendere il mondo significante sia necessario porre su di esso una griglia (la cultura), uno schema di rappresentazioni che ci consenta di identificare le figure come oggetti, classificarle e collegarle. Nella semiotica del mondo naturale, affinché l’uomo riesca a raggiungere i propri fini comunicativi e di significazione, le figure devono essere trasmissibili e riconoscibili.

Detto questo, risulta impossibile “comunicare” grandi blocchi; bisogna ridurre il mondo in tratti: i formanti figurativi (che costituiscono le figure del mondo) dal punto di vista del contenuto; i formanti plastici dal punto di vista dell’espressione. L’idea di Greimas è che anche i messaggi visivi abbiano un piano dell’espressione e un piano del contenuto.

Dalla scuola di Parigi sono state individuate tre diverse tipologie di categorie ovvero delle opposizioni che, nel momento in cui vedono richiamato un termine, mettono automaticamente in gioco anche il secondo: le categorie cromatiche (costituite da contrasti di colore), eidetiche (costituite da contrasti tra figure geometriche astratte) e topologiche ( costituite da contrasti tra posizioni topologiche).

Alla base di questo processo, per Greimas, sussiste un particolare modo di esistenza semiotica, il semi-simbolico, che va ad aggiungersi a quello semiotico (il piano dell’espressione e del contenuto sono non conformi e non isomorfi) e a quello simbolico ( i due piani sono conformi e isomorfi).

Categorie cromatiche.

L’opera, bellissima nella sua semplicità, è una fra le prime opere del maestro Cappiello. Il linguaggio della primo periodo dell’era della cartellonistica pubblicitaria è sotto tutti gli aspetti incentrato in uno stile liberty. Le immagini sono ancora allegoriche; le industrie che affidavano la loro comunicazione pubblicitaria ai cartellonisti spesso chiedevano immagini ispirate alla mitologia. Proprio sotto quest’aspetto si colloca l’immagine del Cappiello.

Cappiello fu, forse, tra i primi cartellonisti ad utilizzare per la prima volta un numero maggiore di colori nelle sue opere (nel cartellonista Marcello Dudovich, il manifesto per l’opera teatrale “Tosca” era improntata da contrasti di luce ed ombra).

Il manifesto è un’esplosione di colori forti, accesi, di forte impatto con il pubblico (del resto l’obbiettivo di quest’opera era quella di attirare l’attenzione del pubblico).

Il contrasto plastico più eclatante che si impone a livello cromatico può estendersi in tutta l’opera; è quello tra l’intenso “rosso sangue” del cavallo (che in questo contesto sembra assumere un carattere mitologico) e l’etereo e calmo color “bianco” dell’uomo e della sua ondulata tunica che doma il cavallo con estrema sicurezza, che ha nella mano sinistra la bottiglia della bevanda alcolica reclamizzata.Il volto e il braccio dell’uomo, però, sono di un color marrone e rosso, che riprende da un lato il colore del cavallo e dall’altro le particolari sfumature della parte superiore dell’opera.

Altro evidente contrasto cromatico è presente tra i colori di sfondo ovvero tra il verde scuro presente nella parte superiore ed inferiore rispetto all’intero manifesto e il violetto che fa da sfondo all’immagine principale.

L’immagine principale può essere intesa come se si trattasse di una vera e propria figura mitologica: l’uomo con la tunica bianca e con la bottiglia nella mano sinistra può identificarsi con la massima divinità di Zeus e il suo colore pallido può rappresentare il distacco dalla vita terrena e l’eterea appartenenza ad una sfera divina; il colore rosso del cavallo può rappresentare la forza e la potenza caratteristica di ogni divinità; un rosso fuoco che si scontra e si amalgama con la bellezza divina. Gli altri due colori principali hanno anch’essi due significati espressivi importanti: da un lato il verde scuro che può essere inteso come il verde della terra(quindi appartenente ad una sfera umana) e il violetto che da la sensazione di una situazione di calma e di stabilità.

Queste correlazioni sono espandibili anche attraverso un quadrato semiotico dei termini opposti umano (verde scuro)- divino (bianco)/non-umano(rosso) – non divino(violetto).

Dunque dal punto di vista dell’espressione il divino è rappresentato dalla figura principale che doma il suo cavallo rosso fuoco grazie a delle redini che riprendono il colore di questa quasi fantasmatica entità divinizzata. L’umano è rappresentato dalla presenza del verde che riecheggi; stabilità che si allinea con la sfera umana.

Categorie eidetiche

Le categorie eidetiche definiscono le configurazioni plastiche a livello della forma (es., convesso versus concavo) e dei contorni (es., retto versus curvo). Sono costituzionali, perché permettono di cogliere una configurazione plastica. Più nello specifico vengono considerate “costituite: focalizzano certe superfici nella loro funzione isolante e discriminante. Nell’opera del Cappiello sono evidenti numerosi contrasti, sia per quanto riguardo l’immagine principale, sia in riferimento al nome del marchio (CINZANO, VERMOUTH TORINO).

In primo luogo è evidente il forte contrasto tra le linee rette e ben marcate della zebratura del cavallo rosso e il lento ondeggiare della tunica dell’uomo. È come se la leggerezza della creatura divina riesca a dominare l’irascibilità e l’indomabilità dell’animale; un animale forte e potente che sembra scalciare e impennare; un animale, domato dalle redini dipinte con un orientamento morbido e ondeggiante quasi a voler dimostrare che la creatura divina riesca a domare il cavallo non grazie ad una forza meramente fisica ma grazie ad una forza “interna” nella divinità riconducibile ad un’attività psicologica e mentale.

Le pennellate sono opache e non ben definite nella parte superiore ed inferiore del dipinto; due posizioni che possono considerarsi il cielo e la terra nella quale si inquadra l’entità divina e il cavallo; un’opacità che interessa anche la mano della creatura divina che sembra toccare quindi il cielo(che appartiene sempre ad una sfera terrena; gli dei stanno al di là del cielo) e che regge quasi come un “trofeo” la bottiglia del marchio reclamizzato.

La bottiglia dunque è dipinta a metà fra la precisione (curiosamente sono visibili nella bottiglia anche l’etichetta e la parte inferiore del tappo), l’opacità e la non definizione; una scelta che può essere intesa con un’interpretazione chiara: la bottiglia, che poi è l’oggetto principale del manifesto (l’oggetto della rèclame), viene considerata come un’entità appartenente sia alla sfera divina che alla sfera umana. La bottiglia (e soprattutto il contenuto di essa) è il denominatore comune fra le due sfere e mette in relazione gli uni con gli altri. Le pennellate e la tecnica pittorica risaltano il contrasto tra il concetto di perfezione e il concetto di imperfezione (perfezione sta a sfera divina come non- perfezione sta a sfera umana).

È possibile dunque ricreare un quadro semiotico fra i termini opposti: perfezione (entità divina)-imperfezione(cielo)/non perfezione(che a livello espressivo rappresenta la sfera terrena)-non imperfezione (il secondo sub-contrario corrisponde ad una sfera divina).

Sembra dunque che Cappiello, nel realizzare tecnicamente la sua opera operi una netta divisione, che come abbiamo visto si rispecchia anche a livello dell’espressione: il divino, ovvero la figura principale che doma il cavallo dal carattere burrascoso è rappresentato da linee ondulate, morbide che rievocano un senso di leggerezza caratteristiche di un ambiente ultraterreno. L’entità divina sembra quasi un angelo, che con molto autocontrollo riesce nell’impresa di fondersi con la dinamicità del cavallo rosso. Tutto ciò realizzato nell’insegna di una perfezione estetica e pittorica impeccabile. E l’umano, segnato da una persistente imperfezione pittorica; intenzionale o non-intenzionale che sia, sembra che Cappiello presti una maggiore attenzione per quella che è l’atmosfera divina,sminuendo con tratti imprecisi e opachi ciò che può essere ricondotto dunque ad un’atmosfera terrena e quindi umana.

Categorie topologiche

A livello topologico l’opposizione che risalta maggiormente è quella sinistra-destra. Le zampe anteriori del cavallo rosso(o “zebra rossa”) insieme con il braccio sinistro della creatura divina si proiettano verso destra in alto, volte verso l’infinito, verso una sfera ultra terrena. Con le caratterizzazioni topologiche, il dipinto di Cappiello appare più comprensibile: la creatura, domando la sua “zebra rossa”, fugge dal mondo terreno con la bottiglia del prodotto reclamizzato rifugiandosi quasi con vittorioso atteggiamento nella sfera di propria appartenenza. Si noti l’estensione del braccio sinistro, volto verso l’alto che imprime un senso di dinamicità all’intera figura.

Il cavallo, che è il mezzo di trasporto dell’entità divina, si lascia trasportare dal proprio cavaliere che lo trascina nel proprio mondo. L’animale è in movimento: sembra quasi che scalci, la testa è volta verso il basso come se avesse l’intenzione di non volere seguire il proprio cavaliere; paradossalmente le redini, che dovrebbero essere tese, appaiono molto lente ed ondulate.

L’intera figura non ha un piano d’appoggio; non si spiega se Cappiello abbia operato una scelta del genere, intenzionalmente. Di sicuro nelle sue precedenti opere Cappiello utilizza la stessa tecnica: l’assenza di un piano. L’immagine appare circoscritta entro un piramide con una base curva; la base che è espressa graficamente con il brand name del prodotto.

Entro questa piramide gli arti della creatura divina non toccano mai la parte superiore del dipinto e, ricordando ciò che abbiamo detto prima,la perfezione dell’entità divina non si “confonde” o non si vuole confondere con la sfera (“imperfetta”) umana. Anche il cavallo, con le sue lunghe gambe e i suoi gialli zoccoli non entra mai in contatto con i bordi del dipinto.

È tutto armonioso e libero: la figura divina con il suo cavallo entro un ipotetico triangolo appaiono equilibrati ma fissi e volanti allo stesso tempo.

Da questo presupposto ritengo, forse in modo estremistico, che l’immagine risulti “statica nella sua dinamicità”. Sembra quasi che i due concetti lottino fra di loro: da una parte si ha la sensazione di una prospettica dinamica rappresentata dalla tensione della figura divina e della “zebra rossa” verso l’alto; dall’altra parte si ha una sensazione di equilibrio e armonia: un’immagine inquadrato entro la più prototipica figura geometrica piana, ovvero il triangolo; La testa rappresenta il “vertice” dell’ideale triangolo, gli arti inferiori e superiori del cavallo riempiono la superficie del triangolo.

Infine, andando più nel dettaglio notiamo della presenza nel dipinto di un oggetto posto proprio sotto gli arti inferiori della zebra rossa. Che cos’è? Una macchia o un qualsiasi tipo di oggetto fantascientifico?

Se guardiamo l’opera nella sua totalità, la suddetta “macchia “ si presenta in corrispondenza della bottiglia. È se si trattasse del liquore fuoriuscito dalla bottiglia sopra il quale si basa tutto il manifesto? Notiamo che come l’intera figura centrale, il liquido in questione è posto nel dipinto senza possedere un vero piano d’appoggio. Dunque il liquido fluttua all’interno del quadro ma allo stesso tempo appare statico e immobile, capovolgendo ogni legge fisica.

Cappiello sconvolge…

Vampirismi…

Secondo Gian Paolo Cesarani, Leonetto Cappiello è il “nume tutelare dell’epoca”: di lui un critico francese scrisse spiritosamente che dall’Italia arrivava sempre qualcosa di buono. E Matisse aggiungeva: “nei suoi manifesti, che considero gli affreschi della nostra epoca, ho sempre trovato straordinare qualità usate in modo troppo modesto”.Cappiello interessa molto una storia della pubblicità, perché non è solo un grande creativo, ma un professionista che si dirige verso una ricerca che è ancora oggi il fondamento della comunicazione: “la memorabilità”.

Simona De Iulio lo paragona a tal proposito ad artisti interessanti dell’ “ambito liberty e Jugendstil”, la cui ricerca aveva portato ad oltrepassare “la soglia dell’astrazione”, ricorrendo “a un’ immagine ambigua, priva di un referente riconoscibile, una sorta di marchio utilizzabile non solo per il manifesto ma anche per illustrazioni ed imballaggi”.

Cappiello, dunque, si diresse verso un’analoga ricerca di “memorabilità” rimanendo nel figurativo e facendo ricorso a personaggi-idea (un Pierrot sputafuoco, un cavallo rosso zebrato, un folletto che esce da un’arancia) che, provocando stupore nel pubblico dovevano rendere fulmineamente riconoscibile e memorizzabile il prodotto. Cappiello fu inoltre definito come l’inventore del “manifesto-marchio”: un’opera che fulmineamente comunica l’essenza del prodotto e la sa rendere memorabile.” Il successo dei personaggi di Cappiello è tale che quando il lavoro è suo, il pubblico non chiede neppure più il prodotto, ma la “Zebra Rossa”(Cinzano), o il “Pierrotche sputa fuoco”(Thermogène). Per quanto riguarda la storia della tecnica pubblicitaria, bisogna sottolineare anche un problema non indifferente in tale apoteosi: il “vampirismo”. Quando il protagonista di una campagna diviene troppo famoso, il prodotto è “vampirizzato”, fagocitato dal personaggio che gli viene abbinato. Sembra comunque che è Cappiello stesso,in parte, a fagocitare l’attenzione.

FINE

Luciano Cusumano

BIBLIOGRAFIA

· Calabrese Omar, Lezioni di Semisimbolico. Siena: Protagon (1999)

· Volli Ugo, Manuale di Semiotica. Roma-Bari: Editore Laterza &figli (2000)

· Mostra retrospettiva di Leonetto Cappiello, 1875-1942, Caricature, bozzetti, manifesti, Casa della Cultura, 3 settembre-9 ottobre 1960, Municipio di Livorno.(on line)

· Monti Raffaele e Matteucci Giuliano (a cura di), I Postmacchiaioli.Roma, Edizioni DeLuca, (1994)

Webgrafia

www.giornalediconfine.net/

www.attracco.it

http://guide.supereva.it/

www.pubblicitarte.it

www.artonline.it

cover photo: Fontebranda, Siena. Maggio 2005