Lavorare insieme per creare posti di lavoro.
Riportare in equilibrio il mercato del lavoro è possibile. Lo dimostra l’Australia, che in poco più di trenta giorni è riuscita a far rientrare il tasso di disoccupazione di quasi mezzo punto percentuale. Un miracolo? No, semplicemente il risultato di una «chiamata alle armi» cui la popolazione ha risposto con grande entusiasmo. Preoccupato da una carenza di offerta di lavoro in (troppo) rapido aumento - la disoccupazione nazionale è passata, tra giugno ed agosto, dal 5,9 al 6,4 per cento, mentre quella giovanile è rimasta «ferma» al 17, a fine giugno Canberra ha sponsorizzato una campagna pro-occupazione particolarmente innovativa, con la quale ha cercato di coinvolgere l’intero paese in una manovra volta a rilanciare un’economia che, per standard esclusivamente australiani (la crescita è ancora sopra il 3 per cento), inizia ad arrancare. È nato così il Jobs 2014 (jobs2014.com.au) Lavorare insieme per creare 2014 posti di lavoro per i giovani australiani.
Iniziativa volta a creare posti di lavoro da offrire, possibilmente, a cittadini australiani. In appena otto settimane, un lusinghiero risultato parte del quale riservato ai giovani di età compresa tra i diciotto e i venticinque anni. Per massimizzare l’efficacia del progetto, e consapevole di quanto sia radicato in questo paese il senso di appartenenza alle micro realtà locali, Canberra ne ha affidato la gestione a quartieri e comunità, ottenendo risultati a dir poco strabilianti. Un risultato talmente inatteso che ha spinto la popolazione a ipotizzare un errore di calcolo quando gli effetti di Jobs 2014 e dell’indotto da esso generato sono finiti sulle pagine di tutti i giornali. Non sono mancate neppure le polemiche sul fatto che questo risultato record potesse essere stato raggiunto manipolando le statistiche. Eppure è un dato di fatto che la disoccupazione generale sia rientrata nella fascia «controllabile» del 6 per cento.
Intanto, qui in Italia ci si arrovella sul continuo emendare i disegni legge di riforma. Lo Job Act di Renzi che continua a essere emendato, richiama il modello americano, ma manca ancora dell’approccio economico e della visione strategica secondo Martina Orine de linkiesta che distingue pregi e difetti della proposta renziana: «Job Act. Una legge per il lavoro. Una denominazione breve, concisa, moderna, internazionale. La scelta dell’inglese per la nuova legge sul lavoro non è casuale, è un simbolo di semplicità e trasferibilità. Con un evidente rimando alle politiche d’oltreoceano: nel 2011 il presidente americano Barack Obama aveva presentato in un discorso trasmesso a reti unificate il suo American Jobs Act».
«Che l’esempio americano costituisca un modello per lo Job Act italiano non solo a livello nominalistico, ma di visione e approccio, resta ancora incerto. Il contratto stabile-flessibile di cui si discute in queste settimane sembra richiamare il concetto di employment at will americano. Che cosa significa employment at will? La traduzione sovente utilizzata per indicare tale tipologia di rapporto di lavoro è «licenziamento ad nutum». Osservando la traduzione, tuttavia, si nota immediatamente come il focus concettuale della resa italiana sia opposto rispetto all’originale americano, ponendo l’accento non più sul rapporto di lavoro (employment) quanto sulla modalità di licenziamento, ed utilizzando peraltro una locuzione latina, tanto lontana dalla nostra cultura è l’idea di un rapporto di lavoro nel quale le decisioni siano rimesse alla esclusiva responsabilità del datore».
Da formiche una conversazione con il presidente del think tank Adapt Emmanuele Massagli intervistato da Michele Arnese estrapolo una due domande: Ci spiega che cosa prevede l’emendamento allo Jobs Act? L’articolo quattro delega il governo a riordinare le forme contrattuali e l’attività ispettiva. E’ un articolo denso, il più importante dello Jobs Act insieme con quello che traccia le linee della riforma degli ammortizzatori. Nel testo di legge è previsto che siano adottati decreti legislativi per introdurre nel nostro ordinamento il «contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti sull’anzianità di servizio» per le nuove assunzioni (senza adattare a questa disciplina i rapporti già in essere). Come dimostra il dibattito di questi giorni, una novità non di poco conto.
Lo Jobs Act e altre novità interessanti tutte incardinate sul nuovo che avanza e con tipologie contrattuali che sostengano chi ha perso il lavoro e vuole rientrare attraverso una riqualificazione e riconversione professionale concreta. Il lavoro per le donne per gli uomini dentro e fuori dalle imprese resta prioritario. L’azienda è una comunità solidale e sussidiaria che vuole essere libera di produrre e crescere.
Fonte: www.corriere.it/economia Claudia Astarita
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