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Branding e la sindrome di Pirandello

28/08/2012 12:30:00 23969 lettori
5 minuti

Pirandello l'ho letto molti anni fa, e fra tutti i romanzi, me ne ricordo uno che, per la geniale semplicità del concetto di base, mi ha sempre accompagnato nel mio lavoro di consulente in comunicazione.
Il romanzo in questione e' "Uno, nessuno, centomila", pubblicato negli anni venti e che, come molti romanzi e commedie di Pirandello, raccontava dal lato della psiche umana il normale svolgersi di fatti quotidiani di personaggi che potrebbero definirsi della " porta accanto".
 
In sintesi la morale del romanzo ci spiega come noi siamo unici (UNO), perché e' chiaro che esprimiamo valori e comportamenti prodotti da un unico cervello e corpo.
Purtroppo o per fortuna viviamo immersi in una rete di rapporti e convenzioni sociali che fanno si che questa nostra unicità sia per così dire "interpretata" dalle molte persone con Cai veniamo in contatto. Basta una parola, un vestito, un atteggiamento, perché ciò sia accollato uno status sociale, una fede politica o una appartenenza che non sono nostri.
Ecco che allora la nostra unicità si frantuma in un gioco di specchi in molteplici unicità, ipoteticamente una per ogni persona con cui intratteniamo una relazione (CENTOMILA).
Ma, e qui sta la genialità di Pirandello, se siamo unici e veniamo visti in centomila forme diverse, il rischio e' che noi non siamo più NESSUNO.

Bello semplice e lineare, ma cosa c'entra questo con l'orientamento al brand?

Faccio un passo indietro e ricordo, a me stesso per primo, che la COERENZA e' la keyword che meglio definisce la somma delle azioni che una Azienda deve compiere per costruire e mantenere una propria IDENTITÀ DI MARCA.
Non basta enunciare valori, scriverli in una brand strategy, rappresentarli con un brand design azzeccato ecc. Ci vuole coerenza tra linguaggio e comunicazione, tra comunicazione scritta e verbale, tra comportamenti dei singoli e comportamenti aziendali.

Se questo discorso e' già abbastanza affermato nel mercato BtoC, provate a fare mente locale su quante e quali aziende che operano nel mercato BtoB, pensano alla loro immagine aziendale come fatto estetico e non rappresentativo di una coerenza di linguaggio tra valori enunciati e valori espressi.

Troppo difficile?
E' qui che sta la differenza tra un'azienda PRODUCT ORIENTED, che ha successo quando il mercato tira, quando vince la battaglia quotidiana sul prezzo, quando la valuta nazionale e' svalutata (vedi fautori del ritorno alla Lira),  e una azienda BRAND ORIENTED che si vede proiettata in una competizione internazionale e che e' destinata a costruire nel tempo un successo commerciale che attraverserà mode e crisi perché avrà sempre ben chiara la rotta tracciata e da seguire.

Fabrizio Senici

Fabrizio Senici
Fabrizio Senici

Mi muovo nel mondo della comunicazione da 30 anni, da quando cioè ho messo piede, all'inizio degli anni ottanta, in una delle allora poche agenzie di pubblicità di Brescia.

Ho fatto tantissima strada insieme ai miei clienti e a tutt'oggi non ho ancora smesso di viaggiare.

Le aziende con cui mi confronto quotidianamente hanno problemi simili in mercati diversi, per questo motivo sono convinto di poter portare in ognuna di esse una piccola parte di un'ESPERIENZA che con il tempo si è fatta sempre più grande.

Ho conosciuto molti marketing manager e titolari d'azienda e con ognuno ho provato ad instaurare un rapporto che andasse oltre il business per entrare in una sintonia di linguaggio e di obiettivi, vera forza propulsiva di qualsisi rapporto di collaborazione

Di cosa mi occupo?
di Branding Intelligence.

La cosa che più mi da soddisfazione è quando un'azienda mi chiede di costruire un progetto di brand identity istituzionale o di prodotto. E' come progettare e costruire una casa dentro cui ci si mettono le aspettative del cliente, il successo commerciale di un prodotto...ma anche la mia personale soddisfazione nel vedere concretizzarsi un marchio che prima non esisteva, un pay-off per rendere indelebile il posizionamento aziendale nella testa del target, un layout creativo plasmato sul brief ricevuto...
In altre parole mi diverto e mi entusiasmo ancora nel mio lavoro, trovando nella soddisfazione dei miei clienti le motivazioni che mi spingono a dire ancora oggi che Comunicare è proprio un bel mestiere.