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Analisi semiotica del manifesto pubblicitario della Cinzano (Leonetto Cappiello,1910)

29/08/2005 55625 lettori
4 minuti

Università degli Studi di Siena
Corso di laurea in scienze della comunicazione
Anno accademico 2004-2005

Nel semi-simbolico i “due piani non prevedono l’esistenza di un unità, ma solo di categorie…”(CALABRESE)

Arte&Pubblicità

L’esistenza di un rapporto molto stretto fra arte e pubblicità è indiscutibile. Sia nel passato che nel presente ci sono stati artisti che hanno lavorato per la pubblicità e con la pubblicità nello loro opere d’arte; oltre a ciò si assiste nel contemporaneo alla presenza di pubblicità, sia sotto forma di spot che su carta stampata, che sono entrate a far parte della sfera artistica al punto che alcune di esse, oltre ai famosi manifesti tra cui quelli di Lautrec e Depero, sono state esposte in musei trai quali il Louvre. Questi casi, assieme al fenomeno di pubblicità che diventano miti, denotano la derivazione di questa disciplina dell’arte nonostante la sua finalità sia quella di far vendere ciò che propone sia esso un prodotto od un servizio; parlare di diretta derivazione è forse poco azzardato ma in questo caso sta a significare il fatto che la maggior parte dei creativi di un tempo sono stati artisti famosi e la pubblicità nelle sue prime espressioni si è servita dei registri propri dell’arte visiva.

Pubblico E Manifesto

Con Manet, si cominciò a considerare il pubblico come spettatore, costruendo le immagini dal punto di vista dello spettatore. Questo era già un grande primo passo nella considerazione dell’osservatore come fruitore finale dell’opera, inoltre l’artista francese già celebre per aver dato avvio a quella che era chiamata “pittura della modernità” per i temi trattati, si misurò con i segni del cambiamento realizzando un rèclame per il libro Les Chats di Champfleury. Si trattava appunto di un’illustrazione di gusto giapponese, com’era in voga all’epoca, in cui captavano l’attenzione dell’occhio tramite il contrasto formato dai due colori e la linea continua e sinuosa che costruiva le due figure; vi è già in questo lavoro uno dei concetti base della pubblicità, vale a dire la cattura dell’attenzione tramite espedienti grafici e cromatici esaltati dalla omogeneità dei caratteri tipografici che lasciano il posto più importante proprio all’illustrazione.

Il manifesto indica nel contesto storico della fase industriale, la rapidità di fruizione delle immagini; la sua veloce consumazione da parte del pubblico impone la necessità di un cambio repentino che alimenta di conseguenza il mercato della pubblicità e la richiesta di maggior lavoro da parte degli artisti che vi operano; in pratica esso stesso è l’emblema della società moderna e della sua velocità nel produrre oggetti grazie alle innovazioni tecniche apportate dall’industrializzazione. Assistiamo così alla presenza sulla scena creativa pubblicitaria, di moltissimi artisti che producono, una serie di messaggi in cui si profilano le basi su cui si svilupperà in futuro il rapporto tra le due discipline.

Il periodo d’oro del manifesto avviene con l’opera di LEONETTO CAPPIELLO, illustratore italiano, consistente nel manifesto per il cioccolato Knaus o per la miscela LEONE, una rottura che viene definita quasi come un “divorzio” fra arte e pubblicità; i manifesti di Cappiello segnano la nascita dell’elemento della riconoscibilità, dove anche se non vi è nessuna attinenza con il prodotto, l’immagine grafica funge da suo indicatore; nasce in questo contesto il concetto di “manifesto-marchio”, fulmineo e memorabile antenato del più tardo logotipo. Comincia allora il periodo in cui le pubblicità non hanno più l’ambizione fortemente estetica delle prime create da famosi artisti; viene privilegiato adesso lo stile “spoglio”, diretto, la semplicità delle forme edi fondi uniti che permettono all’osservatore la massima leggibilità;la priorità data all’efficacia, alla chiarezza e alla comunicazione del prodotto .

'la soluzione grafica deve rendere impossibile la dissociazione dell'idea dalla forma'

(Leonetto Cappiello)

Contrasti…

Esistono due scuole di pensiero intorno alla teoria sulla pubblicità come forma d’arte. La prima dichiara che non sia possibile accomunare arte e advertising, la seconda al contrario, afferma che fra i due sistemi di comunicazione, per certi versi simili, i confini siano molto più fluidi. Io appartengo alla seconda impostazione poiché ritengo che, anche se alla pubblicità siano legate logiche di mercato talmente forti da lasciare un ruolo marginale al suo aspetto creativo, l’impostazione artistica dell’advertising sia il primo canale di contatto con un vasto pubblico.

L’arte nella pubblicità è, insieme al testo, “un abito” per la stessa. Senza, sarebbe spoglia, insignificante e opaca. La storia della pubblicità è piena di artisti che hanno creato cartelloni commerciali; le moderne agenzie di pubblicità presentano nel loro organico un reparto di creativi. Forse anche l’arte del passato, legata a discorsi di committenza e di ideologie era una forma primitiva di pubblicità statica?

Proprio per queste motivazioni, l’analisi semiotica che seguirà non si propone di analizzare il manifesto di Cappiello nella prospettiva di una semiotica della pubblicità (non avrei le conoscenze adeguate e non sarebbe coerente con le richieste del corso in questione (semiotica delle arti e non della pubblicità!)), bensì da un punto di vista semiotico applicato all’arte.

Una storia semplice (vita di Leonetto Cappiello)

Analisi Semiotica