Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

U2 - 'How to dismantle an atomic bomb'

31/12/2004 7033 lettori
5 minuti
Questa recensione sugli U2 la iniziamo con un salto indietro nel tempo: era il 1998, “Pop”, il cd più brutto che i 4 dublinesi abbiano mai realizzato, era uscito da pochi mesi e non aveva riscosso il solito eclatante successo, e anche il “Popmart tour”, pur mastodontico e sfarzoso, non era stato apprezzato da molti. Logico che gli U2, in una simile situazione, abbiano dovuto decidere: continuiamo a sperimentare o andiamo sul sicuro dando ai nostri fan ciò che vogliono? I fatti parlano da soli: la band alla fine ha scelto la seconda opzione. E, a conti fatti, ha scelto bene. Dopo quasi 25 anni, cos’hanno ancora da dire gli U2? Loro che un sound così particolare lo hanno inventato, perché dovrebbero rinnegarlo? La rinascita parte proprio nel ’98, con “Greatest Hits 1980-1990”, che riesuma una vecchia b-side, “The sweetest thing”, direttamente dalle sessions di “The Joshua Tree” del 1987: vale a dire, garanzia di qualità. Un preludio a quello che gli U2 saranno negli anni a venire, cioè una continua citazione di se stessi senza però, va detto, divenirne la caricatura. È il 2000, arriva “All that you can’t leave behind”: è ad esso che dobbiamo rapportarci per parlare del nuovo “How to dismantle an atomic bomb”. Quello era il cd di “Elevation” e “Beautiful day”, questo è il cd di “Vertigo” e “Sometimes you can’t make it on your own” (scritta da Bono per il padre nel 2001). La differenza si testa soprattutto nel suono. Se, infatti, parliamo sempre di brani rock, tipicamente alla U2, è vero anche che la produzione di Steve Lillywhite (già in cabina di regia nei primissimi dischi del gruppo) regala ai nostri un sound più sporco, più grezzo, più rock appunto, che a tratti (è il caso di “Vertigo”) rimanda a lavori come “Boy”. Non è un caso se anche Bono considera questo disco come se fosse il primo. La risalita, dunque, continua. Tuttavia, così come “All that you cant’t leave behind”, tranne che per le ottime canzoni, alla fine si rivelava un bluff, perché (su 11 tracce) moriva dopo la quinta afflosciandosi nel finale, anche “How to dismantle an atomic bomb” subisce lo stesso destino. Fino alla sesta canzone (mettiamoci anche la settima) è folgorante, vibrante, insomma ci restituisce gli U2 di una volta. Ma, negli ultimi 4 pezzi, scende di tono in modo imbarazzante. “Crumbs from your table”, che pure non è male, brilla più per l’impegno sociale che non per la sua funzione nella scaletta del cd. “Original of the species”, poi, ha un sintetizzatore abbastanza brutto (sembra voglia imitare, ma con un risultato infelice, certe cose dei Beatles) che sicuramente non dà spinta al disco, anzi. “One step closer” è, obiettivamente, una bella canzone, ma è un altro lento, e come tale si poteva evitare. “Yahweh”, che chiude la track-list, è sicuramente migliore, come conclusione, di quella “Grace” che mandava tutti a casa alla fine di “All that…”, ma è anche in questo caso un brano secondario: pur discreto, infatti, è difficile pensare che gli U2 non riuscissero a tirare fuori qualcosa di più vivace. Insomma, quasi si rivaluta quello che, escluso il “Best of 1990-2000” di tre anni fa, è il loro precedente cd: con la produzione di Lillywhite al posto di Flood e Brian Eno, infatti, anche pezzi come “When I look at the world” e “Wild Honey” avrebbero potuto recitare un ruolo più di primo piano. E invece no: dobbiamo accontentarci di ciò che abbiamo, e ascoltare la sequenza “Vertigo” (l’episodio migliore, irripetuto nel resto del cd) – “Miracle drug” (che ci fa tornare ai tempi d’oro citando “With or without you”) – “Sometimes you can’t make it on your own” – “Love and peace or else” (interessante) – “City of blinding lights” (esaltante) – “All because of you” (una bella scarica di energia) – “A man and a woman” (buona). Il resto può essere saltato. Lo sapevo che non dovevo fidarmi quando The Edge dichiarava: “Questo è il disco più rock che abbiamo mai fatto”. Ma quando mai? E “War”, “The unforgettable fire” o “The Joshua tree” dove li mettiamo?
Massimo Giuliano
Massimo Giuliano

Ho collaborato con varie testate cartacee, tra cui Il Tempo e Intercity. La musica è il mio interesse principale: ho recensito cd e concerti per vari siti Internet (NotizieNazionali.net, L'isola che non c'era, Musicalnews.com) mentre oggi sono redattore di IlPescara.it, gruppo editoriale Citynews-Today. Mi sono occupato per anni anche di uffici stampa e comunicazione, collaborando inoltre da esterno con agenzie ed emittenti tv per realizzare servizi ad hoc.