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Consumo dunque sono

06/05/2005 13193 lettori
5 minuti
Il consumo è terreno fertile amato da sociologi ed antropologi. Lo intendono come attività culturale, come acquisizione di un bene che dona aspettative di status e legittimazione. Abiti, automobili, arredo, complementi, cibi, quali appendici della nostra identità, spesso del nostro corpo costruiscono il nostro status, gusto, stile di vita, sommandosi alla sola ‘funzione’ insita nel bene ( sedersi, spostarsi, coprirsi, sfamarsi ). C'era un curioso docente nell'a,erica dei primi del '900. Thorstein Veblen era di origine Norvegese. Fino all'adolescenza è vissuto secondo le strette regole nella comunità scandinava con la quale la sua famiglia era emigrato negli States. Verso i 15 anni ne uscì e si tuffò nell'allora opulenta ( Hollywood già dettava il way f life a stelle e strisce ) società americana. Parecchi anni prima della crisi del 29, che poi avrebbe profetizzato. Inizio gli studi classici e poi economici e divenne famoso per la teoria dello 'sciupio vistoso' secondo la quale la massimizzazione del prestigio sociale si ottiene con l’ostentazione che segue l’acquisto ). Tramite l’acquisto del bene/oggetto ci appropriamo del suo significato sociale condiviso, lo evidenziamo e lo mostriamo, lo rendiamo parte della nostra identità, lo consideriamo segno e distanza ( Bordieu ) come distinzione all’interno dei nostri personali gruppi di riferimento. Veblen inziò un filone di studi che considerava del prodotto la visione economica classica (valore d'uso) affincandogli un'altrettanto importante componente psicologica ed emotiva (valore di scambio). Importante anche la contemporanea apparizione di varie tipologie di ‘luoghi’ in cui distribuire tali merci, ovvero di mediatori, empori, negozi in cui esporre, proporre, chiudere la vendita, concludere l’acquisto. La nascita delle filiere. Studiare cosa ci porti ad interessarci di un oggetto il cui messaggio ci è giunto da mille canali diversi ( media, amici, vetrine ), elaborare il suo significato soggettivamente e riformularlo sotto forma d’acquisto con diversissimi scopi ( uso personale, regalo, etc…) è cosa ardua ma intrigante. Sfido chiunque a sostenere che lo spremiagrumi di Starck per Alessi sia stato pensato come indispensabile oggetto da cucina e non come oggetto feticcio, oramai monolito del ‘900, utile come suppellettile o distinto regalo da tenersi sottobraccio e da presentare alla padrona di casa sorridente sulla soglia, al posto della desueta bottiglia di liquore, prima d’iniziare la cena cui siamo stati invitati. Il punto è che Alessi stessa ha concepito il progetto in quanto tale. Nessuno ha mai pensato che lo spremiagrumi di Starck fosse uno spremiagrumi! E se riuscite a non far cadere i semi nel bicchiere.... La libreria Carlton di Memphis ( 1981 ) oppure i Post Computer Games di MAGIS ( 2002 ) vanno a lambire la storia dell’arte, il primo, e la cultura materiale i secondi. Significati condivisi da chi sceglie di acquistarli. Nella moda poi risulta fin troppo facile parlare di messaggi condivisi e di loro calcolata breve vita. L’aura che spesso circonda tali oggetti, la presenza in un luogo di vendita preciso, è testimoniata da fenomeni corali come Swatch e Smart, come Body Shop e Lush, contenuti in spazi design talking che identificano nell’attività di consumo, nella coerente sceneggiatura offerta ai propri avventori, la possibilità di unirsi ad una comunità, il far parte di una tribù, ( pensiamo ai puti vendita Harley Davidson) di un gruppo esteso di persone amalgamate da un senso di appartenenza che trasforma l’acquirente in cliente e quindi in attore partecipe della filosofia ( mission ) di quel brand. Il valore della marca coincide, in alcuni casi, con il valore del consumatore ed è declinato lungo una serie finita e calcolata di prodotti spesso annoverati, guarda caso, sotto l’illuminate appellativo ( e qui forma ed estetica, altre componenti del design, sono cruciali ) di family product. Parafrasando l’oramai troppo citato Fromm: ‘io sono ( anche ) ciò che ho e ciò che consumo ’.
Michele Bornello
Michele Bornello

Consulente e project manager esperto di comunicazione d’impresa.
Convinto che la comunicazione d'impresa e l’identità aziendale siano una ricerca continua di piccole (e coerenti) attenzioni.
Cerca di convincere i dubbiosi a questo 'credo', a suon di progetti e qualche buona idea...

Ha fondato Fioi.tv (www.fioi.tv), un’idea di ‘creatività sociale’ costituito di liberi professionisti (grafici, account, Pr, web masters, architetti ed altri )
Formatore, ha pubblicato 'Passaggi obbligati' Ed.Franco Angeli, rivolto a temi di comunicazione interna ed in particolare al delicato aspetto del passaggio generazionale nelle aziende.

Collabora con testate quali il sole24ore, Designvillage.it, SmemorandaOnline.