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La Febbre

12/04/2005 30877 lettori
4 minuti

Il nuovo film di Alessandro D’Alatri è una commedia piacevole, divertente che offre buoni spunti di riflessione, anche se non è un film perfetto e la narrazione fatica un pò, soprattutto se lo si confronta al più riuscito “Casomai”, precedente film del regista.

Fabio Volo interpreta Mario, geometra trentenne che vive a Cremona, ancora alla ricerca della sua strada. L’iniziativa e la voglia di fare non gli mancano, ma il suo desiderio di aprire un locale insieme ad alcuni amici si rivela estremamente difficile da realizzare. A confondergli ancor più le idee, arriva inaspettata una lettera dal Comune con la notizia del felice esito di un concorso cui ha preso parte, per volere del padre, quattro anni prima. Così Mario si ritrova impiegato comunale con grande soddisfazione del parentado e con altrettanto grande frustrazione personale.

Un film riuscito sotto parecchi aspetti: prima di tutto la vivace rappresentazione, insieme comica e affettuosa, di una generazione ormai anziana legata all’ideale del posto fisso, della sistemazione sicura e definitiva; poi l’esilarante descrizione delle aspettative familiari che pesano sul giovane, soprattutto attraverso il personaggio della madre, tanto affettuosa quanto invadente e incapace di riconoscere al figlio ormai adulto la piena indipendenza di scelte.

Tra i personaggi più riusciti, spiccano in particolare quello del protagonista, ben caratterizzato e molto divertente anche grazie alla buona interpretazione di Fabio Volo (che si fa così perdonare una gamma espressiva non sempre all’altezza, per esempio alcune facce da topo Gigio innamorato sfoderate davanti alla sua bella), e quello molto intenso dell’impiegato comunale prossimo alla pensione.

Al contrario altri personaggi sembrano un po’ superflui, come il fratello militare in missione in Kosovo, o l’amica fidanzata ma perpetuamente innamorata di Mario (flirta ovunque, al supermercato come al funerale del nonno), mentre altri sono un po’ schiacciati nel ruolo, ad esempio l’amico anarchico e artista, certo divertente ma più figura-ruolo che personaggio a tutto tondo.

L’esperienza di D’Alatri come regista pubblicitario (suo il celebre spot con Lopez “Una telefonata ti allunga la vita”) si fa sentire nella prima mezz’ora con risultati migliori: qui alcune trovate hanno lo spirito libero e giocoso della pubblicità per cui assistiamo, per esempio, alla trasformazione di Fabio Volo in uno svolazzante foglietto di carta che scivola estasiato lungo il corpo della ragazza desiderata.

La storia, unitaria e scorrevole nella prima parte del film, si fa meno efficace nella seconda dove si ha a tratti l’impressione che il regista rischi di arenarsi per non aver voluto eliminare alcuni episodi dispersivi e non molto efficaci.

Ma nonostante i suoi difetti, La Febbre è un film generoso, che vale la pena vedere perchè regala molto allo spettatore: dalle gag di Fabio Volo alle splendide citazioni tratte dal poeta Derek Walcott, alla colonna sonora molto curata (che spazia dai Negramaro alle marce funebri).