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La rappresentazione della donna nella pubblicità 3

31/01/2004 57628 lettori
4 minuti

4. Analisi dei dati

Dall’analisi empirica emerge che, nonostante l’evidente evoluzione e adeguamento ai tempi dei modelli socio-culturali femminili proposti dalla pubblicità, l’associazione più frequente rimane comunque quella tra donna e sessualità.

 

I modelli ‘l’erotica’ e ‘la sensuale’ sono senza dubbio i più rappresentati dalla pubblicità, senza contare che molti altri modelli nella realtà si presentano “inquinati” da connotazioni erotiche. Due casi: nell’esempio relativo al modello ‘la bad girl’ è sì rappresentata una ragazza che compie monellerie, ma, guarda caso, lo fa in minigonna e tacchi a spillo… Lo svecchiamento del modello ‘la casalinga’, poi, consiste semplicemente nel dotarla di una qualche attrattiva sessuale. Certo, ‘la mangiatrice di uomini’ è una dominatrice, ma come potrebbe irretire l’altro sesso se questo non fosse attirato dalle di lei grazie? In quanto modello particolarmente sviscerato, ‘l’erotica’ può avere moltissime declinazioni, dalla lolita alla prostituta, passando per la ninfomane e per la donna oggetto.

Il modello ‘la sensuale’ rappresenta un’edulcorazione de ‘l’erotica’ e allo stesso tempo ne è l’evoluzione, in quanto il sex-appeal femminile diventa meno volgare e più minimalista, suggerito anziché dichiarato apertamente.

 

Un altro modello frequente è ‘la raffinata’, presente soprattutto nelle riviste che si rivolgono alla fascia d’utenza alta o medio-alta. Come si è già avuto l’occasione di notare, il tema dell’amore saffico è solo evocato, mentre quello del travestitismo è più volte chiamato in causa.

 

Forse l’innovazione più vistosa si è registrata in quei modelli legati al rapporto di coppia: ne ‘la mamma’, che talvolta appare affiancata dal ‘papà’, ma soprattutto ne ‘la partner’, che sostituisce ‘la moglie’. La categoria individuata da Kermol e Beltrame è stata rinominata per mettere in luce che questa figura non è più legata al compagno da un legame “burocratico”, il vincolo matrimoniale, ma bensì da un’affettuosa complicità o da una bruciante passione; il rapporto sembra comunque basato sulla parità tra uomo e donna. Tuttavia, continuano ad essere rappresentate anche coppie in cui è l’uomo incaricato del mantenimento della donna, sia pure nelle forme più simboliche (il regalo costoso); e non si vedono mai, per esempio, coppie in cui la donna è più anziana dell’uomo (al massimo i partner sono coetanei). Gli altri modelli sono relativamente poco rappresentati; in particolare, a ‘la ragazza acqua e sapone’ si tende a preferire ‘la sensuale’ (anche nelle pubblicità d’abbigliamento casual).

Mancano completamente i modelli, individuati da Kermol e Beltrame, ‘la manager’ e ‘l’intellettuale’.

 

 

5. Conclusioni

Da questa nuova analisi emergono le stesse conclusioni a cui è giunta la ricerca di Kermol e Beltrame: evoluzione sì, ma solo di superficie. Sostiene la stessa cosa Pallotta quando scrive che i ruoli proposti dalla pubblicità sono riformabili ma sostanzialmente immutabili, in quanto considerati ‘naturali’: non c’è mai sovvertimento e reale innovazione, ma si asseconda il divenire degli equilibri e squilibri sociali. Questo è quanto che si è potuto constatare anche in questo lavoro: nella pubblicità del giorno d’oggi non si riscontra più l’esibizione esasperata della sessualità femminile o, al contrario, la “virilizzazione” della donna (‘la manager’ e ‘l’intellettuale’) in nome della parità; l’attualizzazione della figura femminile passa attraverso l’attenuazione degli eccessi (per esempio, la donna in carriera non rinuncia più alla sua femminilità e alla famiglia) ma spesso anche attraverso l’arricchimento con un’attitudine erotica (più) o meno sotterranea, spacciata per democratica libertà d’espressione.

 

In un articolo apparso qualche tempo fa nel settimanale Panorama, in cui ci si chiedeva perché la pubblicità condiziona così tanto la nostra vita, la giornalista Daniela Brancati notava che “siamo passati dalla casalinga di Voghera a quella di Manhattan. Una che deve fare, sì, la spesa, ma in più essere in carriera, sportiva, molto social e supersexy.”

 

Ora, l’obiettivo di questa tesina non era discutere sulla legittimità di certe rappresentazioni mediali, soprattutto perché non è possibile sapere in che misura esse siano consapevoli o meno. Si è invece tentato di dimostrare, una volta di più, che quello della “casalinga di Manhattan” è un modello profondamente radicato nella società, modello che la pubblicità, per il fatto di proporlo in continuazione, da un lato rispecchia, dall’altro contribuisce a mantenere in vita.

 

6. Bibliografia

P. Calefato (a cura di), Cartografie dell’immaginario: cinema, corpo, memoria, Luca Sossella editore, Roma 2000.

M. DeFleur – S. J. Ball-Rokeach, Teorie delle comunicazioni di massa, il Mulino, Bologna 1995.

R. Grandi, I mass media tra testo e contesto, Lupetti, Milano 1992.

Enzo Kermol, Cinema moda pubblicità, FrancoAngeli, Milano 2001.

D. McQuail, Le comunicazioni di massa, il Mulino, Bologna 1986.

L. Pignotti – E. Mucci, Marchio e femmina, Vallecchi, Firenze 1978.

A. R. Pratkanis – E. Aronson, Psicologia delle comunicazioni di massa, Il Mulino, Bologna 1996.

P. E. Ricci Bitti - Roberto Caterina (a cura di), Moda, relazioni sociali e comunicazione, Zanichelli, Bologna 1995.

A. Wernick, Promotional culture, SAGE Pubblications 1991.
Gloria Pericoli
Gloria Pericoli

Per conoscermi visita il mio sito: www.glogloria.net