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L'agenda setting nella galassia dei nuovi media

23/01/2006 20762 lettori
4 minuti

L’agenda setting nella galassia dei nuovi media

La teoria dell’agenda setting nel campo della sociologia della comunicazione non ha mai trovato riscontri empirici evidenti, eppure è entrata a far parte del bagaglio culturale di molti, in particolar modo di una buona fetta dei più assidui frequentatori del web. Riassumiamo innanzi tutto in poche righe l’ipotesi dell’agenda setting così com’è stata nel tempo elaborata dai principali studiosi che vi si sono dedicati (McCombs, McLure, Patterson, Shaw).

  1. 1. Il pubblico è coinvolto in un dibattito rappresentato come una serie di questioni salienti in agenda
  2. 2. L’agenda è il risultato di una mediazione tra le proposte avanzate dalle élite politiche e dall’opinione pubblica
  3. 3. Tutti gli interessi tra loro divergenti tentano di imporre la propria visione e l’importanza del proprio argomento
  4. 4. I media decidono gli argomenti cui prestare attenzione, cui dedicare spazio in base ad una serie di pressioni cui sono sottoposti
  5. 5. Maggiore è l’importanza che i media dedicano alla questione, maggiore è il riconoscimento pubblico che l’argomento presentato riceve.

L’idea che la gente pensi sugli argomenti che le vengono suggeriti dai media non è nuova; già Lazarsfeld nel 1944 aveva sostenuto che i media avessero il potere di "strutturare i problemi". Da allora la sociologia della comunicazione è spesso tornata su questo punto, dai lavori della scuola di Francoforte, sino alla teoria della spirale del silenzio di Noelle-Neumann. Sono piuttosto sempre state le evidenze di laboratorio a mancare. Tutte queste teorie, pur presentandosi in maniera coerente e plausibile, non sono mai state provate in seguito ad analisi accurate e questo, unitamente al fatto che spesso prendono spunto da elementi teorici fortemente ambigui, non ci dovrebbe permettere di farle assurgere a dati di fatto, a realtà acquisite nell’ambito di divulgazioni che esulino dal mondo accademico.

E’ quindi davvero possibile sostenere, come sembra fare Granieri nel prologo del suo libro, che i media siano in grado di spostare l’attenzione del pubblico su pressioni politiche facendo sì che eventuali leggi o fenomeni similari possano essere compiuti in silenzio sfruttando gli effetti della teoria dell’agenda setting?

L’evidenza empirica risultante dalle analisi di comunicazione si è piuttosto attestata su un piano differente; i media sono sì in grado di spostare l’attenzione del pubblico su determinati temi, ma non sembrano in grado di poter dire alle persone cosa pensare. Il processo che conduce a ciò non pare oltretutto così ovvio e gestibile dalla politica o dal potere costituito. Mi sembra inoltre doveroso far notare come si parli di media senza porre distinzioni e quindi come la teoria dell’agenda setting non sia da applicare solamente ai conglomerati mediali tradizionali, quotidiani o televisioni, ma anche ad esempio ai blog oppure alle riviste online. Anch’esse, infatti, procedono alla creazione di una propria agenda soggettiva di tematiche da trattare e questa non è altro che il risultato di routine produttive e distorsioni inconsapevoli.

Procederemo ora ad un breve riepilogo dei risultati empirici ottenuti dalla teoria, in seguito proporremo una lista di criteri in base ai quali è stabilita un’ipotetica agenda setting e dimostreremo com’essi siano in Toto applicabili a tutti i media, quelli considerati liberi inclusi.

  1. • L’inconcludenza empirica dell’agenda setting
  2. Da quando la teoria dell’agenda setting è stata proposta si è sempre cercato di dimostrare un qualche rapporto di causa tra le varie agende di tematiche in competizione. Per giungere a questo sarebbe necessario considerare quattro variabili:

    1. 1. Analizzare il contenuto del programma proposto dal gruppo di pressione (il pubblico, il medium, il potere politico od economico)
    2. 2. Provare un mutamento d’opinione nel pubblico interessato
    3. 3. Mostrare il livello d’attenzione dei media al tema nell’unità di tempo
    4. 4. Analizzare il relativo consumo dei media da parte del pubblico considerato

  3. Buona parte delle analisi effettuate si è rivelata inconcludente, mentre le analisi rimanenti hanno dimostrato una plausibilità teorica dell’agenda setting (Behr, Iyenagr 1985), ma senza mai riuscire a dimostrare l’idea della determinazione di un’agenda delle priorità da parte di un qualche organismo di potere (Kraus e Davis 1976; Becker 1982; Reese 1991).
  4. Bisogna inoltre considerare come la teoria sia ambigua nel presupporre un meccanismo d’influenza dei gruppi d’interesse alle priorità dei media e di qui sino al pubblico. Infatti bisogna considerare anche l’esistenza di modelli alternativi, quando non opposti a questo, come ad esempio il modello che sostiene che siano gli interessi del pubblico a modellare sia le tematiche trattate dai media, sia quelle delle élite politiche.

    L’ipotesi in fin dei conti più plausibile credo sia quella della confluenza delle tre agende, in altre parole che sia il confronto tra i desideri del pubblico, i voleri della politica e le necessità dei media a creare l’agenda che ci viene presentata, ma non è esattamente come affermare che uno dei tre fattori è in gradi di fissarne una particolare.

    • Ipotesi di agenda setting

    Passo ora a proporre un modello di agenda setting costruito attorno ad una realtà a me nota, la rivista online Agliincrocideiventi. Il modello proposto potrebbe ben adattarsi con le dovute piccole modifiche a gran parte dei media in cui la matrice principale resta quella cartacea ovverosia che si basano principalmente sulla scrittura, virtuale o stampata che dir si voglia.

    1. 1. La rivista ha una redazione; di conseguenza ognuno dei redattori ha un proprio modo di vedere il mondo, una propria agenda soggettiva in base alla quale sente la necessità di informarsi e comunicare informazione. Conseguenza di ciò e del fatto che la rivista è un Gatekeeper, un organo di distribuzione di informazione, si giunge ad una distorsione inconsapevole delle notizie pubblicate tramite scelte involontarie conseguenti alla propria condizione (le opinioni personali di cui sopra, la limitatezza di informazione di ciascuno, le convinzioni etiche, l’età, il lavoro svolto, la condizione sociale, ecc…).
    2. 2. Le routine produttive della rivista modificano il modo in cui l’informazione viene selezionata, elaborata, presentata. Possiamo dividere questo processo in tre fasi, la raccolta di materiali informativi e le fonti da cui essi provengono, la selezione delle notizie tramite i valori notizia che mostreremo

    1. sotto e la presentazione delle notizie. In ogni fase è presente il fenomeno della distorsione inconsapevole. Abbiamo quindi l’azione contemporanea di tre differenti tipi di criteri:
    2. Criteri di negoziabilità sostantivi

    3. - Grado e livello gerarchico dei soggetti coinvolti
    4. - Impatto sulla nazione e sull’interesse nazionale (o di gruppo)
    5. - Quantità di persone che l’evento coinvolge
    6. - Rilevanza e significatività dell’evento riguardo ad eventuali sviluppi
    7. - Capacità di intrattenimento
    8. Criteri relativi al prodotto
    9. - Brevità
    10. - Novità
    11. - Giungere prima degli altri media
    12. - Qualità della notizia
    13. - Bilanciamento dell’informazione
    14. Criteri relativi al mezzo
    15. - Buon materiale rispetto al mezzo utilizzato
    16. - Eventi o notizie con una storia narrativa completa
    17. - Frequenza dell’evento
    18. Dopo una breve riflessione credo che anche una rivista come questa potrebbe tranquillamente ritrovare qui all’interno il proprio metodo di azione. Si noti come non risultano pressioni di tipo economico o politico diretto di una qualche rilevanza per via del metodo di azione, del proprio sviluppo e del mezzo utilizzato da questa particolare rivista.

  1. • Prime conclusioni:

Nessun medium può fare a meno di stabilire priorità mediando tra le esigenze del proprio pubblico, quelle di eventuali pressioni politiche e le proprie volontà. E’ proprio la natura del mezzo, destinato a qualcuno e gestito da persone che vivono nel mondo reale, ad impedirlo. Ovviamente le pressioni contrapposte sono molto più forti nei conglomerati mediali di grandi dimensioni rispetto alla piccola rivista o al blog. Così come i lettori ed i giornalisti de La Repubblica hanno impedito quest’estate l’ingresso di Silvio Berlusconi nel fondo creato dal principale azionista del Gruppo L’Espresso, pur andando contro motivazioni di carattere politico ed economico, nello stesso modo ogni medium vive cercando di soddisfare queste tre differenti esigenze. Il mondo di internet non fa eccezione, semplicemente ciò non si nota perché le dimensioni dei fenomeni sono rapportate alla frantumazione dei gatekeeper presenti sul web. Il vero passo in avanti quindi potrebbe non essere la presunta novità del mezzo e del blog, che ne sarebbe espressione matura, quanto la quantità. La quantità di media presenti sulla rete, infatti, non è neppure paragonabile a quella cui ci hanno abituato i media tradizionali e il dato statistico potrebbe in qualche modo aiutarci a correggere gli errori inevitabili che i media hanno nel loro codice genetico, pur non potendo per loro costituzione esserne o

divenirne immuni. La grande novità della rete, dell’espansione del potere di informazione, risiede infatti nella possibilità di giungere ad un pluralismo quasi utopico, che da solo basterebbe alla corretta informazione. Avere insomma un milione di blog, di televisioni o di quotidiani non sarebbe differente, ma se nel caso dei secondi due non è materialmente possibile, nel primo caso è già cosa realizzata e superata.

Così ogni blogger che agisce secondo la propria agenda setting, modifica quella degli altri allo stesso tempo. Scrive, interviene e pubblica seguendo gli stessi schemi di un mezzo di comunicazione tradizionale dando più o meno importanza ai fatti o non citandoli neppure in base ad una lista di priorità che gli deriva dalla vita quotidiana e non credo sia difficile dimostrare che il fenomeno dell’agenda setting agisce nel medesimo modo sul mondo delle comunità online.

Prendiamo come esempio la discussione sulla riforma di Bankitalia. L’impressione che si subito avuta è che il potere politico avrebbe preferito passasse in secondo piano il prima possibile mentre continua ad essere all’ordine del giorno per l’insistenza con cui i media hanno deciso di proporla. Questo è avvenuto perché le caratteristiche della notizia ne fanno un evento a notiziabilità elevata, avendo non alcune, ma tutte le caratteristiche descritte sopra. In questo caso è l’agenda del medium che ha modificato in maniera significativa prima l’agenda tematica del pubblico, poi quella del potere politico, forzandolo alla sfiducia (o quasi, mentre scrivo) nei confronti di Fazio. Nonostante ciò il sistema mediale non è riuscito a presentare la notizia come avrebbe probabilmente voluto in termini di narratività, tempistica e sensazionalismo ed ha dovuto accettare e modificare le proprie presentazioni per soddisfare il pubblico e non irritare troppo l’establishment politico. Si è così raggiunta la mediazione di cui parlavamo sopra come ipotesi forse più accreditata per la gestione delle informazioni nel mondo di oggi.

Sono convinto che un’analisi qualitativa della notizia per come è apparsa sui blog negli ultimi mesi rispetto al periodo precedente potrebbe dimostrare la stessa tendenza e questo sarebbe un ulteriore sintomo dell’unità inscindibile del sistema mediale che agisce con caratteristiche differenti, ma sempre secondo i medesimi schemi di fondo.

Bibliografia

Giddens, A. (1998) Le conseguenze della modernità, Bologna: Il Mulino

Granieri, G. (2005) Blog generation, Roma-Bari: Laterza

http://www.bookcafe.net/blog

McQuail, D. (2003) Le comunicazioni di massa, Bologna: Il Mulino

Moores, S. (1998) Il consumo dei media, Bologna: Il Mulino

Simmel, G. (1995) La metropoli e la vita dello spirito, Roma: Armando

Thompson, J. (1998) Mezzi di comunicazione e modernità, Bologna: Il Mulino

Simone Morgagni
Simone Morgagni

Diploma di liceo scientifico sperimentale in fisica, matematica e informatica A.A. 2002/2003

Laureato in scienze della comunicazione presso l'università di Bologna(curriculum semiotico).
Ha studiato anche presso l'università di Paris VII.

Studente presso l'école des hautes études en sciences sociales di Paris con menzione "teorie e pratiche del linguaggio e dell'arte"

Si interessa di semiotica generale, di nuovi media e di teoria della pubblicità