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BLOG E GIORNALISMO - seconda parte

18/10/2004 30095 lettori
4 minuti

Blog e giornalismo partecipatorio (Bowman e Willis)

Bowman e Willis parlano di “giornalismo partecipatorio”, definito come “l’atto di un cittadino, o un gruppo di cittadini, che detengono un ruolo attivo nel processo di raccogliere, narrare, analizzare e diffondere notizie ed informazioni. L’intento di tale partecipazione è fornire l’informazione indipendente, attendibile, accurata, estesa e rilevante che richiede una democrazia”.

Ora, i due autori giudicano il blog la forma più attiva e sorprendente della partecipazione del pubblico al processo giornalistico, ma spiegano anche che l’idea di una tale partecipazione può essere fatta risalire ai primi anni ’90, quando i giornali sperimentarono il “giornalismo civico”, che ricercava la partecipazione dei lettori attraverso i focus group, i sondaggi e le reazioni alle notizie pubblicate. Così come il giornalismo partecipatorio, il giornalismo civico è basato sul valore del dialogo ma differisce dal primo in quanto permane un’organizzazione centrale che controlla lo scambio delle informazioni; il giornalismo partecipatorio è invece basato su un modello del tipo “prima pubblica, poi filtra”. Un messaggio pubblicato nel suo blog il 27 marzo 2002 da Dan Gillmor, celebre blogger e giornalista specializzato in nuove tecnologie per il San Jose Mercury News, può essere considerato un vero e proprio manifesto del giornalismo partecipatorio:

§         My readers know more than I do.

§         That is not a threat, but rather an opportunity.

§         We can use this together to create something between a seminar and a conversation, educating all of us.

§         Interactivity and communications technology – in the form of e-mail, weblogs, discussion boards, web sites and more – make it happen.

 

I fattori culturali che, a detta di Bowman e Willis, hanno portato all’esplosione dei media partecipatori sono quattro:

1.      il web favorisce l’innata socialità umana, essendo un potente mezzo di comunicazione e di collaborazione;

2.      calato in una società in cui tutto cambia molto velocemente, l’individuo prova un senso di ansietà e confusione ed ha bisogno di conoscere le opinioni degli altri per potere dare un senso al mondo;

3.      molte aziende hanno adottato un approccio basato sul “consumatore-innovatore”, per cui il consumatore è abilitato a progettare da sé il proprio prodotto;

4.      passaggio da un’economia industriale basata sulle economie di scala ad un’economia dell’informazione basata sulle economie di rete.

Ma in che modo si esplica la partecipazione al processo giornalistico? Bowman e Willis indicano ben nove funzioni della partecipazione:

1.      il commento (la funzione principale);

2.      la valutazione delle informazioni più interessanti;

3.      la verifica delle informazioni ricevute;

4.      “grassroot reporting”, ovvero il riportare informazioni su fatti vissuti in prima persona – l’attacco terroristico dell’11 settembre, ad esempio, ha dato impulso ad una partecipazione su larga scala ai blog;

5.      “annotative reporting”, ovvero l’estendere i reportage tradizionali mediante l’ausilio della rete - ad esempio, taluni reporter pubblicano nei loro blog personali i testi completi delle loro interviste;

6.      “open-source reporting” e giudizio della comunità dei pari – alcuni media permettono ai loro lettori di valutare ed esprimere la propria opinione su certi contenuti resi disponibili online prima della loro pubblicazione ufficiale sui media tradizionali;

7.      trasmettere materiali audio e video di propria produzione;

8.      comprare, vendere e fare pubblicità;

9.      gestione della conoscenza – ad esempio, alcune aziende si servono dei blog per diffondere informazioni tra i dipendenti.

Bowman e Willis si domandano quindi quali siano le implicazioni per i media e il giornalismo tradizionale ed indicano alcuni ambiti in cui si possono già iniziare a vedere dei cambiamenti e quelli che saranno i loro probabili impatti:

·        Innanzitutto, la democratizzazione dei media: internet permette a chiunque di pubblicare online dei giornali, azzerando in questo modo i costi di distribuzione (una delle principali barriere all’entrata nel business dell’informazione per le pubblicazioni indipendenti).

·        C’è poi la sfida all’egemonia dei media, poiché un media democratizzato pone una sfida al concetto di stampa istituzionale in quanto esclusiva e credibile intermediaria dell’informazione.

·        Bisogna tener conto anche del fatto che il concetto di credibilità subisce una ridefinizione, dato che in un medium digitale la reputazione presso il lettore si costituisce in base alla coerenza, l’accuratezza e la presenza continuativa.

·        Vi è infine la nascita di nuovi esperti e “watchdogs”, poiché nel mondo online non hanno diritto di esprimersi sempre e solo i soliti noti, ma potenzialmente può farlo chiunque abbia qualcosa da dire.

In questa prospettiva, è comprensibile il fatto che spesso le organizzazioni media tradizionali attuino forme di resistenza, ad esempio imponendo ai loro giornalisti di abbandonare i loro blog personali. I due autori spiegano che questo avverrebbe per due ragioni, ossia per evitare azioni legali (avendo permesso ad un giornalista di lavorare al di fuori dell’orario di lavoro) o anche per evitare di entrare in competizione (dato che il blog potrebbe distoglie l’attenzione del pubblico dagli inserzionisti pubblicitari). D’altra parte, una compagnia che decide di rivolgersi anche ad un pubblico online potrebbe utilmente servirsi dei nuovi strumenti partecipativi, quali appunto il blog, per raggiungere anche pubblici di nicchia, dato che l’organizzazione tradizionale dei grandi broadcast difficilmente permette lo sviluppo di contenuti studiati appositamente per pubblici specifici.

 

Secondo Bowman e Willis, i benefici derivanti dall’accettazione di un modello partecipatorio nelle redazioni sarebbero molteplici:

§         Innanzitutto, verrebbe favorita una crescita della fiducia del pubblico nei media, poiché una conversazione onesta ed una collaborazione appassionata potrebbe instillare un senso di rispetto e di fiducia da entrambe le parti.

§         Un pubblico maggiormente coinvolto nel processo informativo si sentirebbe anche direttamente responsabile del risultato finale, per cui si impegnerebbe perché questo fosse il migliore possibile.

§         Inoltre, il prendere parte al processo informativo sarebbe un’esperienza molto più appagante rispetto al consumo passivo delle notizie e in questo modo verrebbe favorita la fedeltà del pubblico, nonché la suo migliore comprensione delle notizie.

§         Non solo: la natura fortemente interattiva del giornalismo partecipatorio avrebbe anche l’effetto di attirare un pubblico più giovane, la prossima generazione dei consumatori di notizie.

§         La natura collaborativa del processo informativo, ovvero l’unione di più voci, tutte con il loro bagaglio di esperienze eterogenee alle spalle, porterebbe anche alla creazione di contenuti più accurati ed interessanti.

§         La collaborazione col pubblico porterebbe poi le redazioni a disporre di uno esteso staff virtuale di cronisti, commentatori e fotografi, che permetterebbe loro di poter arrivare dove solitamente non riuscirebbero ad arrivare a causa dei costi o dei limiti geografici.

§         Attraverso il giornalismo partecipatorio le testate giornalistiche, o anche i singoli giornalisti, potrebbero creare intorno a sé delle estese comunità di utenti appassionati e fedeli – comunità di interessi sorrette da legami che vanno ben oltre il tradizionale rapporto produttore-consumatore.

§         Infine, adottare il modello partecipatorio porterebbe ad un potenziale incremento del numero di connessioni, dunque ad un incremento dell’importanza dell’organizzazione media all’interno di un economia delle reti

 

Gloria Pericoli
Gloria Pericoli

Per conoscermi visita il mio sito: www.glogloria.net