Il ruolo della donna nella pubblicità
Tre periodi
Secondo Greg Myers[1] le ricerche e gli studi relativi alla pubblicità, se elaborati dai pubblicitari stessi, sollecitano solitamente il miglioramento costante delle strategie e del copywriting. In questo modo, ogni dieci anni si arriva alla scoperta di criteri che permettono la costruzione di nuovi modi di fare pubblicità. Invece, Myers è convinto che l’importanza del contenuto di una pubblicità vada oltre gli studi e le strategie di marketing. La forma e l’aspetto di un messaggio pubblicitario, insieme ai contenuti in esso esposti, riflettono alcuni importanti aspetti della società in cui compare. Infatti, Myers, nell’analizzare le pubblicità, guarda alla loro forma come espressione di una costruzione sociale. In altre parole, l’autore afferma l’esistenza di una forte relazione tra la società che cambia ed i contenuti dei messaggi pubblicitari, ponendo in essere un’analisi diversa da quella di un pubblicitario, non focalizzata più sulle strategie di mercato, ma sulla natura e sulla struttura dei testi pubblicitari. Seguendo lo schema di Myers nell’analisi delle pubblicità, farò riferimento a tre periodi storici, focalizzando l’attenzione su:
- il 1890 e gli anni antecedenti la prima guerra mondiale;
- il 1920 e il periodo tra le due guerre;
- il 1960 fino ad oggi.
Dopo aver determinato la divisione storica della ricerca in tre periodi principali di riferimento, lo scrittore giunge a indicare le fonti della sua analisi. Myers sceglie come categorie di prodotto da osservare i saponi e i detersivi, affermando che il materiale pubblicitario relativo è molto vasto, dato che sono prodotti pubblicizzati già dal 1890. In particolare, questi sono saponi e detersivi prodotti dalla Procter & Gamble, una delle più grandi aziende americane, e dalla Unilever, grande azienda inglese. Per la mia indagine, è invece importante il ruolo di questi prodotti in riferimento alla figura della donna, che come ho specificato nell’introduzione al capitolo, è sia consumatrice di saponi e detersivi, sia soggetto dei loro messaggi pubblicitari.
1.1.1 Dal 1890 al 1920
Riporto di seguito il testo del primo messaggio pubblicitario del sapone Ivory, risalente all’anno 1882, prodotto dalla Procter & Gamble. Preciso che questa ditta vendeva già i suoi prodotti sul mercato da una ventina d’anni, ma questa pubblicità rappresenta la sua prima performance su vasta scala. Il testo originale in lingua inglese è il seguente:
THE ‘IVORY’ is a Laundry Soap, with all the fine qualities of a choice
toilet soap, and is 99 44/100 per cent. pure.
Ladies will find this Soap especially adapted for washing laces, infants’ clothing, silk hose, cleaning gloves and all articles of fine texture and delicate colour, and for the varied uses about the house that daily arise, requiring the use of soap that is above theordinary in quality.
For the Bath, Toilet, or Nursery it is preferred to most of the Soaps sold for toilet use, being purer and much more pleasant and effective and possessing all the desirable properties of the finest unadulterated White Castile Soap. The Ivory Soap will ‘float’.
The cakes are so shaped that they may be used entire for general purpose or divided with a stout thread (as illustrated) into two perfectly formed cakes, of convenient size for toilet use.
The price, compared to the quality and the size of the cakes, makes it the cheapest Soap for everybody for every want.
TRY IT.
SOLD EVERYWHERE.” (Myers, 1994: p.19)
Greg Myers commenta così il testo di questa pubblicità:
“The main claim for the product is that it can perform two functions, washing clothes and washing skin, that previously required two separated products; it is a familiar form of claim used for other products today (shampoo/conditioner, detergent/fabric softener, sports car/family car). A further appeal is that it can replace an expensive imported soap. The copy uses vague comparatives such as ‘more pleasant and effective’ […] This quality - due to air spun in – was associated with the claimed purity. It is what Rosser Reeves would call in the 1950s a ‘Unique Selling Preposition’ – the single attribute that would differentiate this brand from the others in the mind of the consumers. All the claims, then, are linked to properties of the product, and its price and availability. But ads were already trying to sell through favourable associations, rather than just through claims about the product.” (Idem: p.19-20)
Il sapone in questione viene presentato come un prodotto dalla duplice funzionalità: lavare i vestiti e detergere le mani. Le argomentazioni relative a questo doppio uso sono descritte dettagliatamente nel testo di questo messaggio pubblicitario, che si rivolge direttamente alle donne. E’ messo in risalto anche il fatto che il rapporto qualità/prezzo è ottimo. Ma lo specifico beneficio offerto dal prodotto, quello che Rosser Reeves[2] ha definito USP, Unique Selling Preposition, è la purezza. Possiamo definire l’Unique Selling Preposition come un’argomentazione esclusiva di vendita, che deve essere unica e non deve essere utilizzata dai propri concorrenti sul mercato.
Myers indica anche che nel contenuto di questa pubblicità c’è la presenza di strategie linguistiche ben precise:
“Linguistic strategies for cutting through the clutter that we have seen in the Ivory ad include:
- choosing a product name with favourable associations
- using repeated claims leading to elaborate parallelism
- using vague comparatives
- drawing on scientific and technical discourse.
All this means a sort of linguistic diversity that is reflected in the typography of the period.” (Idem: p.22)
Le principali strategie linguistiche presenti nel messaggio del sapone Ivory, prodotto dalla Procter & Gamble, includono: la scelta di un nome che allude alla purezza; le ripetizioni ed i parallelismi; i discorsi tecnici e scientifici. Sono assenti i giochi di parole, che invece sono rintracciabili nelle pubblicità dei periodi successivi. Myers fa anche alcune importanti considerazioni sul periodo storico e sul contesto socioeconomico nei quali compare questo messaggio pubblicitario:
“ We could start our history of advertising much further back than the ad for Ivory soap. But the late nineteenth century marks a crucial stage in the development of some commodities and markets, a period when many current brand names began. That’s because of a simple fact: the nineteenth century was the first period in this history when it became possible to make far more of common things than anyone needed. […] The depression of the 1870s and ’80s had destroyed smaller producers, and huge centralised corporations were emerging, like Procter & Gamble and the predecessors of Unilever.” (Myers, 1994: p.20)
In realtà, alcune forme arcaiche di pubblicità sono presenti nella nostra civiltà da molto prima del 1890: le insegne dei negozi dipinte sui muri e i primissimi manifesti elettorali risalgono all’Antica Roma, a 200 anni fa. Gli antichi romani usavano anche veri e propri marchi per i loro prodotti, ad esempio i vasai e i fabbricanti che imprimevano nell’argilla il loro nome o le iniziali. Nel 1450 Johann Gutenberg inventa la stampa a caratteri mobili, e nella metà del 1600 inizia la pubblicità su stampa, nel modo in cui la intendiamo oggi[3]. Nonostante tutto, il 19° secolo rappresenta il punto di svolta nello sviluppo di determinati mercati a di alcuni nuovi bisogni. Prima di allora non esistevano le marche e, la qualità di prodotti come il sapone, non era messa in discussione. Con l’industrializzazione ed il sistema di fabbrica, la produzione aumenta a tal punto che sono necessari più mercati di sbocco e, di conseguenza, più consumatori. Bisognava allora creare nelle persone dei nuovi bisogni, in modo che esse sentissero la necessità di acquistare e consumare un numero maggiore di beni. I produttori mettono i loro prodotti sul mercato e li distinguono, anche tramite il packaging, da quelli degli altri per farli riconoscere facilmente dagli acquirenti. La depressione economica che si era prodotta tra gli anni ’70 ed ’80 dell’Ottocento distrusse le piccole aziende produttrici, dando l’opportunità alle nuove grandi industrie, come la Procter & Gamble e la Unilever, di emergere e rimanere sul mercato come protagoniste indiscusse. Un altro cambiamento che si registra in questo periodo rispetto alle epoche passate, è l’uso maggiore di giornali e riviste come veicoli della pubblicità, al posto delle affissioni pubbliche, che registravano un calo di efficacia a causa del sovraffollamento di messaggi che veicolavano. Le principali innovazioni di questo periodo sono la meccanizzazione dei processi produttivi ed il marketing, inteso per adesso solo come massiccio investimento pubblicitario e non ancora come effettivo studio del mercato[4].
Sono dunque anni cruciali per lo sviluppo della pubblicità come disciplina: si creano nuovi bisogni, nuovi ruoli e nuovi prodotti che fonderanno le basi del marketing e della ricerca pubblicitaria. Non è infatti solo la situazione storica a dettare un cambiamento negli usi e costumi della popolazione, ma intervengono attori, per lo più di stampo economico, che sapranno cogliere i tempi e scegliere i modi adeguati per poter introdurre in tutti gli strati della società una nuova filosofia del consumo.
1.1.2 Dal 1920 al 1960
Per tracciare un percorso più completo ed esplicativo di questo periodo storico, che va dal 1920 al 1960, mostrerò non uno,ma due esempi di pubblicità dell’epoca, il primo risalente alla fine degli anni ’20 e l’altro alla fine degli anni ’40. Questa scelta discende dal fatto che si tratta di un momento cruciale nella storia dell’umanità, sia dal punto di vista sociale che economico. Mi riferisco alle Grandi Guerre, una già combattuta e l’altra imminente, ma anche al sovvertimento dei ruoli delle potenze mondiali e alle conseguenze che ne sono derivate. In questo clima di mutamento, un messaggio pubblicitario non può che adattarsi alle esigenze del mercato e della popolazione che non rispecchiano più le peculiarità degli anni precedenti. Riporto il testo in lingua inglese di un messaggio pubblicitario del Persil del 1927:
The afternoon concert – And the washing done.Si evince che, come teorizzavo nell’introduzione al capitolo, la destinataria di questi messaggi pubblicitari è principalmente la donna, in particolar modo colei che di professione fa la casalinga, e che per questo ha più tempo per guardare e sentire queste pubblicità e dirigere i propri acquisti quotidiani in base alla loro credibilità e forza persuasiva[5]. E’ altresì corretto affermare che, un qualsiasi soggetto esposto ad un messaggio pubblicitario, si sentirà più coinvolto da esso quanto più rispecchierà la propria visione del mondo. Nel 1948 la pubblicità del Persil si presentava come una semplice illustrazione riportata in un poster, che viene utilizzata tutt’oggi. Il testo in inglese recita:
Guess whose mother hasn’t jumped to this year’s news about Persil? E sotto c’è lo slogan:Persil washes 7 shades whiter.
Myers ha notato, all’interno di questo slogan, la ripetizione del suono /w/, scrivendo:
“The pun on jumped suggests a playfulness not found in the earlier ads. The slogan repeats /w/ sounds. But the main effect is the visual comparison, and the implied criticism that the grey frock is seen as an accusation of the mother. Each Persil ad focuses on something other than the soap powder: pleasures of leisure time and fear of social comparisons”.(Myers,1994: p.23)
Eventi storici di portata mondiale si sono riflessi in abitudini sociali ed in paure personali, modificando radicalmente e definitivamente scale di valori e processi produttivi. In questo clima di cambiamento, si cercano soluzioni che non facciano precipitare quello che era ormai un mercato consolidato. Una di queste fa comparire per la prima volta sulla scena americana le agenzie pubblicitarie[6], che da adesso in poi avranno un ruolo fondamentale nella sfera della pubblicità:
“And advertising agencies became big businesses, with the sort of organization they have today: market researchers and account executives separated from copywriters and artists, and many firms competing for hugely lucrative accounts”. (Myers,1994: p.23)
Per concludere il discorso pubblicitario che riguarda questo periodo storico, posso sostenere che lo scopo principale di queste pubblicità non era tanto quello di proporre la vendita di un prodotto associandolo all’idea del consumo, quanto di dare al pubblico l’impressione che possedendolo si potesse avere una vita migliore e non vivere quel senso di insoddisfazione che tutti più o meno iniziano a percepire a partire dal periodo del consumismo di massa.
“ All these innovations draw on the simple idea that if one is selling soap, one’s markets are limited, because the world can only use so much soap. But if one is selling a better life, there will be endless markets, because people can always be dissatisfied. The appeal was not
BUY OUR SOAP But ratherBUY a better life by buying OUR SOAP.” (Idem: p.24)
Se, come dice Myers, i mercati sono limitati, si arriverà al punto che nessuno comprerà più sapone. Ma, se un produttore associa il sapone che colloca sul mercato all’idea di una vita migliore derivata dal suo uso, allora i mercati diventano illimitati, perché tutti desiderano una vita migliore. E’ la strategia che attuano le agenzie pubblicitarie di questo periodo, che sono organizzate in maniera simile a quelle che conosciamo oggi: ricerca di mercato e direzione strategica separate dal reparto dei creativi e dei copywriters. Con le prime trasmissioni radiofoniche pubbliche negli Stati Uniti, dagli anni ’20, la radio diventa mano a mano il mezzo principale attraverso cui inviare messaggi pubblicitari. Sarà scalzata solo più tardi, tra gli anni ’40 e ’50, da quello che è considerato il medium per eccellenza: la televisione[7].
1.1.3 Dal 1960 ad oggi
Non è possibile ridurre ad un paio di pubblicità esemplificative un periodo storico così ampio, ma citerò solo quelle che a mio parere sono più attinenti al discorso che ho affrontato in questa tesi. Dal punto di vista economico, in questi anni ci troviamo di fronte ad una saturazione di pubblicità e di beni di consumo, tanto che i messaggi pubblicitari, adattandosi alle esigenze sociali ed economiche, si riempiono di frasi ironiche, parodie e di giochi di parole, con lo scopo di colpire l’audience più che di informarlo. Molto spesso, inoltre, assistiamo a remake di messaggi promozionali del passato, e non certo per mancanza di fantasia dei creativi o dell’art director. Il fatto è che il prodotto è stato già presentato e saggiato in precedenza, ora a convincere un consumatore circa un acquisto non è più l’oggetto in sé, quanto l’immagine che quell’oggetto dà di sé. Il primo esempio che presento riguarda una delle pubblicità del Persil che circola oggi. La cosa che risulta subito evidente è che si tratta di una variazione più elaborata di un poster pubblicitario in bianco e nero, sempre della stessa marca di detersivo, proposto negli anni ’40, e il testo in inglese dice:
Restore your clothes to their former glory.
E’ una chiara scelta strategica quella di restaurare e riutilizzare una vecchia campagna pubblicitaria, che compare anche in altri casi, sempre per la stessa marca di prodotto, come in quello che descrive Myers:
“Another current Persil ad that assume knowledge of earlier ads shows two rows of kids in the blue cardigans used in school uniforms. One cardigan, though, is light blue, while the others are all darker shade. The text says:
Guess whose mum isn’t using Persil Colour?
It is the same pitch as in the ad with the two skipping girls, but with the claim now for colours rather than whiteness. Mum is still suppose to feel guilty.” (Myers,1994: p.25)
Ecco descritto un messaggio rivolto direttamente alle donne, o meglio alle madri, anche se in questo caso non sono le dirette protagoniste della pubblicità. Come si affermava nell’introduzione al capitolo, i prodotti per la pulizia della persona e della casa, se non propriamente personalizzati, hanno la reputazione di essere usati più dalle donne che dagli uomini, ed è per questo motivo che una pubblicità che promuove un bene di questo tipo deve rivolgersi più alla componente femminile del pubblico, in un modo o nell’altro. Per capire quest’inversione di tendenza nelle scelte delle agenzie pubblicitarie, con un ricorso all’ironia e al colpo di scena, introduco qui di seguito due slogan degli anni ’60 ideati da Doyle Dane Bernbach, il primo per l’Avis ed il secondo per la Volkswagen:
-We’re only Number 2.we Try Harder.
-Lemon.
Questi slogan pubblicitari partono dall’assunto che il consumatore è un individuo dotato di un intelletto, che lo porta ad essere disincantato e ad affrontare ogni situazione con un atteggiamento critico. Può e non può credere a quello che gli si dice, perciò non si può offendere la sua intelligenza, ma bisogna colpirlo favorevolmente nella sfera dei sentimenti, e magari farlo ridere o stupire di fronte ad una frase accattivante e simpatica. Con la comparsa dei nuovi media e con la sempre più grande importanza assunta dai servizi, sono mutati bisogni e metodi di comunicazione.
1.2 Tre strategie a confronto
Riporto ciò che Greg Myers ha riassunto riguardo alle peculiarità strategiche e linguistiche dei messaggi pubblicitari di ognuno dei tre periodi storici che sono stati trattati:
“In the period beginning in the 1890s, ads made brands, and had to get attention in crowded media. They did this with rhymes, repetition, parallelism, scientific and literary language. In the period beginning in the 1920s, in a saturated market, ads associated social meanings with brands. They did this with conversational and narrative formats, associative language, and metaphorical substitution of one thing for another.
In the most recent period, beginning in the 1960s, ads addressed a jaded consumer saturated with ads. They did this with ironies, parodies, ads on ads, puns, and juxtaposition of competing discourses, in the text and the images”.(Myers, 1994: p.27-28)
Confrontando i tre periodi storici di riferimento, si può concludere questo capitolo affermando che le esigenze pubblicitarie si manifestano in modo diverso, e si concretizzano attraverso forme linguistiche differenti, volte a produrre un effetto persuasivo efficace in ogni situazione sociale ed economica che era presente col passare degli anni. Nel 1890 si doveva affrontare il problema di far conoscere le nascenti marche di prodotto e gli stessi beni di consumo, che ancora non entravano a far parte dell’uso quotidiano di tutti. Per realizzare questa che potremmo definire “educazione al consumo”, nelle pubblicità, a livello linguistico, veniva preferito un linguaggio scientifico e letterario, che si serviva all’occorrenza di rime, ripetizioni e parallelismi, allo scopo di far ricordare facilmente alle persone un determinato marchio o prodotto solo pronunciandone il nome. Col passare degli anni, nel 1920, il mercato dei beni di consumo andava man mano saturandosi. Certamente, questa situazione di massima concentrazione, non raggiungeva i livelli che conosciamo oggi, anche perché, a fronte della saturazione del marcato, non si registrava ancora una saturazione dei messaggi pubblicitari. Ad ogni modo, le strategie pubblicitarie adottavano alcune misure che si concretizzavano nell’associazione delle marche e dei prodotti con significati e tratti sociali desiderabili. A livello linguistico, questo è il periodo nel quale i messaggi pubblicitari si riempiono di metafore, di narrazioni e di frasi di uso quotidiano. Queste strategie sono state attuate allo scopo di far sentire i prodotti più vicini all’uso abituale degli acquirenti, per perpetuarne il consumo. Nel periodo più recente tra quelli trattati, che va dal 1960 ad oggi, la pubblicità deve trovare la formula più adatta per rivolgersi ad un pubblico ormai saturo di messaggi pubblicitari. E’ inutile allora elencare le virtù ed i vantaggi di un prodotto, o argomentare la qualità di una marca: il consumatore sa perfettamente che l’unico fine della pubblicità è di condurlo all’acquisto. Così, anche linguisticamente, c’è bisogno del ricorso all’ironia, ai giochi di parole e a tutte quelle formule che colpiscono l’audience a livello emotivo, stupendolo e divertendolo con intelligenza.
Per osservare la relazione tra detersivi e donne anche ai giorni nostri, è utile assistere alla proiezione del video, che è allegato su CD a questa tesi, di una pubblicità americana per il detersivo Vim. Questa pubblicità gioca sull’ironia e su un paradosso, mostrando la donna che lava la sua casa e, in particolare, il suo bagno, come una prigioniera. Lo slogan dice di non sprecare la propria vita facendo le pulizie di casa, e in effetti, fuori dalla vasca da bagno che sta pulendo (che all’inizio sembra una cella di un carcere), la donna protagonista di questa pubblicità, sente e vede sua figlia che la chiama e la esorta a smettere, come se sua madre dovesse tornare in prigione e non alle faccende domestiche.
[1] I brani citati e le immagini delle pubblicità di cui si parla si trovano in: G.Myers, Words in Ads, Arnold, London, 1994.
[2] (Rosser Reeves (1919-1984), pubblicitario statunitense che contribuì nel 1940 alla creazione dell’agenzia Ted Bates. Madison Avenue è la strada di New York dove sono concentrate le sedi delle maggiori agenzie americane. Per approfondimenti si veda: R.Reeves, I miti di Madison Avenue, Lupetti & Co., Milano, 1985. Il titolo originale è Reality in Advertising.)
[3] Per ulteriori notizie sulla storia dei mezzi di comunicazione si rimanda a: P.Ortoleva, Mass media: dalla radio alla rete, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 1995.
[4] Per una definizione del termine marketing è utile la prima parte del seguente testo: G.Corigliano, Marketing, strategie e tecniche, ETAS, Milano, 1993.
[5] M. Schudson, Advertising, the Uneasy Persuasion, Oxford University Press, New York, 1984.
[6] Per conoscere più nozioni sull’agenzia, sul cliente, sui loro rapporti si rimanda a: G.Cottardo, La pubblicità: sempre meglio che lavorare, Il Sole 24 Ore, Milano, 1992.
[7] Sulla radiotelevisione: M.Barnouw, Il video dell’opulenza, ERI, Torino, 1983.