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Il marchio nel processo di innovazione aziendale

07/04/2008 15630 lettori
4 minuti

Analizzando il ruolo economico del marchio ad un livello superficiale, vediamo che le aziende lo usano per segnalare ai consumatori che il prodotto è di una certa qualità. Questo riduce i cosiddetti “costi di ricerca” dei consumatori e permette all’azienda di alzare il prezzo.
Prezzi più alti implicano profitti più alti, fino a quando la pressione della concorrenza non riporta i profitti a livelli normali, anche se l’esistenza dei marchi può incoraggiare le aziende a incrementare gli investimenti nella qualità dei loro prodotti.
In alcuni casi, infatti, l’uso dei marchi può essere critico nel processo innovativo, dal momento che rimuovendo i marchi potrebbe essere rimosso anche l’incentivo all’innovazione. Chiaramente questo rappresenta un caso estremo, che non considera le altre forme di innovazione.
Secondo Paolo Legrenzi, docente di Psicologia cognitiva e autore del manuale ”Creatività e innovazione”, “La creatività s'intreccia con la storia delle civiltà umane. L'innovazione tecnologica è invece il frutto recente delle rivoluzioni industriali. Esistono due principali segnali dell'innovazione: i brevetti e i marchi. I brevetti registrano innovazioni nei processi produttivi o nei prodotti. I marchi categorizzano e fissano l'innovazione immateriale. Se vogliamo personalizzare una promessa di benessere, enfatizzandone la sorgente, allora abbiamo bisogno di un marchio”.[Legrenzi, 2005]
Più spesso l’uso del marchio è quello di un componente della strategia generale di un’azienda, tesa a creare valore dall’innovazione. L'uso di un marchio noto può bilanciare l'incertezza connessa con la limitata conoscenza e/o capacità di comprensione dell'innovazione e, quindi, risultare rassicurante per il cliente potenziale circa la sua adozione. Il rischio che si può correre è la possibilità di compromettere il marchio nel caso di un eventuale insuccesso.
In ogni caso, la visione innovativa del marchio suggerisce un ruolo più importante di questo elemento nel sistema economico.
Una implicazione di questa visione più ampia è che il valore dei marchi possa variare in larga misura da una azienda a un’altra. In particolare, nelle aziende basate su un ristretto gruppo di clienti e fornitori, ad esempio nei settori che forniscono specifici beni di produzione, i costi di ricerca sono molto bassi. Questo implica che il ruolo del marchio, o il suo uso come elemento del processo di innovazione, sarà ristretto. Al contrario, nelle aziende che producono beni di consumo e si rivolgono quindi a un grosso numero di consumatori, il marchio può rappresentare una componente chiave nella strategia innovativa [Greenhalgh – Rogers, 2006].
Per lungo tempo non c’è stata distinzione tra il valore del marchio per l’azienda e il valore del marchio per la società. Tuttavia, il pensiero economico ha presentato la possibilità che la proprietà intellettuale possa essere posta come una barriera all’entrata, la quale può ridurre o annullare la concorrenza delle nuove aziende.
Se questo è possibile, anche se il marchio genera valore per l’azienda, questo può ridurre il benessere collettivo, attraverso gli svantaggi di una minore concorrenza come i prezzi più alti e la minore innovazione. La legge, circoscrivendo il marchio, riconosce che questa sia una possibilità reale, perciò pone restrizioni sul suo utilizzo.